CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 16 novembre 2020, n. 25907
Tributi – Imposta di registro – Atto di donazione – Rendita vitalizia
Rilevato che
1. – con sentenza n. 2363/16, depositata il 27 aprile 2016, la Commissione tributaria regionale del Lazio ha accolto l’appello dell’Agenzia delle Entrate e, in integrale riforma della decisione di prime cure, ha disatteso l’impugnazione di un avviso di liquidazione emesso per il recupero a tassazione, in misura proporzionale, dell’imposta di registro dovuta su di una rendita vitalizia costituita con atto di donazione del 29 dicembre 2009;
1.1 – a fondamento del decisum, il giudice del gravame ha ritenuto che:
– la donazione, – avente ad oggetto la quota (del 50%) di una farmacia, – era gravata di un onere modale rappresentato dalla costituzione di una rendita vitalizia in favore del donante (dell’importo annuo pari ad € 24.000,00, capitalizzato in € 224.000,00);
– detto onere doveva essere sottoposto a tassazione ai sensi del d.p.r. n. 131 del 1986, art. 46, siccome avente ad oggetto una rendita vitalizia;
2. – per la cassazione della sentenza ricorre il notaio S.M.T., sulla base di un solo motivo, illustrato con memoria;
– resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate.
Considerato che
1. – la ricorrente, ai sensi dell’art. 360, c. 1, n. 3, cod. proc. civ., denuncia violazione e falsa applicazione dì legge in riferimento al d.l. n. 262 del 2006, art. 2, c. 49, conv. in l. n. 286 del 2006, ed al d.p.r. n. 131 del 1986, art. 25 e art. 46, assumendo, in sintesi, che la rendita vitalizia, integrando onere della donazione, e non anche corrispettivo, non poteva essere sottoposta a tassazione per il suo solo oggetto, – che non conseguiva da un atto oneroso costitutivo di un vitalizio, – piuttosto dovendo essere valutata ai fini della riduzione del valore della donazione;
2. – rileva, in via pregiudiziale, la Corte che il riferimento operato dalia ricorrente alla disciplina fiscale degli oneri apposti ad una donazione non integra, diversamente da quanto assume la controricorrente, una non consentita immutazione della domanda (e della relativa causa petendi) in quanto rimane, pur sempre, tra le parti in contestazione il criterio impositivo posto a fondamento dell’atto impugnato (che ha ad oggetto l’imposta di registro) e la deduzione, così svolta (in diritto), opera sul solo piano della (corretta) qualificazione giuridica di fattispecie;
3. – occorre, ancora, premettere che viene all’esame della Corte un contratto tipico di donazione la cui qualificazione non è affatto posta in discussione dalla stessa Agenzia delle Entrate, la cui pretesa impositiva, per l’appunto, si correla ad una siffatta qualificazione, – così delimitando, per causa petendi, l’oggetto del giudizio tributario, che ha natura impugnatoria e rispetto al quale l’Ufficio assume la veste di attore in senso sostanziale (cfr., ex plurimis, Cass., 5 marzo 2020, n. 6208; Cass., 27 giugno 2019, n. 17231; Cass., 2 luglio 2014, n. 15026, in motivazione; Cass., 28 giugno 2012, n. 10806; Cass., 29 ottobre 2008, n. 25909), – ed implica, in tesi, l’autonoma rilevanza dell’onere apposto alla donazione ai fini della tassazione di registro del relativo contenuto dispositivo (ai sensi del d.p.r. n. 131 del 1986, art. 46); e che, pertanto, – in disparte lo stesso ambito regolatorio nel cui contesto si è formato [d.p.r. n. 917 del 1986, artt. 58, c. 1, 86, c. 1 e 2, 109, c. 1 e 2, lett. a)], – rimane estraneo al thema decidendum quell’orientamento interpretativo della Corte secondo il quale, in tema di imposte sui redditi, «è configurabile una plusvalenza tassabile anche nel caso di cessione di azienda … con costituzione di una rendita vitalizia a favore del cedente, ai sensi dell’art. 1872 c.c., posto che essa può costituire il corrispettivo di un’alienazione patrimoniale che, pur assicurando una utilità aleatoria quanto all’ammontare concreto delle erogazioni che verranno eseguite, ha un valore economico agevolmente accertabile con riferimento a calcoli attuariali, secondo criteri riconosciuti dall’ordinamento giuridico; né può essere considerato di ostacolo alla tassazione il rischio di doppia imposizione, essendo la rendita vitalizia assimilabile a fini fiscali al reddito da lavoratore dipendente, in quanto il divieto di doppia imposizione scatta al momento della concreta liquidazione della seconda imposta e solo nel caso in cui l’Amministrazione ritenga di avere diritto a ricevere il doppio pagamento.» (v. Cass., 1 agosto 2019, n. 20746; Cass., 11 maggio 2018, n. 11434; Cass., 13 gennaio 2016, n. 387; Cass., 22 dicembre 2014, n. 27179; Cass., 8 marzo 2013, n. 5886; Cass., 27 gennaio 2012, n. 1175; Cass., 20 maggio 2011, n. 11229; Cass., 11 maggio 2007, n. 10801);
