CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 16 novembre 2018, n. 29594
Riscossione – Cartella di pagamento – Cessione di partecipazione societaria rivalutata – Plusvalenza – Imposta sostitutiva – Regime di tassazione
Rilevato che
Par. 1.1 Ricorso n. 19434/13. L’agenzia delle entrate propone tre motivi di ricorso per la cassazione della sentenza n. 69/02/12 del 18/06/12, con la quale la commissione tributaria regionale della Sicilia, in riforma della prima decisione, ha ritenuto illegittima la cartella di pagamento notificata a M. F. I. in recupero della seconda e terza rata da quest’ultima dovute a titolo di imposta sostitutiva su plusvalenza da cessione di partecipazione societaria rivalutata (art.5 l. 448/01).
La commissione tributaria regionale, in particolare, ha rilevato che:
– la mancata corresponsione delle due rate era stata dalla contribuente motivata con la mancanza della disponibilità finanziaria necessaria;
– tale mancata corresponsione determinava la rinuncia al regime fiscale sostitutivo di favore, e doveva ritenersi ammissibile pur dopo il versamento della prima rata (oggetto di istanza di rimborso dedotta in separato contenzioso), trattandosi di regime opzionale al quale la contribuente aveva aderito a causa di un errore sempre emendabile;
– la revocabilità della istanza di rivalutazione determinava, del resto, l’applicazione di un regime di tassazione più favorevole per l’amministrazione finanziaria.
Par. 1.2 Con il primo motivo di ricorso l’agenzia delle entrate lamenta – ex art. 360, 1A co. n. 3 cod.proc.civ. – violazione e falsa applicazione dell’articolo 5 l. 448/01. Per avere la commissione tributaria regionale affermato il diritto della I. di non versare le rate successive alla prima, nonostante che l’istanza di ammissione al regime sostitutivo agevolato avesse natura non già di dichiarazione di scienza, bensì di opzione negoziale non revocabile (tanto che l’inserimento in dichiarazione dell’importo dovuto a titolo di imposta sostitutiva concretava unicamente una modalità per portare tale opzione negoziale a conoscenza dell’amministrazione finanziaria). Scelta la via del regime sostitutivo, pertanto, non era consentito alla contribuente di retrocedere da essa a favore del regime ordinario di tassazione, con conseguente diritto dell’amministrazione finanziaria non solo di trattenere la prima rata già versata, ma anche di iscrivere a ruolo le rate successive rimaste inadempiute.
Con il secondo ed il terzo motivo di ricorso l’agenzia delle entrate rispettivamente lamenta – ex art. 360, 1A co. nn. 4 e 5 cod.proc.civ. – nullità della sentenza perché connotata da motivazione meramente apparente (secondo motivo), ovvero omessa motivazione circa un punto decisivo di causa (terzo motivo). Per avere la commissione tributaria regionale omesso di esplicitare l’iter logico-giuridico da essa seguito per giungere ad affermare la revocabilità dell’adesione al regime agevolato. Il carattere meramente apparente della motivazione discendeva, in particolare, dal richiamo ad elementi non significativi nel senso indicato dalla commissione tributaria regionale (quali la pacifica facoltatività del regime sostitutivo), ovvero senz’altro estranei alla fattispecie concreta (non risultando che la I. avesse aderito a tale regime per errore).
Par. 2.1 Ricorso n. 21421/14. L’agenzia delle entrate propone un motivo di ricorso per la cassazione della sentenza n. 316/27/13 del 23/12/13, con la quale la commissione tributaria regionale della Sicilia, in riforma della prima decisione, ha ritenuto illegittimo il diniego di rimborso della somma di euro 122.912,00 versata, con modello F24, dalla I. a titolo di prima rata della medesima imposta sostitutiva su plusvalenza di cui si è detto.
Par. 2.2 Con l’unico motivo di ricorso l’agenzia delle entrate ripropone – ex art. 360, 1A co. n. 3 cod.proc.civ. – la su riportata violazione o falsa applicazione di legge, riaffermando in questa sede la propria potestà di trattenere quanto dalla contribuente versato per prima rata.
