CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 16 aprile 2021, n. 10173
Tributi – IVA – Assenza di operazioni imponibili – Iva assolta sugli acquisti – Detrazione – Legittimità
rilevato che
dall’esposizione in fatto della sentenza impugnata si evince che: l’Agenzia delle Entrate aveva notificato a P.C. s.r.I., poi incorporata nella R.E. S. s.r.I., due avvisi di accertamento con i quali, relativamente agli anni di imposta 2004 e 2005, aveva contestato, in primo luogo, la indebita detrazione dell’Iva assolta sugli acquisti per mancanza di operazioni imponibili nelle annualità accertate, nonché la detrazione dell’Iva assolta sull’acquisto di un immobile non avendo la società svolto alcuna attività; avverso gli avvisi di accertamento la società aveva proposto ricorso che era stato accolto dalla Commissione tributaria provinciale di Bergamo;
avverso la sentenza del giudice di primo grado l’Agenzia delle Entrate aveva proposto appello;
la Commissione tributaria regionale della Lombardia, sezione staccata di Brescia, ha rigettato l’appello, in particolare ha ritenuto, per quanto di interesse, che: nella fattispecie non era in contestazione l’inerenza degli acquisti all’attività della società e la natura di soggetto passivo della medesima, sicchè il diritto alla detrazione non poteva essere disconosciuto, anche nel caso in cui si trattasse di atti preparatori; sotto tale profilo, era irrilevante la circostanza che la società non aveva compiuto attività imponibile successivamente all’acquisto;
l’Agenzia delle entrate ha quindi proposto ricorso per la cassazione della sentenza affidato a un unico motivo di censura, cui ha resistito la società depositando controricorso;
considerato che
con l’unico motivo di ricorso si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3), cod. proc. civ., per violazione e/o falsa applicazione degli artt. 19, 19-bis e 19-bis2, d.P.R. n. 633/1972, per avere erroneamente ritenuto che non comportasse il venire meno del diritto alla detrazione dell’Iva la circostanza che la società non avesse effettuato operazioni attive nel corso dei periodi di imposta accertati;
secondo parte ricorrente, in particolare, alla fattispecie doveva applicarsi la previsione di cui all’art. 19-bis., d.P.R. n. 633/1972, sicchè, posto che l’importo delle operazioni imponibili realizzate dalla parte nelle annualità accertare era stato pari a zero, la relativa percentuale di detrazione era, allo stesso modo, pari a zero, con conseguente obbligo per la società di rettificare la detrazione, ai sensi dell’art. 19-bis2, d.P.R. n. 633/1972;
il motivo è infondato;
con il presente motivo di censura, come evidenziato, l’amministrazione finanziaria non pone in dubbio la sussistenza, in astratto, del diritto alla detrazione dell’Iva conseguente all’acquisto del bene immobile, ma orienta l’attenzione sulla applicabilità, al caso di specie, della previsione di cui all’art. 19-bis, d.P.R., n. 633/1972, in particolare sulla circostanza che la società avrebbe potuto detrarre l’Iva sull’acquisto secondo la percentuale indicata nel suddetto articolo, sicchè, secondo parte ricorrente, posto che l’importo delle operazioni imponibili realizzate dalla parte nella annualità accertata era pari a zero, conseguentemente la percentuale di detrazione era, pur essa, pari a zero, con conseguente diniego del diritto alla detrazione;
in primo luogo, va osservato, che il percorso argomentativo seguito dalla ricorrente, secondo cui la percentuale di detrazione dell’Iva sarebbe pari a zero in quanto l’importo delle operazioni imponibili è, allo stesso modo, pari a zero, è errata sul piano della regola matematica, posto che considerare un valore pari a zero quale denominatore, secondo la regola di cui all’art. 19, bis, d.P.R. n. 633/1972, costituisce una operazione, di per sé, impossibile;
in ogni caso, va osservato che l’art. 19, comma 5, d.P.R. n. 633/1972, nel testo applicabile ratione temporis, stabilisce che “Ai contribuenti che esercitano sia attività che danno luogo ad operazioni che conferiscono il diritto alla detrazione sia attività che danno luogo ad operazioni esenti ai sensi dell’art. 10, il diritto alla detrazione dell’imposta spetta in misura proporzionale alla prima categoria di operazioni e il relativo ammontare è determinato applicando la percentuale di detrazione di cui all’art. 19-bis”, mentre l’art. 19 bis, ai comma 1 e 2, nel testo vigente all’epoca, prevede che “La percentuale di detrazione di cui all’art. 19, comma 5, è determinata in base al rapporto tra l’ammontare delle operazioni che danno diritto a detrazione, effettuate nell’anno, e lo stesso ammontare aumentato delle operazioni esenti effettuate nell’anno medesimo. La percentuale di detrazione è arrotondata all’unità superiore o inferiore a seconda che la parte decimale superi o meno i cinque decimi”; il presupposto, dunque, dell’applicazione della percentuale di riduzione dell’Iva detraibile, nel contesto di cui alla previsione in esame, è dato dal fatto che il contribuente, nello stesso anno di imposta, abbia realizzato operazioni esenti ed è di queste, infatti, che occorre tenere conto nella determinazione della effettiva percentuale di Iva detraibile;
nella fattispecie, parte ricorrente si limita a dedurre, senza alcuna specificazione, che la società aveva realizzato operazioni esenti nell’anno di imposta di riferimento, ma lo stesso motivo di ricorso in alcun modo assolve all’onere di specificità, non riportando il contenuto degli atti impositivi da cui evincere che la società aveva svolto attività esenti negli anni accertati sì da condurre a ritenere legittimo il richiamo alla disciplina del calcolo del pro-rata;
