CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 16 marzo 2018, n. 6530
Dichiarazione dei redditi – Dichiarazioni annuali – Omesso versamento – Definizione agevolata – Condono
Rilevato che
1. La Casa di Cura privata P.S.E. s.r.l. impugnava il diniego di condono ex art. 9-bis l. 289/02 emesso dall’Agenzia delle Entrate in relazione all’istanza di definizione relativa ad omessi versamenti per le annualità 2002 e 2003; l’ufficio negava il condono sul presupposto che la società non aveva provveduto all’integrale pagamento del dovuto, essendo risultata inadempiente rispetto al versamento delle ultime due rate;
2. la CTR per la Sardegna, accogliendo l’appello dell’Agenzia delle Entrate, riformava la sentenza di primo grado e confermava il mancato perfezionamento del condono che, nel caso di specie, presupponeva l’intero versamento dell’imposta evasa, sicché il pagamento parziale era di per sé ostativo;
4. avverso tale decisione la società contribuente ha proposto ricorso per cassazione articolando tre motivi illustrati con successiva memoria, l’Agenzia delle Entrate ha depositato controricorso.
Considerato che
1. con il primo ed il secondo motivo di ricorso, esaminabili congiuntamente, la ricorrente lamenta la violazione dell’art. 53 d.lgs. n. 546 del 1992 e 112 cod.proc.civ., assumendo che la CTR aveva omesso di pronunciarsi sull’eccezione di inammissibilità dell’appello, interpretando erroneamente la disposizione processuale che impone, quale requisito di ammissibilità, la specificità dei motivi di appello;
1.2. i motivi sono infondati, atteso che dalla mera lettura della sentenza resa dalla CTR emerge chiaramente come il giudice di secondo grado abbia implicitamente disatteso l’eccezione di inammissibilità dell’appello, dando atto – per converso – della fondatezza dell’impugnazione e, quindi, in tal modo dimostrando di aver pienamente compreso l’oggetto del contendere; va data continuità al principio secondo cui non ricorre il vizio di omesso esame di un punto decisivo della controversia se l’omissione riguarda una tesi difensiva o un’eccezione che, anche se non espressamente esaminata, risulti incompatibile con la statuizione di accoglimento della pretesa dell’attore, deponendo per l’implicita pronunzia di rigetto della tesi o dell’eccezione (Cass. n. 14486 del 2004, Rv.575700; da ultimo Cass. n. 29191 del 2017, Rv. 646290); a ciò si aggiunga che non è neppure configurabile la violazione dell’art. 53 d.lgs. n. 546 del 1992, proprio perché l’esatta delimitazione e comprensione dell’oggetto dell’impugnazione dimostrano di per sé come la CTR sia stata pienamente in grado di comprendere le ragioni dell’appello che, pertanto, non può considerarsi privo di specificità; né, del resto, la società ricorrente ha riprodotto il ricorso in appello dell’Agenzia delle Entrate individuando, in ossequio al principio di autosufficienza, i profili di inammissibilità dello stesso;
3. con il terzo motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 9-bis l. 289/02, sul presupposto che erroneamente la CTR aveva ritenuto non perfezionato il condono per effetto dell’omesso integrale pagamento degli importi dovuti;
3.1. il motivo è infondato; la CTR, infatti, si è uniformata al consolidato orientamento di questa Corte secondo cui la definizione agevolata ai sensi dell’art. 9 bis della l. n. 289 del 2002, comportante la non applicazione delle sanzioni relative al mancato versamento delle imposte o delle ritenute risultanti dalle dichiarazioni annuali presentate entro il 31 dicembre 2002, e per le quali il termine di versamento è scaduto anteriormente a tale data, si perfeziona solo se si provvede all’integrale pagamento del dovuto nei termini e nei modi previsti dalla medesima disposizione, attesa l’assenza di previsioni quali quelle contenute negli artt. 8, 9, 15 e 16 della medesima legge, che considerano efficaci le ipotesi di condono ivi regolate anche senza adempimento integrale, e che sono insuscettibili di applicazione analogica, in quanto, come tutte le disposizioni di condono, di carattere eccezionale (Cass. n. 31133 del 2017; Cass. n. 21364 del 2012, Rv. 624264);
4. le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese di giudizio nei confronti dell’Agenzia delle Entrate, che liquida in complessivi €10.000,00 oltre accessori come per legge.
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