CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 16 luglio 2021, n. 20421
Tributi – Accertamento – Reddito d’impresa – Costi riferiti ad operazioni soggettivamente inesistenti – Acquisto di autoveicoli da fornitori intracomunitari cd. “società cartiere” – Oggettiva fittizietà del fornitore e conoscibilità da parte del contribuente – Onere di prova
Rilevato che
– con sentenza n. 2784/65/14, depositata in data 22 maggio 2014, non notificata, la Commissione tributaria regionale della Lombardia rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore prò tempore, nei confronti di A. di T. e B. s.n.c., in persona del legale rappresentante prò tempore, M. T. e M. B., nella qualità di soci, avverso la sentenza n. 16/12/12 della Commissione tributaria provinciale di Brescia che, previa riunione, aveva accolto i ricorsi proposti dalla suddetta società e dai soci avverso gli avvisi di accertamento n. T9H01B101355/2010, T9H01B101356/2010 e T9H01B101357/2010 con i quali l’Ufficio, previo p.v.c. della G.d.F. (a carico di P.C.S. s.r.l. e di N.& G. Auto P.) aveva, per l’anno 2005, rispettivamente: 1) recuperato a tassazione nei confronti della società costi indebitamente dedotti, ai fini Ires e Irap, e detratti, ai fini l’iva, in relazione ad operazioni ritenute soggettivamente inesistenti di acquisto dì autoveicoli da fornitori (intracomunitari) tramite le società c.d. cartiere fittiziamente fatturanti P.C.S. s.r.l. e N.& G. Auto P. s.r.l.; 2) contestato nei confronti dei soci un conseguente maggior reddito da partecipazione;
– in punto di diritto, la CTR ha osservato che: l) le argomentazioni poste dall’Ufficio a fondamento dell’accertamento non superavano la soglia dello spunto investigativo, mancando un riscontro di un eventuale accordo tra il soggetto interposto (N. & G. Auto P. s.r.l.) e l’interponente; mancava, altresì, la prova sia della conoscenza da parte della società contribuente dell’omesso versamento dell’Iva da parte della N.& G. Auto P. s.r.l. che della circostanza asserita dall’Ufficio della vendita finale da parte della contribuente delle autovetture a un prezzo di “rilevante vantaggio” rispetto a quello normale di mercato; 2) risultava, invece, provato che la merce era entrata nella disponibilità della società contribuente, era stata pagata regolarmente, e rivenduta a un prezzo normale di mercato, per cui la legittimità della detrazione risultava dalla veridicità delle operazioni di acquisto e vendita regolarmente eseguite; 3) era stata, altresì, prodotta dalla contribuente la sentenza del Tribunale di Brescia che assolveva la società per i reati ascritti relativamente agli aspetti penali della vicenda;
– avverso la sentenza della CTR, l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione affidato a tre motivi; rimangono intimati A. di T. e B. s.n.c. in liquidazione, in persona del legale rappresentante prò tempore (cancellata dal registro delle imprese in data 20.6.2014), M. T. e M. B., nella qualità di ex soci;
– il ricorso è stato fissato in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 375, secondo comma, e dell’art. 380-bis.l cod. proc. civ., introdotti dall’art. 1 -bis del d.l. 31 agosto 2016, n. 168, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 ottobre 2016, n. 197.
Considerato che
– preliminarmente va osservato che, essendo stata la società A. di T. e B. s.n.c. cancellata in data 20.6.2014 dal registro delle imprese (v. certificato della CCIAA allegato n. 11 al ricorso) come ritenuto da questa Corte (Cass. sez. 5, 06/11/2013, n. 24955), «la cancellazione determina l’estinzione» della società «e la priva della capacità di stare in giudizio, generando un fenomeno di tipo successorio, in forza del quale i rapporti obbligatori facenti capo all’ente non si estinguono ma si trasferiscono ai soci i quali ne rispondono, a seconda del regime giuridico dei debiti sociali cui erano soggetti pendente societate, nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente. Ne consegue che, in tale evenienza, i soci, subentrano anche nella legittimazione processuale già in capo all’ente estinto, determinandosi una situazione di litisconsorzio necessario per ragioni processuali, a prescindere dalla scindibilità o meno del rapporto sostanziale. (Cass. n. 6285 del 2018); per quanto concerne le società di persone, è stato affermato che, sul piano tributario, essendo il debito del socio il medesimo della società, egli è legittimamente sottoposto all’esazione del debito fiscale accertato nei confronti della società alle ordinarie condizioni, senza che sia necessario notificargli l’atto impositivo originario e/o gli atti amministrativi conseguenti. Resta ferma, dunque, l’ordinaria responsabilità illimitata e solidale dei soci, che opera, in assenza di un’espressa previsione derogativa, anche per le obbligazioni tributarie. Ciò in quanto l’imperfetta personalità giuridica della società dì persone si risolve in quella dei soci, i cui patrimoni sono protetti dalle iniziative dei terzi solo dalla sussidiarietà, mentre la pienezza del potere di gestione in capo ad essi finisce con il far diventare dei soci i debiti della società (Cass. n. 16713 del 4.4.2016; Cass. n. 24322 del 14/10/2014; Cass. n. 19188 del 06/09/2006); ne consegue il difetto di legittimazione passiva della società A. di T. e B. s.n.c. in quanto cancellata dal registro delle imprese in data 20.6.2014 (in data successiva al deposito del 22 maggio 2014 della sentenza di appello), essendo succeduti M. T. e M. B., quali ex soci nella posizione processuale dell’ente estinto;
