CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 16 marzo 2022, n. 8772
Sicurezza sul lavoro – Omessa formazione ed informazione dei lavoratori – Responsabilità – Trattamento sanzionatorio
Ritenuto in fatto
Con la sentenza in epigrafe indicata il Tribunale di Rovigo ha condannato L.J. alla pena di €. 2.000,00 di ammenda ritenendolo responsabile della contravvenzione di cui all’art. 37 d. Igs. 81/2008 per aver omesso, in qualità di datore di lavoro, di fornire a taluni dipendenti adeguata formazione ed informazione in materia di salute e sicurezza.
Avverso tale sentenza l’imputato ha proposto atto di appello innanzi alla Corte di Appello di Venezia, debitamente riconvertito, in ragione dell’inappellabilità delle sentenze di condanna alla sola pena dell’ammenda ex art. 593, comma 3 cod. proc. pen., in ricorso per cassazione, con il quale lamenta il mancato riconoscimento della causa di non punibilità ex art. 131 bis cod. pen. e l’omessa motivazione in punto di trattamento sanzionatorio determinato in misura superiore al minimo edittale.
Considerato in diritto
Sebbene l’istituto della conversione dei mezzi di impugnazione previsto dall’art. 568, comma 5 cod. proc. pen., ispirato al principio di conservazione degli atti, determini l’automatico trasferimento del procedimento dinanzi al giudice competente per la sua impugnazione secondo le ordinarie norme processuali, ciò non si traduce tuttavia in una deroga alle regole proprie del giudizio di impugnazione correttamente qualificato: l’atto convertito deve avere, infatti, i requisiti di sostanza e di forma propri dell’impugnazione che avrebbe dovuto essere proposta, non consentendo il favor impugnationis deroghe di sorta alle norme che formalmente e sostanzialmente disciplinano i diversi mezzi di gravame (Sez. 4, Sentenza n. 5291 del 22/12/2003 – dep. 10/02/2004, Stanzani, Rv. 227092; Sez. 1, n. 2846 del 08/04/1999 – dep. 09/07/1999, Annibaldi R, Rv. 213835).
Tra i requisiti essenziali previsti a pena di inammissibilità per il ricorso per cassazione rientra, secondo quanto disposto dall’art. 613 1 comma cod. proc. pen., così come novellato dalla L. 23.6.2017 n.103, la sottoscrizione dell’atto, così come delle memorie o motivi nuovi, da parte dei difensori specificamente abilitati, e perciò iscritti all’apposito albo dei professionisti ammessi all’esercizio del patrocinio in sede di legittimità. Su di esso certamente non influisce, secondo quanto univocamente affermato da questa Corte, il principio di conversione del mezzo di impugnazione posto che diversamente opinando verrebbero automaticamente elusi, in favore di chi abbia erroneamente qualificato il ricorso, gli obblighi posti a carico di chi abbia proposto il corretto mezzo di impugnazione, posto in una condizione deteriore rispetto a chi sia incorso nell’errore iniziale (Sez. 3, n. 48492 del 13/11/2013 – dep. 04/12/2013, Scolaro, Rv. 258000; Sez. 4, n. 35830 del 27/06/2013 – dep. 30/08/2013, Hasani, Rv. 256835).
Conseguentemente il ricorso, impropriamente definito come appello, redatto e sottoscritto dall’avv. E.D.L. del foro di Rovigo deve essere dichiarato inammissibile non risultando che costei, fiduciariamente nominata, sia iscritta all’Albo speciale della Corte di Cassazione.
Tenuto conto della sentenza del 13.6.2000 n.186 della Corte Costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che “la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità” all’esito del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento, nonché quello del versamento di una somma, in favore della Cassa delle Ammende, equitativamente fissata come in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 3.000 in favore della Cassa delle Ammende.
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