CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 16 febbraio 2021, n. 4058
Contributi previdenziali omessi nei confronti dell’Inail – Cartella esattoriale non tempestivamente opposta – Prescrizione del credito contributivo – Termine quinquennale
Rilevato che
Con sentenza n. 1173 del 2019, la Corte d’appello di Salerno ha rigettato l’impugnazione proposta da T. s.r.l. in liquidazione avverso la sentenza di primo grado di rigetto dell’opposizione ad intimazione di pagamento proposta dalla medesima società nei confronti dell’Inail in relazione a contributi previdenziali omessi;
la Corte territoriale ha osservato che l’intimazione di pagamento aveva fatto seguito ad una cartella esattoriale notificata il 25 marzo 2003 e non tempestivamente opposta per cui, ritenendo infondato il motivo d’appello relativo alla nullità della medesima notifica, eseguita ai sensi dell’art. 26 d.p.r. n. 602 del 1973, ha pure ritenuto infondato il motivo d’appello relativo alla prescrizione del credito contributivo preteso per effetto del decorso del termine successivamente alla notifica predetta, ritenendo applicabile alla fattispecie il disposto dell’art. 2953 c.c. che prevede il termine decennale di prescrizione per l’azione derivante da titolo esecutivo;
avverso tale sentenza ricorre per cassazione T. s.r.l. in liquidazione sulla base di un motivo;
Inail ed Equitalia Sud s.p.a. resistono con controricorso.
Considerato che
Con l’unico motivo si denuncia la violazione dell’art. 3, commi 9 e 10, I. n. 335/1995, degli artt. 2946 e 2953 c.c., in relazione alla circostanza che la sentenza impugnata ha ritenuto non prescritto il credito previdenziale oggetto dell’intimazione nonostante che tale atto fosse stato notificato solo il 21.6.2012 e quindi oltre il quinquennio dal 25 marzo 2003, data di notifica della cartella di pagamento non opposta, che lo aveva preceduto; era stato precisato dalla società che la mancata opposizione non aveva determinato il formarsi del giudicato per cui il termine di prescrizione era rimasto quinquennale ai sensi dell’art. 3, comma 9, I. n. 335/1995;
il motivo è fondato;
la sentenza impugnata non è conforme all’elaborazione giurisprudenziale consolidata (ex plurimis Cass. n. 26013 del 29/12/2015, Cass. n. 10327 del 26/04/2017);
soccorre, infatti, il principio di diritto enunciato da questa Corte a Sezioni Unite (Sez. U. n. 23397 del 17/11/2016), secondo il quale la scadenza del termine – pacificamente perentorio – per proporre opposizione a cartella di pagamento di cui al D. Lgs. n. 46 del 1999, art. 24, comma 5, pur determinando la decadenza dalla possibilità di proporre impugnazione, produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito contributivo senza determinare anche la cd. “conversione” del termine di prescrizione breve (nella specie, quinquennale, secondo la L. n. 335 del 1995, art. 3, commi 9 e 10) in quello ordinario (decennale), ai sensi dell’art. 2953 c.c. Tale ultima disposizione, infatti, si applica soltanto nelle ipotesi in cui intervenga un titolo giudiziale divenuto definitivo, mentre la suddetta cartella, avendo natura di atto amministrativo, è priva dell’attitudine ad acquistare efficacia di giudicato;
in linea con il richiamato principio, con riferimento al preteso effetto novativo derivante dalla formazione del ruolo, questa Corte è intervenuta affermando che in tema di riscossione di crediti previdenziali, il subentro dell’Agenzia delle Entrate quale nuovo concessionario non determina il mutamento della natura del credito, che resta assoggettato per legge ad una disciplina specifica anche quanto al regime prescrizionale, caratterizzato dal principio di ordine pubblico dell’irrinunciabilità della prescrizione; pertanto, in assenza di un titolo giudiziale definitivo che accerti con valore di giudicato l’esistenza del credito, continua a trovare applicazione, anche nei confronti del soggetto titolare del potere di riscossione, la speciale disciplina della prescrizione prevista dalla L. n. 335 del 1995, art. 3, invece che la regola generale sussidiaria di cui all’art. 2946 c.c. (Cass. n. 31352 del 04/12/2018), e ciò in conformità alla natura di atto interno all’amministrazione attribuita al ruolo (Cass. n. 14301 del 19/06/2009);
allo stesso modo non assume rilievo il richiamo al D. Lgs. n. 112 del 1999, art. 20, comma 6, che prevede un termine di prescrizione strettamente inerente al procedimento amministrativo per il rimborso delle quote inesigibili, che in alcun modo può interferire con lo specifico termine di prescrizione previsto dalla legge per azionare il credito nei confronti del debitore (Sez. U. n. 23397 del 17/11/2016, Cass. n. 31352 del 04/12/2018);
invero, il primo atto interruttivo della prescrizione si ravvisa nella notifica della cartella di pagamento del 25 marzo 2003, seguita dalla notifica dell’intimazione di pagamento del 21 maggio 2012, sicché risulta decorsa per tutto il periodo la prescrizione quinquennale;
il ricorso va, quindi, accolto e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, va dichiarato che la pretesa creditoria dell’INAIL risulta estinta per prescrizione, ex art. 384 II comma c.p.c.;
le spese dell’intero processo vanno compensate atteso che la questione è stata risolta con l’intervento delle Sezioni Unite sopra ricordato, successivamente alla proposizione del presente giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, dichiara prescritti i crediti contributivi di cui alla intimazione di pagamento oggetto di opposizione; dichiara compensate le spese dell’intero processo.
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