CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 16 gennaio 2019, n. 960
Imposte dirette – IRPEF – Accertamento – Reddito imponibile – Incrementi patrimoniali
Rilevato che
L’Agenzia delle Entrate ricorre contro I.F. per la cassazione della sentenza n. 340/18/2011, depositata in data 30.11.2011, con cui la Commissione Tributaria Regionale della Campania aveva accolto l’appello avverso la sentenza n. 296/01/2010 della Commissione tributaria provinciale di Benevento in rigetto del ricorso proposto avverso avviso di accertamento, annualità 2004, con cui era stato rideterminato il reddito imponibile del contribuente a fini IRPEF in relazione ad una serie di incrementi patrimoniali;
l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad unico motivo, denunciando, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’art. 38, 5 comma, del DPR n. 600/1973 in quanto la CTR, nella sentenza impugnata, non avrebbe valutato che <<la parte non …(aveva)… offerto una prova rigorosa circa la derivazione delle disponibilità finanziaria da redditi esenti, soggetti a ritenute alla fonte a titolo d’imposta o ad imposta sostitutiva da atti di liberalità, da disinvestimenti patrimoniali, o quant’altro idoneo a giustificare il proprio tenore di vita in relazione ai suddetti elementi certi di capacità contributiva>> ;
I.F. si è costituito con controricorso, deducendo l’inammissibilità ed infondatezza del ricorso principale
Considerato che
1. le censure proposte dall’Ufficio ricorrente sono fondate;
2.1. il rilievo non attinge l’accertamento di fatto della CTR circa <<le disponibilità bancarie sul conto del coniuge … elemento che giustifica le spese del contribuente>> e che ha dunque ritenuto che <<il saldo bancario di € 136.000,00 sul conto intestato al coniuge possa essere stato utilizzato per gli incrementi patrimoniali del marito>>, anche se i coniugi siano in regime di separazione legale dei beni;
2.2. occorre dunque evidenziare che, in tema di accertamento delle imposte sui redditi e con riferimento alla determinazione sintetica del reddito complessivo netto in base ai coefficienti presuntivi individuati dai decreti ministeriali previsti dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 38 (c.d. redditometri), la prova contraria ammessa dal sesto comma di tale disposizione, richiedendo la dimostrazione documentale non solo della sussistenza di redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, ma anche del possesso di tali redditi da parte del contribuente, implica un riferimento alla complessiva posizione reddituale dell’intero nucleo familiare, per tale intendendosi esclusivamente la famiglia naturale, costituita dai coniugi conviventi e dai figli, soprattutto minori; la presunzione del concorso di tali soggetti alla produzione del reddito, che può fornire giustificazione agli indici rivelatori di maggiore capacità contributiva concretamente adoperati dall’Ufficio ai fini dell’accertamento sintetico, trovando fondamento nel vincolo che lega le predette persone, e non già nel mero fatto della convivenza, esclude infatti la possibilità di desumere da quest’ultima il possesso di redditi prodotti da un parente diverso o da un affine, in quanto tale estraneo al nucleo familiare;
1.7. in applicazione dei suesposti principi al caso in esame, va allora esente da censure il giudizio espresso dalla CTR secondo cui l’Ufficio, nel determinare il reddito presunto del contribuente e nel valutare gli incrementi patrimoniali allo stesso riferibili, aveva errato nel non tener conto delle disponibilità e dei disinvestimenti del coniuge solo perché in n regime di separazione legale dei beni con il contribuente;
1.8. il regime di separazione legale dei beni tra i coniugi non vale ad escludere l’operatività della presunzione legale dianzi illustrata;
1.9. occorre tuttavia evidenziare che in tema di accertamento cd. sintetico, ove il contribuente deduca che la spesa effettuata deriva dalla percezione di ulteriori redditi di cui ha goduto il proprio nucleo familiare, ai sensi dell’art. 38, comma 6, del d.P.R. n. 600 del 1973 (applicabile ratione temporis), è onerato della prova contraria in ordine sia alla disponibilità di detti redditi che all’entità degli stessi ed alla durata del possesso, sicché, sebbene non debba dimostrarne l’utilizzo per sostenere le spese contestate, è tenuto a produrre documenti dai quali emergano elementi sintomatici del fatto che ciò sia accaduto o sia potuto accadere;
1.10 in tal senso va letto lo specifico riferimento alla prova (risultante da idonea documentazione) della entità ditali eventuali ulteriori redditi e della <<durata>> del relativo possesso, previsione che ha l’indubbia finalità di ancorare a fatti oggettivi (di tipo quantitativo e temporale) la disponibilità di detti redditi per consentire la riferibilità della maggiore capacità contributiva accertata con metodo sintetico in capo al contribuente proprio a tali ulteriori redditi, escludendo quindi che i suddetti siano stati utilizzati per finalità non considerate ai fini dell’accertamento sintetico, quali, ad esempio, un ulteriore investimento finanziario, perché in tal caso essi non sarebbero ovviamente utili a giustificare le spese e/o il tenore di vita accertato, i quali dovrebbero pertanto ascriversi a redditi non dichiarati; né la prova documentale richiesta dalla norma in esame risulta particolarmente onerosa, potendo essere fornita, ad esempio, con l’esibizione degli estratti dei conti correnti bancari facenti capo al contribuente, idonei a dimostrare la <<durata>> del possesso dei redditi in esame, quindi non il loro semplice <<transito>> nella disponibilità del contribuente;
1.11. nel caso in esame la C.T.R. ha ritenuto dunque sufficiente la sola prova del godimento da parte del contribuente di redditi conseguiti dalla di lui consorte, sebbene tale sola circostanza risulti generica e distante dal più pregnante obiettivo dimostrativo richiesto dalla norma, non avendo la CTR dato conto di aver preso in considerazione la documentazione che dimostrava non già la mera disponibilità delle somme ma, per l’appunto, il loro impiego nei periodi di riferimento;
2. in conclusione, in accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata va cassata, con rinvio alla CTR della Campania, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria della Campania, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.