– con il primo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., la violazione degli artt. 132, comma 2, n. 4 c.p.c. e 156 c.p.c., 118 disp. att. c.p.c., 36, comma 2, n. 4 e 61 del d.lgs. n. 546 del 1992, per avere la CTR confermato la decisione del giudice di primo grado con una motivazione apparente : 1) omettendo di riportare il contenuto sia della decisione della CTP che delle censure formulate dall’Ufficio nell’atto di appello; 2) limitando il proprio giudizio all’analisi delle operazioni intercorse con la N.& G. Auto P. s.r.l. sebbene il recupero a tassazione riguardasse le forniture fittiziamente fatturate anche dalla P.C.S. s.r.l.; 3) attribuendo valore dirimente alla sentenza del Tribunale di Brescia di assoluzione della società per i reati ascritti relativamente agli aspetti penali della vicenda, in assenza di prova circa il suo passaggio in giudicato e senza chiarire le ragioni della sua decisività ai fini tributari;
– il motivo è infondato;
– premesso che, come da questa Corte precisato, «ricorre il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza allorquando il giudice di merito ometta ivi di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento» (Cass. n. 9105 del 07/04/2017; Cass. 25456 del 2018), nella specie, la CTR, lungi dal motivare “per relationem” alla sentenza di primo grado mediante la mera adesione ad essa, ha rigettato l’appello dell’Ufficio, osservando, da un lato, che l’Amministrazione non avesse provato -riferendosi esemplificativamente alla società cedente asseritamente cartiera N.& G. Auto P. s.r.l. – l’esistenza di un eventuale accordo fraudolento tra l’interponente e il soggetto interposto, la conoscenza da parte della contribuente delle inadempienze della cedente nei confronti del fisco e la vendita finale delle autovetture da parte della contribuente a un prezzo di “rilevante vantaggio” rispetto a quello normale di mercato, e dall’altro, che, di contro, risultasse provata l’effettività delle operazioni medesime, essendo la merce entrata nella disponibilità della contribuente, regolarmente pagata e rivenduta a un prezzo normale di mercato; il giudice di appello ha poi richiamato, in ultimo, ad adiuvandum, la sentenza del Tribunale di Brescia di assoluzione della società per i reati ascritti relativamente agli aspetti penali della vicenda; risulta, pertanto, chiara la ratio decidendi e le ragioni sottese alla decisione medesima;
– con il secondo motivo di ricorso, l’Agenzia delle entrate denuncia in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697, 2727 e 2729 c.c., 115 e 116 c.p.c., 654 c.p.c., 20 del d.lgs. n. 74/00, 19 e 54 del d.P.R. n. 633/72, 17 della Dir. CEE 17.5.1977, n. 77/388/CE e 167 Dir. CEE 28.11.2006, n. 2006/112/CE per avere la CTR – nel ritenere illegittimi gli avvisi di accertamento in questione: 1) affermato che difettasse la prova da parte dell’Ufficio dell’esistenza di un accordo tra la società interponente e la N.& G. Auto P. s.r.l., della conoscenza da parte della società contribuente del mancato versamento Iva da parte della N.& G. Auto P. s.r.l. e della rivendita finale delle automobili ad un prezzo inferiore a quello di mercato, ancorché, in base alla giurisprudenza di legittimità, con specifico riferimento alle c.d. frodi carosello, l’Amministrazione fosse tenuta a dimostrare il carattere di cartiera delle cedenti e la connivenza nella frode da parte del cessionario con presunzioni semplici, gravi, precise e concordanti, a fronte della quale prova presuntiva, la contribuente sarebbe stata onerata a provare a contrario la effettiva conclusione dell’operazione con il fatturante, non essendo sufficiente, sotto tale profilo, la mera dimostrazione della effettiva consegna o pagamento della merce; 2) attribuito valore dirimente alla sentenza del Tribunale di Brescia di assoluzione della società, in violazione del principio di autonomia del procedimento penale rispetto alle procedure dell’accertamento tributario;
– con il terzo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., l’omesso esame circa un fatto decisivo e controverso del giudizio, per avere la CTR ritenuto infondato l’appello dell’Ufficio, da un lato, limitandosi ad analizzare esclusivamente i rapporti intercorsi con la N.& G. Auto P. s.r.l. senza considerare anche quelli pur contestati intercorsi con la P.C.S., e dall’altro, omettendo di considerare i plurimi elementi fattuali che avrebbero consentito alla contribuente, con l’uso della ordinaria diligenza, di conoscere il carattere di cartiera delle società cedenti e il loro coinvolgimento in una frode Iva;