Par. 3. I due ricorsi (la contribuente si è costituita unicamente nel primo di essi) debbono essere riuniti per connessione sia soggettiva sia oggettiva. Ancorché proposti contro diverse sentenze di appello, essi riguardano infatti le stesse parti e lo stesso rapporto giuridico tributario, involgendo inoltre identica questione di diritto; ancorché con effetti diversi di perdurante debenza delle rate successive alla prima in un caso, e di legittimità della mancata restituzione della prima rata, regolarmente versata, nell’altro.
Par. 4. Essi sono fondati in accoglimento del motivo ex art. 360, co. n. 3 cod.proc.civ..
In forza dell’art. 5 l. 448/01 (Rideterminazione dei valori di acquisto di partecipazioni non negoziate nei mercati regolamentati):
“1. Agli effetti della determinazione delle plusvalenze e minusvalenze di cui all’articolo 81, comma 1, lettere c) e c-bis), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, per i titoli, le quote o i diritti non negoziati nei mercati regolamentati, posseduti alla data del 1 ° gennaio 2002, può essere assunto, in luogo del costo o valore di acquisto, il valore a tale data della frazione del patrimonio netto della società, associazione o ente, determinato sulla base di una perizia giurata di stima, cui si applica l’articolo 64 del codice di procedura civile, redatta da soggetti iscritti all’albo dei dottori commercialisti, dei ragionieri e periti commerciali, nonché nell’elenco dei revisori contabili, a condizione che il predetto valore sia assoggettato ad una imposta sostitutiva delle imposte sui redditi, secondo quanto disposto nei commi da 2 a 7.
2. L’imposta sostitutiva di cui al comma 1 è pari al 4 per cento per le partecipazioni che risultano qualificate, ai sensi dell’articolo 81, comma 1, lettera c), del citato testo unico delle imposte sui redditi, alla data del 1° gennaio 2002, e al 2 per cento per quelle che, alla predetta data, non risultano qualificate ai sensi del medesimo articolo 81, comma 1, lettera c-bis), ed è versata, con le modalità previste dal capo III del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, entro il 16 dicembre 2002. 3. L’imposta sostitutiva può essere rateizzata fino ad un massimo di tre rate annuali di pari importo, a partire dalla predetta data del 16 dicembre 2002. Sull’importo delle rate successive alla prima sono dovuti gli interessi nella misura del 3 per cento annuo, da versarsi contestualmente a ciascuna rata. (…)”.
La disposizione è stata più volte vagliata da questa corte di legittimità, tra il resto, anche sotto lo specifico profilo, qui dedotto, della revocabilità o rinunciabilità, da parte del contribuente, della rivalutazione (di partecipazioni societarie o terreni edificabili).
E l’orientamento interpretativo consolidato che ne è emerso – al quale si intende dare seguito – è nel senso di precludere al contribuente la possibilità di far venir meno (ottenendo il rimborso delle rate versate, ovvero sottraendosi al versamento di quelle ancora dovute) gli effetti della rivalutazione esperita.
