CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 16 giugno 2022, n. 19501
Impiego di lavoratori non risultanti dai registri obbligatori – Sanzione amministrativa – Accesso ispettivo – Valutazione del materiale probatorio
Rilevato che
1. La Corte d’appello di Genova, in accoglimento dell’appello del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e in riforma della pronuncia di primo grado, ha respinto l’opposizione proposta da D.A. e dalla società E. s.r.l. (quale obbligata solidale) avverso l’ordinanza ingiunzione (n. 433/2009) relativa alla sanzione amministrativa irrogata per l’impiego di lavoratori non risultanti dai registri obbligatori, ai sensi dell’art. 3, d.l. n. 12/002, conv. in l. 73/2002.
2. La Corte territoriale ha esaminato gli elementi di prova raccolti, ha giudicato attendibili le dichiarazioni effettuate dai lavoratori in sede ispettiva, perché temporalmente prossime ai fatti di causa, e non credibili le diverse versioni dai medesimi rese in sede testimoniale, a distanza di diversi anni. Ha quindi ritenuto integrato l’illecito amministrativo e legittima la sanzione applicata.
3. Avverso tale sentenza D.A. e la società E. s.r.l. hanno proposto, con un unico atto, ricorso per cassazione, affidato a due motivi. Il Ministero ha resistito con controricorso.
4. È stata depositata memoria nell’interesse delle ricorrenti.
Considerato che
5. Con il primo motivo di ricorso è dedotta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 23, penultimo comma, della l. n. 689 del 1991.
6. Si censura la valutazione del materiale probatorio ad opera della Corte d’appello, valutazione difforme rispetto a quella eseguita del Tribunale e in assenza di adeguata motivazione sulla sufficienza delle prove raccolte a dimostrare la responsabilità delle parti opponenti.
7. Con il secondo motivo è denunciata, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 417 bis, cod. proc. civ., e dell’art. 152 bis disp. att. cod. proc. civ., per avere la sentenza impugnata errato nel condannare le attuali ricorrenti alla rifusione delle spese del giudizio di primo grado nel quale il Ministero era difeso da un proprio funzionario.
8. Il primo motivo di ricorso è inammissibile.
9. L’art. 23, penultimo comma, cit., nel testo ratione temporis applicabile (l’art. 23 è stato abrogato dal d.lgs. 150 del 2011) prevede che “Il pretore accoglie l’opposizione quando non vi sono prove sufficienti della responsabilità dell’opponente”.
10. La Corte di merito ha valutato il complessivo materiale probatorio raccolto e ritenuto dimostrata la sussistenza dell’illecito e la responsabilità delle attuali ricorrenti.
11. Le censure mosse si collocano, all’evidenza, all’esterno del vizio di violazione di legge, come costantemente definito da questa S.C. (v. Cass. n. 3340 del 2019; n. 640 del 2019; n. 10320 del 2018; n. 24155 del 2017; n. 195 del 2016), ed investono, nella sostanza, mediante ampi riferimenti al contenuto dei verbali ispettivi e alle deposizioni testimoniali, la ricostruzione in fatto operata dalla Corte territoriale attraverso la valutazione del materiale probatorio.
12. Tale censura, ove anche riqualificata, risulta tuttavia priva dei requisiti richiesti ai fini dell’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., come delineati dalle Sezioni Unite (sentenze nn. 8053 e 8054 del 2014) e incentrati sull’omesso esame di un fatto inteso in senso storico fenomenico, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti ed abbia carattere decisivo.
13. Il secondo motivo di ricorso è invece fondato, sebbene non sia stata correttamente individuata la disposizione di legge violata.
14. Ai sensi dell’art. 23, comma 4, della legge n. 689 del 1981, applicabile ratione temporis, “L’opponente e l’autorità che ha emesso l’ordinanza possono stare in giudizio personalmente; l’autorità che ha emesso l’ordinanza può avvalersi anche di funzionari appositamente delegati”.
15. Di analogo tenore è la disposizione di cui all’art. 6, comma 9, d.lgs. n. 150 del 2011, in base alla quale “Nel giudizio di primo grado l’opponente e l’autorità che ha emesso l’ordinanza possono stare in giudizio personalmente. L’autorità che ha emesso l’ordinanza può avvalersi anche di funzionari appositamente delegati”, applicabile ai procedimenti instaurati successivamente alla data di entrata in vigore del d.lgs. 150 del 2011 cit. (v. art. 36).