– il primo profilo del secondo motivo è fondato per le ragioni di seguito indicate;
– come si evince dalla sentenza impugnata, la contestazione dell’Ufficio si fondava sulla asserita indebita deduzione di costi, ai fini delle imposte dirette, e detrazione ai fini Iva, da parte della società contribuente in relazione a fatture emesse dalle società interposte, asseritamente cartiere (P.C.S. s.r.l. e N.& G. Auto P. s.r.l.) per operazioni ritenute soggettivamente inesistenti di acquisto di autovetture;
– sulla scia della giurisprudenza unionale, questa Corte ha chiarito che “In tema di IVA, l’Amministrazione finanziaria, se contesta che la fatturazione attenga ad operazioni soggettivamente inesistenti, inserite o meno nell’ambito di una frode carosello, ha l’onere di provare, non solo l’oggettiva fittizietà del fornitore, ma anche la consapevolezza del destinatario che l’operazione si inseriva in una evasione dell’imposta, dimostrando, anche in via presuntiva, in base ad elementi oggettivi e specifici, che il contribuente era a conoscenza, o avrebbe dovuto esserlo, usando l’ordinaria diligenza in ragione della qualità professionale ricoperta, della sostanziale inesistenza del contraente; ove l’Amministrazione assolva a detto onere istruttorio, grava sul contribuente la prova contraria di avere adoperato, per non essere coinvolto in un’operazione volta ad evadere l’imposta, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto, non assumendo rilievo, a tal fine, né la regolarità della contabilità e dei pagamenti, né la mancanza di benefici dalla rivendita delle merci o dei servizi” (Sez. 5, Cass. n. 9851 del 2018; n. 27566 del 30/10/2018; Sez. 6 – 5, n. 5873 del 28/02/2019);
– nella specie, il giudice a quo, con riferimento alla detraibilità dell’Iva, non si è attenuto ai suddetti principi, in quanto, a fronte della contestazione dell’Ufficio della inesistenza soggettiva delle operazioni di acquisto di autovetture da società cedenti asseritamente cartiere (P.C.S. s.r.l. e N.& G. Auto P. s.r.l.) – lungi dal valutare l’assolvimento da parte dell’Amministrazione dell’onere probatorio, anche in via presuntiva, in base ad elementi oggettivi e specifici, in ordine all’oggettiva fittizietà del fornitore e alla conoscibilità da parte della contribuente, secondo l’ordinaria diligenza in ragione della qualità professionale ricoperta, che l’operazione si inseriva in una evasione dell’imposta (elementi di rilevanza sintomatica, sotto tale ultimo profilo, sono stati ravvisati ad es. nell’acquisto dei beni ad un prezzo inferiore di mercato, nella qualità del concreto intermediario con il quale erano state intrattenute le operazioni commerciali, nell’immediatezza dei rapporti tra i soggetti coinvolti nella frode, nei rapporti commerciali con una pluralità di soggetti aventi la qualità di cartiera, in tal senso, Cass. n. 9851 del 2018) – ha ritenuto illegittimi gli avvisi di accertamento limitandosi ad affermare che l’Amministrazione non aveva provato l’esistenza di un eventuale “accordo” tra l’interponente e il soggetto interposto (riferendosi esemplificativamente alla società cedente asseritamente cartiera N.& G. Auto P. s.r.l.), la conoscenza da parte della contribuente delle inadempienze della cedente nei confronti del fisco e la vendita finale delle autovetture da parte della contribuente a un prezzo di “rilevante vantaggio” rispetto a quello normale di mercato; dall’altro, facendo, comunque, sostanzialmente ricadere sulla contribuente l’onere della prova a contrario, lo ha ritenuto assolto, attribuendo erroneamente rilievo alla regolarità dei pagamenti e alla veridicità delle operazioni dì acquisto e rivendita delle autovetture;
– inammissibile in quanto non attinente al decisum è, invece, il secondo profilo del secondo motivo, in quanto nel costrutto argomentativo della CTR, il richiamo finale alla sentenza penale di assoluzione della società, lungi dall’assumere un carattere dirimente – in asserita violazione del principio di autonomia del procedimento penale rispetto alle procedure dell’accertamento tributario- assume una valenza ad adiunvandum (“l’appellato produce altresì sentenza del Tribunale di Brescia”) ;
– l’accoglimento del secondo motivo nei sensi di cui in motivazione, rende inutile la trattazione del terzo, con assorbimento dello stesso;
– in conclusione, va accolto il secondo motivo di ricorso nei sensi di cui in motivazione; rigettato il primo e assorbito il terzo, con cassazione della sentenza impugnata- in relazione al motivo come accolto- e rinvio alla CTR della Lombardia, in diversa composizione, anche per la regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità;
P.Q.M.
Accoglie il secondo motivo di ricorso nei sensi di cui in motivazione, rigetta il primo; assorbito il terzo; cassa la sentenza impugnata- in relazione al motivo come accolto- e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione.
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