CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 16 gennaio 2019, n. 951
Tributi – Imposta sulla pubblicità – Supermercato o centro commerciale – Cartelli mobili bifacciali posti fronte-retro su ogni carrello della spesa – Superficie imponibile – Unico messaggio pubblicitario – Condizioni – Fondamento
Ritenuto che
la controversia ha ad oggetto un avviso di accertamento riguardante l’imposta sulla pubblicità del comune di Terni per l’anno 2010; in particolare, trattandosi di cartelli mobili bifacciali posti fronte retro in ogni carrello della spesa presso un supermercato, l’ente impositore ha ritenuto applicabile l’art. 7, comma 5, del d.lgs. n. 507 del 1993, attribuendo autonoma rilevanza ad ogni cartello esposto; la contribuente ha impugnato il provvedimento, ritenendo, viceversa, che dovesse trovare applicazione il comma 5 dell’articolo sopra citato, in quanto si trattava di mezzi pubblicitari “riferibili al medesimo soggetto passivo, collocati in connessione tra loro”;
la C.T.R. di Perugia, riformando la commissione tributaria provinciale, ha accolto il ricorso della contribuente annullando l’avviso di accertamento;
avverso la sentenza ricorre l’ICA, cui resiste la contribuente con controricorso;
entrambe le parti depositano memoria.
Considerato che
1. ICA propone quattro motivi di ricorso; con il primo lamenta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione dell’art. 7, comma 5, del d.lgs. n. 507 del 1993, nonché, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c. dell’art. 115 c.p.c.; si censura, in particolare, la sentenza impugnata laddove ha ritenuto la sussistenza del presupposto per l’applicazione dell’art. 7, comma 5, del d.lgs. sopra citato, anche se i cartelli pubblicizzavano soggetti diversi; ritiene, diversamente l’ente che la riduzione dell’imposta prevista dal richiamato art. 7 comma 5, possa applicarsi solo in caso di “mezzi di identico contenuto” o “riferibili al medesimo soggetto passivo”; la riproduzione fotografica dei carrelli acquisita agli atti non era mai stata contestata dalla contribuente e il giudice, non tenendo conto delle risultanze documentali, aveva errato nel ritenere la sussistenza del presupposto per la riduzione dell’imposta in assenza requisiti richiesti dalla norma sopra enunciati; di conseguenza avrebbe falsamente interpretato e dato applicazione alla norma di cui al comma 5 dell’art. 7 del citato d.Igs.
2. Con il secondo lamenta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione degli art. 7, comma 5, del d.lgs. n. 507 del 1993, nonché ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c. in relazione all’art. 115 c.p.c..; in particolare, analoghe doglianze sono svolte in relazione all’interpretazione fornita nella sentenza impugnata sul concetto di “identico contenuto” utilizzato dall’art. 7 sopra indicato; il giudice non avrebbe tenuto conto delle risultanze documentali, oggetto di discussione tra le parti, da cui emergeva che i messaggi pubblicitari erano diversi l’uno dall’altro e di conseguenza avrebbe falsamente interpretato e dato applicazione alla norma di cui al comma 5 dell’art. 7 del citato d. Igs.
3. Con il terzo lamenta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo del giudizio; in particolare, per non avere esplicitato le ragioni in forza delle quali ha ritenuto che i mezzi esposti avrebbero “identico contenuto agli effetti del calcolo della superficie”.
4. Con il quarto si duole, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., nella sua nuova formulazione, dell’omesso esame circa un fatto decisivo del giudizio, oggetto di discussione tra le parti; in particolare le doglianze sono analoghe a quelle riportate al punto 3. Tale omissione dovrebbe essere equiparata all’omesso esame del fatto che ha formato oggetto di discussione fra le parti.
5. La contribuente nel controricorso eccepisce preliminarmente l’inammissibilità del ricorso, perché tardivo in relazione al termine breve per impugnare; in particolare, deduce che la sentenza della commissione tributaria regionale impugnata è stata notificata dalla contribuente il 27.7.2011 e ritirata l’1.8.2013; l’ICA ha proposto ricorso avverso la predetta sentenza il 31.1.2014, quando ormai era scaduto il termine breve per impugnare che, tenuto conto della sospensione feriale, cadeva il 14.11.2013.