4. – tanto premesso, rileva la Corte che il ricorso è fondato e va senz’altro accolto;
4.1 – il d.p.r. n. 131 del 1986, art. 25, dispone che «Un atto in parte oneroso e in parte gratuito è soggetto all’imposta di registro per la parte a titolo oneroso, salva l’applicazione dell’imposta sulle donazioni per la parte a titolo gratuito»;
– a sua volta, il d.l. n. 262 del 2006, art. 2, c. 49, conv. in l. n. 286 del 2006 (mutuando il previgente contenuto del d.lgs. n. 346 del 1990, art. 56, c. 1) prevede che l’imposta sulle donazioni (sugli atti di trasferimento a titolo gratuito di beni e diritti e sulla costituzione di vincoli di destinazione di beni) è determinata dall’applicazione di predeterminate aliquote «al valore globale dei beni e dei diritti al netto degli oneri da cui è gravato il beneficiario diversi da quelli indicati dall’articolo 58, comma 1, del citato testo unico di cui al decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346 …» (ove, dunque, il citato art. 58, c. 1, ha riguardo agli oneri «che hanno per oggetto prestazioni a soggetti terzi determinati individualmente» e che «si considerano donazioni a favore dei beneficiari.»);
4.2 – la Corte ha già avuto modo di rilevare (v. Cass., 4 maggio 2009, n. 10180; Cass., 30 marzo 2016, n. 6100; Cass., 30 marzo 2016, n. 6099) che il d.p.r. n. 131 del 1986, art. 25, cit. (il cui contenuto è stato mutuato dal d.p.r. n. 634 del 1972, art. 24 e, ancor prima, dal r.d. n. 3269 del 1923, art. 42) costituisce applicazione, – in relazione al principio di alternatività che esso pone tra imposta di registro ed imposta sulle donazioni (v. il d.lgs. n. 346 del 1990, art. 1, c. 4 bis, per una particolare applicazione del principio in questione, con riferimento «alle liberalità indirette risultanti da atti soggetti a registrazione» ed alle «donazioni o … altre liberalità collegate ad atti concernenti il trasferimento o la costituzione di diritti immobiliari ovvero il trasferimento di aziende, qualora per l’atto sia prevista l’applicazione dell’imposta di registro, in misura proporzionale, o dell’imposta sul valore aggiunto»), – del più generale disposto di cui al precedente art. 21 (già r.d. n. 2369 del 1923, cit., art. 9, e d.p.r. n. 634 del 1972, art. 20) che è volto a disciplinare ì criteri di tassazione degli atti «che contengono più disposizioni», ove, dunque, col termine «disposizione» la norma intende riferirsi alla nozione di «”negozio giuridico” (o di provvedimento, ecc) e, quindi, non a quello di obbligazione e tanto meno a quello di mero vincolo obbligatorio» (così Cass., 19 novembre 1987, n. 8508, con riferimento al dpr n. 634 del 1972, art. 20, cui adde Cass., 4 maggio 2009, n. 10180, cit.);
4.3 – al pari quindi della disposizione di cui all’art. 21, cit. (v., ex plurimis, Cass., 11 ottobre 2018, n. 25341; Cass., 23 giugno 2017, n. 15774; Cass., 29 ottobre 2014, n. 22899; Cass., 11 settembre 2014, n. 19245; Cass., 4 maggio 2009, n. 10180), la tassazione (alternativa) dell’atto «in parte oneroso e in parte gratuito», di cui al successivo art. 25, cit., allude al documento (all’atto) che contenga autonomi, e distinti, negozi giuridici, fattispecie negoziali queste che vengono ricondotte, in ragione del rispettivo contenuto, all’imposta di registro, – se onerose e connotate, dunque, da prestazioni in nesso di causalità tra dì loro, quanto a scambio tra vantaggi e sacrifici delle parti, – ed all’imposta sulle donazioni, – se al vantaggio conseguito dall’una parte non corrisponde l’assunzione di un correlativo sacrificio.
