CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 16 luglio 2021, n. 20420
Tributi – Accertamento – Reddito d’impresa – Costi per attività finanziaria – Deducibilità – Inerenza
Rilevato che
– l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Piemonte, depositata il 10 dicembre 2013, di reiezione dell’appello dalla medesima proposta avverso la sentenza di primo grado che aveva parzialmente accolto il ricorso della L.H. s.r.l. per l’annullamento dell’avviso di accertamento con cui era stata rettificata la dichiarazione presentata per l’anno 2005 ed erano state recuperate le imposte non versate;
– dall’esame della sentenza impugnata si evince che l’impugnazione della contribuente aveva interessato i rilievi con cui l’Ufficio aveva contestato l’indebita deduzione di costi e della relativa i.v.a. (rilievi nn. 1 e 2), nonché l’indebita deduzione di spese di manutenzione straordinaria per violazione dei limiti della deduzione previsti dall’art. 102, sesto comma, T.U. 22 dicembre 1986, n. 917 (rilievo n. 4);
– il giudice di appello ha dato atto che la Commissione provinciale aveva parzialmente accolto il ricorso della contribuente annullando i primi due rilievi e preso atto dell’acquiescenza della società in ordine al quarto rilievo, in relazione all’accoglimento dell’eccezione di compensazione con le perdite pregresse;
– ha, quindi, disatteso il gravame erariale, ritenendo che la produzione dei documenti effettuata dalla contribuente, per la prima volta, in primo grado era ammissibile e, nel merito, che i costi dedotti risultavano sufficientemente dimostrati;
– il ricorso è affidato a quattro motivi;
– resiste con controricorso la L.H. s.r.l.;
– il pubblico ministero conclude chiedendo l’accoglimento del ricorso;
– quest’ultima deposita memoria ai sensi dell’art. 380-bis.l c.p.c.;
Considerato che
– occorre preliminarmente esaminare, per ragioni di ordine logico- giuridico, il terzo motivo di ricorso, con cui l’Agenzia lamenta, con riferimento all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., la motivazione apparente della sentenza impugnata nella parte relativa al motivo di appello avente ad oggetto la deduzione dei costi e la detrazione della relativa i.v.a., di cui al rilievo n. 1, sostenuti in esecuzione di un contratto di service agreement stipulato con la controllata I. s.p.a.;
– il motivo è infondato;
– nell’esaminare il motivo di gravame, la Commissione regionale ha affermato che «le emergenze del PVC e la documentazione prodotta relativamente al contratto di service agreement giustificano … un maggiore onere»;
– una siffatta argomentazione risulta idonea a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, per cui si sottrae alla doglianza formulata;
– per le medesime ragioni è opportuno esaminare prioritariamente anche l’ultimo motivo con cui la ricorrente spiega censura analoga a quella prospettata con il terzo motivo in relazione al motivo di appello avente ad oggetto la deduzione dei costi e la detrazione della relativa i.v.a., di cui al rilievo n. 2, relativi a servizi asseritamente resi dalla C. s.r.l. in favore della controllata I. s.p.a. e da questa ribaltati alla contribuente;
– il motivo è infondato;
– sul punto, il giudice di appello ha rilevato che «i costi per l’attività finanziaria espletata abbiano trovato adeguata prova avuto riguardo alla documentazione peraltro messa in evidenza dagli stessi verbalizzanti e che trova più in generale conforto nella necessità per il gruppo di una radicale ristrutturazione sotto il profilo finanziario con indubbia ricaduta sulla partecipata attuale appellata»;
– anche tale motivazione si presenta idonea a palesare l’iter logico giuridico seguito dal giudice;
– con il primo motivo l’Agenzia denuncia la violazione dell’art. 109, quinto comma, T.U. n. 917 del 1986, per aver la sentenza impugnata ritenuto deducibili i costi contestati con i primi due rilievi senza alcun accertamento in ordine alla loro inerenza;
– il motivo è infondato;
– giova rammentare che il principio di inerenza dei costi deducibili si ricava dalla nozione di reddito d’impresa ed esprime una correlazione tra costi ed attività d’impresa in concreto esercitata, traducendosi in un giudizio di carattere qualitativo, che prescinde, in sé, da valutazioni di tipo utilitaristico o quantitativo (cfr. Cass. 22 febbraio 2021, n. 2224; Cass. 17 luglio 2018, n. 18904);
