CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 16 marzo 2020, n. 7308
Lavoro – Attività agricola – Presupposti per avere diritto ai benefici di cui alla L. n. 185/1992 – Cartella esattoriale
Considerato in fatto
1. La Corte d’appello di Messina ha confermato la sentenza del Tribunale di rigetto dell’opposizione proposta dalla soc S.A. avverso la cartella per il pagamento a favore dell’Inps di Euro 40.537 per contributi e somme aggiuntive per il terzo trimestre 2008.
La Corte ha rilevato che le contestazioni formali avrebbero dovuto essere fatte valere nel termine di 20 giorni e, comunque, dalla cartella sia pure sinteticamente si evincevano le ragioni della richiesta di pagamento.
Nel merito la Corte ha rilevato che la società non aveva provato, mancando dei tutto il fascicolo di parte, la presenza dei presupposti per avere diritto ai benefici di cui alla L. n. 185/1992 che richiedeva che la società avesse un capitale per il 50% sottoscritto da imprenditori agricoli a titolo principale e che nessun elemento vi era in atti che consentisse di verificare tale condizione.
2. Avverso la sentenza ricorre in cassazione la S.A. srl con due motivi. Resiste l’Inps e la soc Riscossioni Sicilia spa, già Serit.
Ritenuto in diritto
3. Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione dell’art. 115 cpc e omesso esame di fatto decisivo oggetto di discussione in relazione all’art. 360 n. 5 cpc.
Denuncia che la Corte aveva integralmente riproposto altra sentenza della stessa Corte che non aveva alcuna attinenza con la vicenda in esame con evidente violazione dell’art. 115.
Ribadisce che il beneficio in esame è esteso alle società di capitali; che dalla documentazione prodotta risultava che la soc aveva ad oggetto, fin dalla sua costituzione, esclusivamente attività agricola, come risultante dalla visura camerale (erroneamente indicata dalla Corte visura catastale), e che i soci erano imprenditori agricoli come risultante dalle certificazioni del comune inserite nel corpo del ricorso in cassazione. Censura, pertanto, l’affermazione che mancava la prova che il 50% del capitale della società fosse costituito da imprenditori agricoli.
Con il secondo motivo rilevai che la cartella non conteneva una motivazione adeguata (in relazione all’art. 360 n. 3 e 5 cpc) in spregio agli art. 414 e 164 cpc che impongono a colui che introduce il giudizio di indicare i fatti e gli elementi di diritto posti a fondamento della domanda.
4. Il ricorso è infondato.
Premesso (in relazione al secondo motivo) che la stessa Corte d’appello ha affermato che la cartella conteneva sinteticamente i termini delle omissioni e la dettagliata indicazione dei contributi da versare, nella sentenza impugnata si afferma che la società non aveva provato, mancando del tutto il fascicolo di parte, la presenza dei presupposti per avere diritto ai benefici di cui alla L. n. 185/1992. In base a tale normativa era, infatti, necessario che la società avesse un capitale per il 50% sottoscritto da imprenditori agricoli a titolo principale e che nessun elemento vi era in atti che consentisse di verificare tale condizione.
Non è, pertanto, in discussione l’applicazione del beneficio in esame a favore delle società di capitali. La Corte d’appello ha, invece, sottolineato che non era stato provato l’ulteriore requisito in base al quale è necessario che il 50% del capitale della società fosse costituito da imprenditori agricoli.
La ricorrente pretende di fornire tale prova attraverso la documentazione che allega unitamente al ricorso in cassazione.
Essa, tuttavia, non specifica nel motivo quando e in quale fase del giudizio ha prodotto tale documentazione con la conseguenza che la sua produzione deve ritenersi avvenuta solo nel presente giudizio e, dunque, è del tutto inammissibile.
E’ utile ricordare, che costituisce principio consolidato che, in materia di sgravi e fiscalizzazioni, essendo il pagamento dei contributi un’obbligazione nascente dalla legge, spetta al debitore dimostrare il suo esatto adempimento e, quindi, grava sull’impresa che vanti il diritto al beneficio contributivo l’onere di provare la sussistenza dei necessari requisiti in relazione alla fattispecie normativa di volta in volta invocata (cfr. Cass. n. 5137/2006, Cass. Sez. U. n. 6489/2012; Cass. n. 13011/2017).
5. Per le considerazioni che precedono il ricorso deve essere rigettato con condanna della ricorrente a pagare le spese processuali.
Avuto riguardo all’esito del giudizio ed alla data di proposizione del ricorso sussistono i presupposti di cui all’art. 13, comma 1 quater, dpr n 115/2002.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a pagare le spese processuali liquidate in favore di ciascuno dei contro ricorrenti in Euro 5.000,00 per compensi professionali oltre 15% per spese generali ed accessori di legge, nonché Euro 200,00 per esborsi.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del dpr n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 bis, dello stesso art. 13 se dovuto.
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