4.4 – secondo un risalente, e del tutto consolidato, orientamento della giurisprudenza civile della Corte, la donazione modale (art. 793 cod. civ.) non introduce elementi di corrispettività nella causa liberale del contratto, il modus non potendosi qualificare in termini di corrispettivo costituendo, piuttosto, una modalità del beneficio attribuito e, in senso proprio, una sua limitazione;
– sotto il profilo strutturale, quindi, il modus integra un elemento accessorio della donazione che, – volto al conseguimento dì finalità diverse e ulteriori rispetto al fine liberale della donazione, – non snatura la causa unitaria (liberale) della donazione e non dà vita ad un negozio autonomo con causa propria ovvero ad un negozio complesso nel quale coesistono rapporti a titolo gratuito e a titolo oneroso (v., ex plurimis, Cass., 20 giugno 2014, n. 14120; Cass., 28 giugno 2005, n. 13876; Cass., 22 giugno 1994, n. 5983; Cass., 17 aprile 1993, n. 4560; Cass., 18 dicembre 1986, n. 7679; v., ancora di recente, Cass., 17 gennaio 2019, n. 1039 che, sia pur in tema di comodato gratuito, ribadisce l’inapplicabilità al modus dell’istituto della risoluzione contrattuale in forza di clausola risolutiva espressa, «istituto che, essendo proprio dei contratti sinallagmatici, non può estendersi al negozio a titolo gratuito, cui pure acceda un “modus”»);
4.5 – va, del resto, rimarcato, da un lato, che, – nella stessa disciplina delle donazioni (v. il d.l. n. 262 del 2006, art. 2, c. 49, cit., nonché il previgente d.lgs. n. 346 del 1990, art. 56, c. 1), – la previsione dell’onere opera sul piano della determinazione della base imponibile della donazione modale, – così che quello stesso elemento di fattispecie, una volta destinato ad incidere (riducendolo) sul valore imponibile, non può essere (altrimenti) ritenuto rilevante, e così recuperato, ai fini dell’applicazione della (alternativa) imposta di registro, – e, dall’altro, che, – così com’è inequivoco, in ragione del riferimento ad una base imponibile «costituita dalla somma pagata o dal valore dei beni ceduti dal beneficiario ovvero, se maggiore, dal valore della rendita», – la disposizione di cui al d.p.r. n. 131 del 1986, art. 46, ha ad oggetto il contratto di vitalizio oneroso (art. 1872, c. 1, cod. civ.) cui non è riconducibile la donazione modale cum onere-,
5. – la gravata sentenza va, pertanto, cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito con accoglimento del ricorso introduttivo del giudizio;
– le spese dell’intero giudizio vanno integralmente compensate tra le parti, avuto riguardo alla assoluta novità delle questioni controverse.
P.Q.M.
– accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo la causa nel merito, accoglie l’originario ricorso di S.M.T.;
– compensa integralmente, tra le parti, le spese dell’intero giudizio.
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