CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 16 marzo 2021, n. 7362

Omissione contributiva – Cartelle di pagamento – Notifica – Termine prescrizionale del credito contributivo – Riscossione

Rilevato che

la Corte d’appello di L’Aquila ha rigettato l’impugnazione proposta da G.M.A. avverso la sentenza di primo grado di rigetto dell’opposizione a diverse intimazioni di pagamento notificate in data 20 settembre 2012, relative a cartelle di pagamento notificate fra l’8.1.2001 e I’8 giugno 2010, e, per quanto ora di interesse, ha dichiarato prescritti per decorso del termine quinquennale i contributi previdenziali di cui alle intimazioni di pagamento n. 08320000027022154 n. 083200300096532329, n. 08320020000236706 e n. 08320040004690051, notificate il 20.9.2012 in quanto tale notifica era intervenuta oltre il quinquennio dall’ultimo atto interruttivo;

a fondamento della decisione la Corte territoriale, richiamato il dictum di Cass. 12263 del 2006 e di altri precedenti, rilevò la prescrizione dei crediti intervenuta dopo la notifica delle cartelle sottese alle citate intimazioni; avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione Equitalia Sud s.p.a sulla base di un motivo illustrato da successiva memoria;

l’INAIL e G.M.A. hanno resistito con controricorso, quest’ultimo ha depositato memoria;

l’INPS non ha svolto attività difensiva, limitandosi a rilasciare procura in calce al ricorso notificato;

Considerato che

Con l’unico motivo di ricorso, la ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma primo n. 3), violazione e falsa applicazione dell’art. 2953 e dell’art. 2946 c.c., in ragione del fatto che la Corte territoriale ha ritenuto applicabile ai fini del computo del termine prescrizionale del credito contributivo il termine quinquennale di cui alla L. n. 335 del 1995, art. 3, commi 9 e 10, senza considerare l’effetto novativo conseguente alla notifica delle cartelle di pagamento che comporterebbe l’applicabilità del termine decennale previsto per l’actio iudicati;

la censura è infondata poiché sui punti contestati la Corte territoriale ha deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza della Corte di legittimità e l’esame dei motivi non offre elementi nuovi rispetto all’elaborazione giurisprudenziale consolidata (ex plurimis Cass. n. 26013 del 29/12/2015, Cass. n. 10327 del 26/04/2017);

soccorre, infatti, il principio di diritto enunciato da questa Corte a Sezioni Unite (Sez. U. n. 23397 del 17/11/2016), secondo il quale: “La scadenza del termine – pacificamente perentorio – per proporre opposizione a cartella di pagamento di cui al D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24, comma 5, pur determinando la decadenza dalla possibilità di proporre impugnazione, produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito contributivo senza determinare anche la cd. “conversione” del termine di prescrizione breve (nella specie, quinquennale, secondo la L. n. 335 del 1995, art. 3, commi 9 e 10) in quello ordinario (decennale), ai sensi dell’art. 2953 c.c.. Tale ultima disposizione, infatti, si applica soltanto nelle ipotesi in cui intervenga un titolo giudiziale divenuto definitivo, mentre la suddetta cartella, avendo natura di atto amministrativo, è priva dell’attitudine ad acquistare efficacia di giudicato;

in linea con il richiamato principio, con riferimento al preteso effetto novativo derivante dalla formazione del ruolo, questa Corte è intervenuta affermando che in tema di riscossione di crediti previdenziali, il subentro dell’Agenzia delle Entrate quale nuovo concessionario non determina il mutamento della natura del credito, che resta assoggettato per legge ad una disciplina specifica anche quanto al regime prescrizionale, caratterizzato dal principio di ordine pubblico dell’irrinunciabilità della prescrizione; pertanto, in assenza di un titolo giudiziale definitivo che accerti con valore di giudicato l’esistenza del credito, continua a trovare applicazione, anche nei confronti del soggetto titolare del potere di riscossione, la speciale disciplina della prescrizione prevista dalla L. n. 335 del 1995, art. 3, invece che la regola generale sussidiaria di cui all’art. 2946 c.c. (Cass. n. 31352 del 04/12/2018), e ciò in conformità alla natura di atto interno all’amministrazione attribuita al ruolo (Cass. n. 14301 del 19/06/2009);

allo stesso modo non assume rilievo il richiamo al D.Lgs. n. 112 del 1999, art. 20, comma 6, che prevede un termine di prescrizione strettamente inerente al procedimento amministrativo per il rimborso delle quote inesigibili, che in alcun modo può interferire con lo specifico termine di  prescrizione previsto dalla legge per azionare il credito nei confronti del debitore (Sez. U. n. 23397 del 17/11/2016, Cass. n. 31352 del 04/12/2018);

in base alle svolte argomentazioni, il ricorso va rigettato: le spese del giudizio vanno compensate posto che la soluzione della questione affermatasi con la sentenza delle Sezioni unite n. 23397 del 2016 è successiva all’epoca di proposizione del giudizio.

P.Q.M.

rigetta il ricorso; dichiara compensate le spese del giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, ove div.