I passaggi fondamentali di tale orientamento possono così riassumersi (Cass. 19382/18; 13406/16; 24953/15; 3410/15; 5477/10 ed altre):
– l’opzione per la rideterminazione del costo o valore di acquisto della partecipazione costituisce manifestazione unilaterale di volontà e non si risolve, pertanto, in mera enunciazione di un fatto o in dichiarazione di scienza (tanto che la disposizione in esame non richiede, per il suo perfezionamento, l’inserimento in dichiarazione, quanto la redazione di perizia giurata ed il versamento dell’imposta sostitutiva);
– proprio perché espressione di volontà negoziale, sono a tale opzione applicabili non già i principi generali sulla emendabilità dell’errore in dichiarazione, bensì quelli sulla normale irretrattabilità della manifestazione di volontà negoziale unilaterale pervenuta a conoscenza della controparte (artt.1324, 1334 cod.civ.);
– tale conoscenza, nel caso di specie, si realizza con il versamento per intero dell’imposta sostitutiva del 4% ovvero con il versamento della prima delle tre rate previste alternativamente dalla legge, secondo un regime di consolidamento dell’obbligazione tributaria di portata generale, perché di norma applicabile (salvo diversa previsione di legge, qui mancante) alla materia agevolativa e di condono;
– è proprio per effetto di tale perfezionamento che, come osservato dalla Circolare AE 35/E/2004, il contribuente può avvalersi immediatamente del nuovo valore di acquisto della partecipazione ai fini della determinazione delle plusvalenze di cui all’art. 67 del T.U.I.R., tanto che il contribuente che abbia effettuato il versamento dell’imposta dovuta, ovvero di una o più rate della stessa, non ha diritto al rimborso dell’imposta pagata, né ad essere esentato dai versamenti successivi, quand’anche egli non tenga poi conto, in sede di determinazione delle plusvalenze realizzate per effetto della cessione delle partecipazioni o dei terreni, del valore così rideterminato;
– in conseguenza del perfezionamento della fattispecie rivalutativa, il contribuente inadempiente non ha diritto al rimborso della rata versata e, inoltre, è assoggettato (salve le disposizioni relative al cosiddetto “ravvedimento operoso” di cui all’articolo 13 d.lgs 472/97) al pagamento delle rate successive, i cui importi debbono essere iscritti a ruolo ai sensi degli articoli 10 segg. d.P.R.602/73.
Orbene, nelle sentenze impugnate la commissione tributaria regionale non si è posta in linea con questo indirizzo interpretativo dando, per contro, rilevanza a tre elementi in realtà ininfluenti: la facoltatività del regime di rivalutazione sostitutiva; la normale emendabilità dell’errore dichiarativo; la vantaggiosità della revoca per l’erario.
Quanto al primo elemento, basterà osservare come non fosse qui in discussione la facoltatività dell’adozione del regime di rivalutazione, bensì l’obbligatorietà dei suoi effetti, una volta facoltativamente adottato.
Quanto al secondo elemento, già si è detto come non si verta nella specie di errore nella dichiarazione, bensì di manifestazione di una volontà di contenuto sostanzialmente negoziale; e ciò a tacere del fatto che, in ogni caso, neppure la contribuente aveva affermato che la revoca dalla procedura fosse dipesa da errore essenziale e riconoscibile, piuttosto che da un suo mero ripensamento in ragione del venir meno della liquidità finanziaria necessaria (alla stregua, dunque, di un recesso ad nutum).
Né appariva dirimente, per quanto concerne il terzo argomento, la circostanza che l’abdicazione dal regime agevolato di rivalutazione potesse in ipotesi comportare, in applicazione del regime ordinario di tassazione della plusvalenza, un maggior introito per l’erario; trattandosi di argomento non giuridico, meramente eventuale (perché subordinato alla effettiva cessione della partecipazione), ed inoltre incidente sul generale principio di certezza e stabilità sia del rapporto giuridico tributario in quanto tale, sia delle procedure di definitiva acquisizione delle preventivate entrate pubbliche.
Sussistono, in definitiva, i presupposti per l’accoglimento dei ricorsi riuniti. Poiché non sono necessari ulteriori accertamenti in fatto, né sono state dedotte altre questioni controverse, sussistono i presupposti per la decisione nel merito ex art.384 cod.proc.civ., mediante rigetto dei ricorsi introduttivi della I..
Le spese del presente giudizio di legittimità vengono poste a carico di quest’ultima, con compensazione delle spese dei gradi di merito, stante il consolidarsi soltanto in corso di causa del su riportato orientamento interpretativo.
P.Q.M.
– riunisce il ricorso n. 21421/14 al n. 19434/13, e li accoglie;
– cassa le sentenze impugnate e, decidendo nel merito ex art.384 cod.proc.civ., rigetta i ricorsi introduttivi della contribuente;
– pone le spese del presente giudizio di legittimità a carico di quest’ultima, unitariamente liquidate in euro 7.800,00 oltre spese prenotate a debito; compensa le spese dei giudizi di merito.
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