6. La preliminare l’eccezione d’inammissibilità sollevata dalla contribuente è infondata. Dagli atti risulta effettivamente che quest’ultima ha notificato la sentenza impugnata il 27.7.2011, ma tale notifica è inidonea a fare decorrere il termine breve per impugnare. Ritiene, infatti, il collegio, in conformità all’orientamento espresso in più occasioni dalla S.C., che la notifica effettuata alla parte personalmente, anziché al procuratore costituito, non è idonea a fare decorrere il termine breve d’impugnazione, sia nei confronti del notificante, sia nei confronti del destinatario, in virtù del combinato disposto di cui agli artt. 170, comma 1, e 285 c.p.c. (Cass. n. 4374 del 2017, n.19876 del 2016, n. 15389 del 2007, n. 5274 del 2000; nello stesso senso, in ipotesi di notificazione al procuratore, ma in luogo diverso da quello indicato in sede di elezione di domicilio Cass. n. 7257 del 2017). Dalla documentazione agli atti emerge che la contribuente l’1.8.2011 ha notificato la sentenza all’ICA personalmente e non al procuratore costituito. Alla luce di quanto sopra esposto, dunque, correttamente, l’ICA ha provveduto alla notificazione del ricorso per cassazione il 31.1.2014, entro il termine lungo di cui all’art. 327 c.p.c.
7. Con riguardo ai motivi di ricorso, la questione del giudizio è se la pubblicità realizzata attraverso cartelli mobili bifacciali posti fronte retro in ogni carrello della spesa presso supermercati o centri commerciali sia da considerarsi quale diffusione di messaggi collocati in connessione tra loro e se, agli effetti del calcolo della superficie pubblicitaria, i cartelli apposti sui carrelli della spesa debbano o meno intendersi come un unico mezzo pubblicitario.
8. I primi due motivi sono fondati nei termini di seguito esposti e possono essere trattati congiuntamente, in quanto strettamente connessi tra loro, postulando un chiarimento interpretativo della medesima norma.
8.1. L’art. 7 del d.lgs. n.507 del 1993 al comma 5 prevede che: “I festoni di bandierine e simili nonché i mezzi di identico contenuto, ovvero riferibili al medesimo soggetto passivo, collocati in connessione tra loro si considerano, agli effetti del calcolo della superficie imponibile, come un unico mezzo pubblicitario“. Occorre premettere che il collegio aderisce al consolidato orientamento della S.C. , secondo cui: “In tema di imposta sulla pubblicità, l’art. 7, comma 5, del d.lgs. n. 507 del 1993, che riproduce sostanzialmente il contenuto dell’ultimo comma dell’art. 17 del d.P.R. n. 639 del 1972, considera come un unico mezzo pubblicitario, agli effetti del calcolo della superficie imponibile, una pluralità di messaggi che presentino un collegamento strumentale inscindibile fra loro ed abbiano identico contenuto, anche se non siano tutti collocati in un unico spazio o in un’unica sequenza”. (Cass. n. 23567/2009, n. 16315/2013, n. 22322/2014, n. 9492 del 2018). E’ stato preliminarmente chiarito che l’intento del legislatore è quello di: “evitare che l’imposta colpisca singolarmente pluralità di messaggi che ne integrano funzionalmente uno solo”. (Cass. n. 23250 del 2004). Il collegio condivide, dunque, il principio secondo cui il requisito del collegamento funzionale non postula necessariamente la contiguità fisica dei mezzi pubblicitari. Il precedente da ultimo citato chiarisce bene, inoltre, che il citato comma 5 “fa chiaro riferimento ad un collegamento funzionale tra i vari messaggi, che la contiguità fisica può solo testimoniare ma non necessariamente condizionare, occorrendo piuttosto una verifica che deve essere condotta caso per caso, in mancanza di una casistica tipizzata”.
La funzione unitaria richiesta per l’applicazione dell’imposta in forma ridotta, deve essere apprezzata anche, ma non necessariamente, in considerazione della allocazione dei mezzi utilizzati. Nel caso in esame si tratta di cartelli mobili bifacciali posti fronte retro in ogni carrello della spesa presso supermercati o centri commerciali che riguardano, tuttavia, differenti soggetti passivi. Tale ultimo rilievo è del tutto incontestato tra le parti ed, inoltre, la documentazione fotografica prodotta nei gradi di merito è stata allegata al ricorso introduttivo.
Alla luce di quanto ora esposto e dell’interpretazione della norma fornita dalla S.C., del tutto condivisa da questo collegio, si ritiene che il requisito richiesto per la sua applicazione è, in primo luogo, che i mezzi pubblicitari siano di identico contenuto o riferiti ad un medesimo soggetto ed, in secondo luogo, che siano in collegamento funzionale tra loro. Il primo requisito è da escludersi nel caso di specie. I cartelli pubblicitari, infatti, recano messaggi pubblicitari differenti tra loro, pubblicizzando soggetti differenti.