16. Secondo l’orientamento consolidato di questa Corte, l’autorità amministrativa che ha emesso il provvedimento sanzionatorio, quando sta in giudizio personalmente o avvalendosi di un funzionario appositamente delegato, non può ottenere la condanna dell’opponente, che sia soccombente, al pagamento dei diritti di procuratore e degli onorari di avvocato, difettando le relative qualità nel funzionario amministrativo che sta in giudizio; in tal caso, pertanto, in favore dell’ente possono essere liquidate le sole spese, diverse da quelle generali, che esso abbia concretamente affrontato nel giudizio, purché risultino da apposita nota (v. Cass. n. 30597 del 2017; v. anche Cass. n. 26855 del 2013; n. 11816 del 2011; n. 11389 del 2011; n. 18066 del 2007; n. 17674 del 2004; n. 12232 del 2003; più recentemente, v. Cass. n. 40976 del 2021; n. 8258 del 2021; n. 2362 del 2020; n. 2034 del 2020, non massimate).
17. Nei procedimenti di opposizione a ordinanza ingiunzione non rileva la disciplina dettata dall’art. 152 bis disp. att. c.p.c., ai sensi del quale “nelle liquidazioni delle spese di cui all’articolo 91 del codice di procedura civile a favore delle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, se assistite da propri dipendenti ai sensi dell’articolo 417-bis del codice di procedura civile, si applica il decreto adottato ai sensi dell’articolo 9, comma 2, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, per la liquidazione del compenso spettante agli avvocati, con la riduzione del venti per cento dell’importo complessivo ivi previsto. La riscossione avviene mediante iscrizione al ruolo ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600“.
18 Tale disposizione, come precisato da questa Corte (v. Cass. n. 9878 del 2019; n. 19034 del 2019), si applica alle controversie relative ai rapporti di lavoro ex art. 417-bis c.p.c., ed anche ai giudizi per prestazioni assistenziali in cui l’Inps si avvalga della difesa diretta ex art. 10, comma 6, del d.l. n. 203 del 2005, conv., con modif., dalla l. n. 248 del 2005, in quanto le due disposizioni sono accomunate dalla finalità di migliorare il coordinamento e la gestione del contenzioso da parte delle amministrazioni nei gradi di merito, affidando l’attività di difesa nei giudizi in modo sistematico a propri dipendenti.
19. L’art. 152 bis cit. non può trovare applicazione nei procedimenti di opposizione ad ordinanza ingiunzione che “abbiano ad oggetto violazioni concernenti le disposizioni in materia di tutela del lavoro, di igiene sui luoghi di lavoro, di prevenzione degli infortuni sul lavoro e di previdenza e assistenza obbligatoria, diverse da quelle consistenti nella omissione totale o parziale di contributi o da cui deriva un’omissione contributiva”, in quanto non rientrano tra le controversie indicate dagli artt. 409 e 442 c.p.c., come statuito dalle S.U. di questa Corte con la sentenza n. 2145 del 2021.
20. I procedimenti in materia di opposizione a ordinanza ingiunzione trovano la loro disciplina nella legge 689 del 1981 e poi nel d.lgs. n. 150 del 2011.
21. Nel caso in esame, nel giudizio di primo grado è stata accolta l’opposizione all’ordinanza ingiunzione e il Ministero è stato condannato al pagamento delle spese in favore delle opponenti. La Corte d’appello ha accolto l’appello del Ministero ed ha condannato le parti private alla rifusione delle spese del doppio grado in favore del Ministero, anche quindi delle spese del giudizio di primo grado in cui il Ministero era costituito per mezzo dei propri funzionari. La violazione dell’art. 23 della legge 689 del 1981 era quindi deducibile, tenuto conto dell’andamento del processo, solo col ricorso per cassazione.
22. Per le considerazioni svolte, deve essere accolto il secondo motivo di ricorso e dichiarato inammissibile il primo motivo. La sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al motivo accolto e, poiché non sono necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384, comma 2, cod. proc. civ., dichiarando non dovute dalle attuali ricorrenti le spese del giudizio di primo grado. Le attuali ricorrenti devono essere condannate alla rifusione delle spese del secondo grado, liquidate come nella sentenza d’appello. Le spese del giudizio di legittimità sono compensate in ragione del parziale accoglimento del ricorso.
P.Q.M.
Accoglie il secondo motivo di ricorso, dichiara inammissibile il primo motivo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, dichiara non dovute dalle attuali ricorrenti le spese del giudizio di primo grado. Condanna le ricorrenti alla rifusione delle spese del giudizio di secondo grado come liquidate nella sentenza di appello e compensa le spese del giudizio di legittimità.