quel che si rileva, dunque, è la non corretta equiparazione, compiuta dall’Agenzia delle entrate, della mancata effettuazione di operazioni attive con l’effettuazione di operazioni esenti, posto che solo in relazione a queste ultime sarebbe potuto discendere la totale indetraibilità dell’imposta assolta sugli acquisti;
né può rilevare la circostanza che il giudice del gravame ha accertato che, con riferimento al primo rilievo, relativo agli acquisti diverso dall’immobile, gli stessi erano esenti, posto che la medesima pronuncia ha, altresì, accertato che avevano natura occasionale; sul punto, questa Corte (Cass. civ., 25 giugno 2020, n. 12689) ha precisato che “Nel calcolo della percentuale di detrazione di cui al comma precedente non si tiene, invece, conto delle operazioni di cui al D.P.R. cit., art. 19-bis, comma 2, tra le quali vi sono le operazioni “accessorie alle operazioni imponibili”, il cui ammontare viene sterilizzato (e non computato) ai fini del calcolo della suddetta percentuale. A questo riguardo si ritiene che costituiscano proventi di un’attività strumentale ed accessoria, tale da non concorrere al calcolo della percentuale di detraibilità IVA pro rata, quelli derivanti da una attività svolta in modo assolutamente occasionale e, quindi, estranea a quella propria di impresa del contribuente, la cui occasionalità va accertata in concreto e non sulla base delle mere previsioni statuarie (Cass., Sez. V. 14 marzo 2013, n. 5970), secondo parametri di regolarità causale rispetto al fine produttivo (Cass., Sez. V, 13 novembre 2013, n. 25475; Cass., Sez. V, 7 maggio 2008, n. 11085; Cass., Sez. V, 28 maggio 2001, n. 7214)”; nessuna contestazione è stata compiuta dalla ricorrente in ordine alla natura occasionale delle operazioni, secondo quanto accertato dal giudice del gravame; con specifico riferimento, invero, alla mancata effettuazione di operazioni attive ai fini del riconoscimento del diritto alla detrazione Iva, va evidenziato che questa Corte ha più volte precisato che, se, da un lato, in ordine agli acquisti di beni ed in generale alle operazioni passive occorre accertare, ai fini della detraibilità dell’imposta, che ricorra l’effettiva inerenza all’esercizio dell’impresa, cioè il loro compimento in stretta connessione con le finalità imprenditoriali, d’altro lato, non è richiesto, tuttavia, “il concreto esercizio dell’impresa, potendo la detrazione dell’imposta spettare anche nel caso di assenza di operazioni attive, con riguardo alle attività meramente preparatorie” poichè “è inerente all’esercizio dell’impresa anche l’acquisto di beni e servizi destinati alla costituzione delle condizioni necessarie perchè l’attività tipica possa cominciare, rientrando nel concetto di strumentalità altresì le attività meramente preparatorie” (Cass. civ., 31 marzo 2011, n. 7344; Cass. civ., 28 gennaio 2015, n. 1578; Cass. civ., 21 settembre 2016, n. 18475; Cass. civ., 3 ottobre 2018, n. 23994);
tale soluzione è coerente con l’orientamento della Corte di Giustizia che, a più riprese, ha esplicitamente affermato che: “chi ha l’intenzione, confermata da elementi obiettivi, di iniziare in modo autonomo un’attività economica ai sensi dell’art. 4, 6 Direttiva ed effettua a tal fine le prime spese di investimento deve essere considerato come soggetto passivo. In quanto agisca come tale, egli ha quindi, conformemente agli artt. 17 e ss. 6a Direttiva, il diritto di detrarre immediatamente l’iva dovuta o pagata sulle spese d’investimento sostenute in vista delle operazioni che intende, effettuare e che danno diritto alla detrazione, senza dover aspettare l’inizio dell’esercizio effettivo della sua impresa” e, inoltre, che: “chi ha l’intenzione, confermata da elementi obiettivi, di iniziare in modo autonomo un’attività economica” ai sensi dell’articolo 9 della direttiva 2006/112 ed effettua a tal fine le prime spese di investimento deve essere considerato come soggetto passivo” (Corte di Giustizia, 28 febbraio 1996, in C110/94, Inzo; Corte di Giustizia, 15 gennaio 1998, in C-37/95, Ghent Coal; Corte di Giustizia, 8 giugno 2000, in C-400/98, Brigitte Breitsohl; recentemente Corte di Giustizia, 2 giugno 2016, in C263/15, Lajver), ferma restando la verifica che il bene o servizio acquistato, anche se non immediatamente inserito nel ciclo produttivo, sia necessario alla organizzazione della impresa ovvero funzionale all’iniziativa economica “programmata” in vista della successiva attuazione (Cass. n. 25986 del 10/12/2014);
la ragione di doglianza di parte ricorrente, dunque, non può trovare accoglimento, posto che il giudice del gravame ha accertato che l’immobile oggetto di acquisto era destinato allo svolgimento dell’attività imprenditoriale e che le operazioni passive da cui sorgeva il credito Iva erano inerenti, con la conseguenza che, in questo contesto, il riferimento all’applicabilità della disciplina del pro rata è del tutto inconferente, difettando il presupposto dell’effettuazione di operazioni esenti nel periodo di imposta accertato;
in conclusione, il motivo è infondato, con conseguente rigetto del ricorso e condanna della ricorrente alle spese di lite.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite che si liquidano in complessive euro 5.000,00, oltre spese forfettarie nella misura del quindici per cento ed accessori.
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