Occorre precisare, tuttavia, che nel caso di specie uno stesso soggetto pubblicizzato risulta, comunque, riprodotto su una pluralità di carrelli. In tale passaggio viene in evidenza il secondo requisito richiesto dalla norma, ovvero il collegamento funzionale. Sotto tale profilo si ritiene che l’apposizione di un messaggio pubblicitario riferito al medesimo soggetto o alla medesima ditta, su differenti carrelli allocati nei pressi di un supermercato o di un centro commerciale integri il requisito del collegamento funzionale, come inteso dalla S.C. e sopra riportato. In particolare, ai fini dell’applicazione del citato art. 7, comma 5, è irrilevante la loro apposizione su differenti carrelli, ove questi siano nei pressi di un medesimo supermercato o centro commerciale e riguardino il medesimo soggetto o la stessa ditta commerciale, in quanto in tal caso possono considerarsi un unico messaggio pubblicitario. Essi assolvono, infatti, ad un’unitaria funzione pubblicitaria di quel determinato soggetto a nulla rilevando che i carrelli siano posti all’interno o all’esterno del supermercato. In tal senso la sentenza impugnata non ha interpretato in modo conforme all’orientamento consolidato della S.C. e sopra riportato.
9. Non può, poi, trovare accoglimento l’eccezione di giudicato esterno sollevata dalla contribuente.
9.1. Ritiene il collegio, infatti, di aderire ai principi espressi dalla S.C., secondo cui: “In materia tributaria, l’effetto vincolante del giudicato esterno, in relazione alle imposte periodiche, è limitato ai soli casi in cui vengano in esame fatti che, per legge, hanno efficacia permanente o pluriennale, producendo effetti per un arco di tempo che comprende più periodi di imposta, o nei quali l’accertamento concerne la qualificazione di un rapporto ad esecuzione prolungata, sicché è esclusa l’efficacia espansiva del giudicato per le fattispecie “tendenzialmente permanenti” in quanto suscettibili di variazione annuale.” (Cass. n. 21824 del 2018, n. 17760 del 2018, n. 1300 del 2018, n. 15690 del 2017, n. 18875 del 2016). In tal senso è stato chiarito, infatti che “L’efficacia preclusiva di nuovi accertamenti, propria del giudicato esterno tra le stesse parti, presuppone che si tratti dei medesimi accertamenti di fatto posti in essere nello stesso quadro normativo di riferimento.” (Cass. n. 20257 del 2015). Nel caso di specie, non vi è dubbio che la natura dei mezzi di pubblicità utilizzati ed il tipo di pubblicità adottata dai soggetti che si avvalgono di essa, destinato quest’ultimo a frequenti variazioni nel tempo, precludono la possibilità di un’efficacia espansiva del giudicato, in quanto impongono un necessario accertamento in concreto della loro attuazione.
10. Il terzo motivo sviluppato sulla violazione dell’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., nella sua vecchia formulazione è inammissibile.
10.1. Nel processo tributario, il giudizio di legittimità è integralmente regolato dalle disposizioni dettate dal c.p.c., atteso il generale richiamo delle stesse da parte dell’art. 62, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992 e la mancanza, in detto decreto, di specifiche previsioni sul relativo procedimento, anche in ordine alle modalità di proposizione del ricorso. In questo senso è pacifica la giurisprudenza di legittimità, secondo cui: “Le disposizioni sul ricorso per cassazione, di cui all’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, circa il vizio denunciabile ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. ed i limiti d’impugnazione della “doppia conforme” ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 348-ter cod. proc. civ., si applicano anche al ricorso avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale, atteso che il giudizio di legittimità in materia tributaria, alla luce dell’art. 62 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, non ha connotazioni di specialità. Ne consegue che l’art. 54, comma 3-bis, del d.l. n. 83 del 2012, quando stabilisce che “le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano al processo tributario di cui al d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546″, si riferisce esclusivamente alle disposizioni sull’appello, limitandosi a preservare la specialità del giudizio tributario di merito.” (Cass. 13126 del 2018, Cass. S.u. n. 8053 del 2014). Ne consegue l’inammissibilità del motivo ora esaminato.
11. L’accoglimento dei primi due motivi del ricorso principale determina l’assorbimento del quarto e la cassazione della sentenza impugnata con rinvio alla Commissione tributaria regionale di Perugia, in diversa composizione, la quale dovrà attenersi al seguente principio di diritto “La pubblicità realizzata attraverso i cartelli mobili bifacciali posti fronte retro, posizionati in ogni carrello della spesa presso supermercati o centri commerciali, ove riguardino il medesimo soggetto o la stessa ditta commerciale ed abbiano identico contenuto, possono considerarsi un unico messaggio pubblicitario, ai sensi dell’art. 7, comma 5, del d.lgs. n. 507 n. 1993, in quanto assolvono ad un’unitaria funzione pubblicitaria”. Il giudice del rinvio provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie i primi due motivi del ricorso principale; inammissibile il terzo ed assorbito il quarto; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale di Perugia, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.
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