– un giudizio di tipo quantitativo sul rapporto tra il costo sostenuto e il vantaggio conseguito assume rilevanza, in tema di imposte sui redditi, solo qualora si rilevi l’antieconomicità dell’operazione, che assume un valore sintomatico del fatto che il rapporto in cui il costo si inserisce è diverso ed estraneo all’attività d’impresa, ma assolve ad altre finalità, per cui difetta il requisito dell’inerenza;
– una siffatta interpretazione del concetto di inerenza risulta coerente con la giurisprudenza unionale, la quale, in tema di i.v.a., ha evidenziato che il sistema comune dell’imposta garantisce la neutralità dell’imposizione fiscale per tutte le attività economiche, indipendentemente dallo scopo o dai risultati delle stesse, purché queste siano, in linea di principio, di per sé soggette all’i.v.a. e che, pertanto, il soggetto passivo è autorizzato a detrarre l’i.v.a. dovuta o versata per i beni o servizi acquistati quando, agendo in quanto tale nel momento dell’acquisto di detti beni o servizi, li utilizzi ai fini delle proprie operazioni imponibili, sia che esista un nesso diretto e immediato tra una specifica operazione a monte e una o più operazioni a valle che danno diritto a detrazione, sia che manchi un tale nesso, quando le spese sostenute fanno parte dei costi generali del soggetto passivo e rappresentano, in quanto tali, elementi costitutivi del prezzo dei beni o dei servizi che esso fornisce (cfr. Corte Giust. 22 ottobre 2015, Sveda’, Corte Giust. 18 luglio 2013, AES-3C Maritza East 1] Corte Giust. 29 ottobre 2009, SKF).
– in tema di i.v.a., pertanto, l’inerenza del costo non può essere esclusa in base ad un giudizio di congruità della spesa, salvo che l’Amministrazione finanziaria ne dimostri la macroscopica antieconomicità ed essa rilevi quale indizio dell’assenza di connessione tra costo e l’attività d’impresa;
– orbene, la Commissione regionale ha ritenuto inerenti i costi in contestazione – relativi a servizi indicati in un contratto di Service agreement (rilievo n. 1) e a servizi di consulenza e assistenza finanziaria prestati in favore della capogruppo I. s.p.a. e da questa ribaltati alla odierna contribuente – sul fondamento dell’accertata necessità dei servizi cui si riferiscono per le esigenze imprenditoriali della società, ponendo, in tal modo, in evidenza l’esistenza di un legame tra il costo medesimo e l’attività imprenditoriale svolta;
– tale legame è idoneo a fondare il giudizio di inerenza, per cui la decisione si sottrae alla censura prospettata;
– con il secondo motivo la ricorrente deduce la violazione degli artt. 33, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, e 52, d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, per aver il giudice di appello ritenuto ammissibile la produzione dei documenti effettuata dalla contribuente in primo grado, benché questi non fossero stati esibiti in sede di verifica;
– il motivo è infondato;
– infatti, in tema di accertamento, l’omessa esibizione da parte del contribuente dei documenti in sede amministrativa determina l’inutilizzabilità della successiva produzione in sede contenziosa solo ove l’amministrazione dimostri che vi era stata una puntuale richiesta degli stessi, accompagnata dall’avvertimento circa le conseguenze della mancata ottemperanza, e che il contribuente ne aveva rifiutato l’esibizione, dichiarando di non possederli, o comunque sottraendoli al controllo, con uno specifico comportamento doloso volto ad eludere la verifica (così, Cass., ord., 21 marzo 2018, n. 7011; vedi, anche, Cass., SS.UU., 25 febbraio 2000, n. 45);
– nel caso in esame, la Commissione regionale ha escluso che ricorressero i richiamati presupposti escludendo, sia pure indirettamente, ma con accertamento fattuale inequivoco e non attinto da specifica censura, che il contribuente sia stato «formalmente e chiaramente avvertito delle gravi conseguenze relative alla mancata messa a disposizione della documentazione»;
– per le suesposte considerazioni, pertanto, il ricorso non può essere accolto;
– le spese processuali seguono il criterio della soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi euro 10.000,00, oltre rimborso forfettario nella misura del 15%, euro 200,00 per esborsi e accessori di legge.
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