CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 16 marzo 2021, n. 7350
Fondo di Garanzia Inps – Domanda amministrativa – Verifica dell’esistenza e della misura del credito, in sede di ammissione al passivo fallimentare o della liquidazione coatta amministrativa – Termine di prescrizione – Decorrenza dal perfezionarsi della fattispecie attributiva, che condiziona la proponibilità della domanda all’Inps – Natura previdenziale dell’obbligazione assunta dal Fondo – Inapplicabilità della disciplina delle obbligazioni in solido – Termine di prescrizione non interrotto durante la procedura fallimentare a carico del datore di lavoro
Ritenuto che
1. la Corte d’appello di Roma, con sentenza del 22 settembre 2014, ha confermato la sentenza di primo grado, di rigetto dell’opposizione avverso il decreto ingiuntivo con il quale era stato intimato al Fondo di Garanzia, costituito presso l’INPS, il pagamento della somma di Euro 2.464,58 per 13^ e 14^ mensilità per l’anno 2002, in riferimento al rapporto di lavoro intercorso tra l’attuale ricorrente e la GE. s.p.a., in amministrazione straordinaria;
2. per la Corte di merito la domanda del lavoratore di ammissione al passivo aveva interrotto il termine di prescrizione fino alla chiusura della procedura fallimentare;
3. avverso tale decisione ricorre l’INPS, con ricorso affidato a un motivo, ulteriormente illustrato con memoria, cui resiste F.S. controricorso.
Considerato che
4. il ricorso, con il quale si deduce violazione di legge, è da accogliere;
5. con riferimento al TFR ma affermando principi di diritto relativi al Fondo di Garanzia costituito presso l’INPS, e alle obbligazioni a carico dello stesso che, dunque, possono trovare applicazione anche con riguardo agli altri crediti di lavoro non corrisposti, questa Corte ha ritenuto che nel caso in cui si controverta di crediti di cui al d.lgs. n. 80 del 1992, art. 2, comma 1 – vale a dire «crediti di lavoro, diversi da quelli spettanti a titolo di trattamento di fine rapporto, inerenti gli ultimi tre mesi del rapporto di lavoro rientranti nei dodici mesi che precedono» – il diritto del lavoratore di ottenere dall’I.N.P.S., in caso di insolvenza del datore di lavoro, la corresponsione delle somme a carico dello speciale fondo di cui alla L. n. 297 del 1982, art. 2, ha natura di diritto di credito ad una prestazione previdenziale ed è perciò distinto ed autonomo rispetto al credito vantato nei confronti del datore di lavoro;
6. restando esclusa, pertanto, la fattispecie di obbligazione solidale, il diritto si perfeziona non con la cessazione del rapporto di lavoro, ma al verificarsi dei presupposti previsti da detta legge (insolvenza del datore di lavoro, verifica dell’esistenza e misura del credito in sede di ammissione al passivo, ovvero all’esito di procedura esecutiva) (v., da ultimo, Cass. nn. 32 e 16853 del 2020; v., in precedenza, Cass. n. 26819 del 2016, n. 16617 del 2011, n. 8265 del 2010, Cass. n. 27917 del 2005);
7. il Fondo di garanzia costituisce attuazione di una forma di assicurazione sociale obbligatoria, con relativa obbligazione contributiva posta ad esclusivo carico del datore di lavoro, con la sola particolarità che l’interesse del lavoratore alla tutela è conseguito mediante l’assunzione, da parte dell’ente previdenziale, in caso d’insolvenza del datore di lavoro, di un’obbligazione pecuniaria il cui quantum è determinato con riferimento al credito di lavoro nel suo ammontare complessivo;
8. il diritto alla prestazione del Fondo nasce, non in forza del rapporto di lavoro ma del distinto rapporto assicurativo – previdenziale, in presenza dei già ricordati presupposti previsti dalla legge: insolvenza del datore di lavoro e accertamento del credito nell’ambito della procedura concorsuale, secondo le regole specifiche di queste; formazione di un titolo giudiziale ed esperimento non satisfattivo dell’esecuzione forzata;
9. in sostanza, il Fondo di garanzia è istituito presso l’I.N.P.S. con lo scopo di sostituirsi al datore di lavoro in caso di insolvenza del medesimo nel pagamento del trattamento di fine rapporto, di cui all’art. 2120 cod. civ., spettante ai lavoratori o loro aventi diritto;
10. il finanziamento avviene mediante contribuzione obbligatoria a carico dei datori di lavoro;
11. per ottenere la prestazione è necessaria una domanda amministrativa, domanda che può essere presentata solo dopo la verifica dell’esistenza e della misura del credito, in sede di ammissione al passivo fallimentare o della liquidazione coatta amministrativa, ovvero, in caso di datore di lavoro non assoggettato a procedure concorsuali, dopo la formazione di un titolo esecutivo e l’esperimento infruttuoso, in tutto o in parte, dell’esecuzione forzata;
12. la prescrizione del diritto alla prestazione decorre, ai sensi dell’art. 2935 cod. civ., dal perfezionarsi della fattispecie attributiva, che condiziona la proponibilità della domanda all’I.N.P.S. (v., Cass. n. 3939 del 2004);
13. la natura previdenziale dell’obbligazione assunta dal Fondo rende inapplicabile la disciplina delle obbligazioni in solido e dunque il termine di prescrizione di un anno non resta interrotto nei confronti del Fondo durante la procedura fallimentare a carico del datore di lavoro (cfr. al riguardo Cass. n. 32 del 2020 e i precedenti ivi richiamati);
14. non si ravvisano, pertanto, i presupposti per la rimessione della causa al Primo presidente, per l’eventuale assegnazione alle Sezioni unite della Corte, per essere risultati ormai superati i difformi orientamenti del giudice della nomofilachia e consolidati i richiamati approdi giurisprudenziali che non danno adito ad una pronuncia a Sezioni unite, a mente dell’art. 374 cod.proc.civ.;
15. in conclusione, l’odierno ricorrente, a fronte di uno stato passivo dichiarato esecutivo in data 11 febbraio 2004, ha notificato il ricorso per decreto ingiuntivo all’I.N.P.S. in data 12 marzo 2010 quando il termine annuale di prescrizione dei crediti azionati era da tempo spirato;
16. la sentenza impugnata va, pertanto, cassata e, per non essere necessari ulteriori accertamenti in fatto, la Corte, decidendo nel merito, accoglie l’opposizione, revoca il decreto opposto;
17. le spese dei gradi di merito si compensano in considerazione del recente consolidarsi dell’affermato indirizzo, quelle del giudizio di legittimità si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie l’opposizione e revoca il decreto opposto; compensa le spese dei gradi di merito e condanna il controricorrente al pagamento delle spese processuali di legittimità liquidate in euro 200,00 per esborsi, euro 2.000,00 per compensi professionali, oltre quindici per cento spese generali e altri accessori di legge.
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