CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 16 novembre 2022, n. 33759
Lavoro – Lavoratrice legata da vincolo di coniugio al datore – Configurabilità dell’impresa familiare ex art. 230 bis c.c. – Esclusione – Natura subordinata del rapporto – Sussistenza
Rilevato che
1. la Corte d’appello di Milano ha accolto solo parzialmente il gravame proposto dalla C. s.n.c. di C. M. A. & C., confermando la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato fra A. V. e la predetta società dal gennaio 2012 fino al giugno 2016 e riformando le statuizioni del giudice di prima istanza unicamente nella parte relativa alla condanna al pagamento del compenso per lavoro straordinario, per il quale non si reputava soddisfatto il relativo onere probatorio, con conseguente riduzione del credito riconosciuto in favore della lavoratrice;
2. avverso tale pronuncia la C. s.n.c. di C. M. A. & C. ha proposto ricorso per cassazione affidato ad unico motivo di censura;
4. A. V. non ha svolto attività difensiva;
5. è stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ., ritualmente comunicata unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.
Considerato che
1. con l’unico, articolato, motivo la società ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 2094 e 230 bis cod. civ., nonché difetto di motivazione e omesso esame di un fatto decisivo del giudizio oggetto di discussione fra le parti, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., in relazione al giudizio espresso dal giudice di merito, laddove ha ritenuto che, raggiunta la prova del vincolo di subordinazione ex art. 2094 cod. civ., verrebbe ad essere esclusa la configurabilità dell’impresa familiare ex art. 230 bis cod. civ., risultando la sentenza impugnata ulteriormente erronea nella parte in cui era stata omessa qualsivoglia valutazione circa l’esistenza di elementi idonei a comprovare la sussistenza di un rapporto riconducibile all’impresa familiare nella collaborazione resa dalla V., moglie del titolare della società ricorrente, M. C. e detentrice di quote sociali unitamente ai fratelli, M.C. e M.C., ed alla moglie di quest’ultimo, configurazione peraltro non esclusa inequivocabilmente dall’istruttoria svolta in primo grado;
2. il motivo è infondato, nella parte in cui deduce il vizio di violazione di legge ed inammissibile laddove intende addure il vizio di omesso esame di un fatto decisivo;
3. infatti, secondo l’interpretazione di questa Corte, cui occorre dare continuità, «La sussistenza dell’elemento della subordinazione nell’ambito di un contratto di lavoro va correttamente individuata sulla base di una serie di indici sintomatici, comprovati dalle risultanze istruttorie, quali la collaborazione, la continuità della prestazione lavorativa e l’inserimento del lavoratore nell’organizzazione aziendale, da valutarsi criticamente e complessivamente, con un accertamento in fatto insindacabile in sede di legittimità. Tale principio è applicabile anche in caso di attività svolta da una lavoratrice legata da vincolo di coniugio e di affinità ai titolari della società datrice di lavoro, laddove venga ravvisata l’irrilevanza del vincolo di familiarità rispetto alle concrete modalità della prestazione nel contesto aziendale» (in tal senso Cass. Sez. L, 10/07/2015, n. 14434), mentre «L’impresa familiare ha carattere residuale, come emerge anche dalla clausola di salvaguardia contenuta nell’art. 230 bis c.c., sicché mira a disciplinare situazioni di apporto lavorativo all’impresa del congiunto che, pur connotate dalla continuità, non siano riconducibili all’archetipo della subordinazione e a confinare in un’area limitata il lavoro gratuito» (così Cass. Sez. L, 15/06/2020, n. 11533). In applicazione di tali principi, la sentenza impugnata si sottrae al denunciato vizio di violazione di legge, avendo correttamente condiviso la valutazione del primo giudice in ordine alla sussistenza del rapporto di lavoro subordinato in esito all’istruttoria svolta (indicando puntualmente le fonti di prova, i testi escussi e le relative deposizioni) in base ad indici principali, quali la ricorrenza di poteri direttivi ed organizzativi esercitati nei confronti della V., avvalorati anche da indici sussidiari, quali la continuità della prestazione e la misura fissa della retribuzione, escludendo la configurabilità dell’impresa familiare ex art. 230 bis cod. civ. in ragione del carattere residuale dell’istituto, e ribadendo, conclusivamente, come le deposizioni testimoniali «non lasciano dubbi in ordine alla sussistenza di un rapporto di lavoro ex art. 2094 c.c.»;
4. il motivo è poi inammissibile, quanto al dedotto vizio ex art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., in quanto «ricorre l’ipotesi di “doppia conforme”, ai sensi dell’art. 348 ter, commi 4 e 5, c.p.c., con conseguente inammissibilità della censura di omesso esame di fatti decisivi ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., non solo quando la decisione di secondo grado è interamente corrispondente a quella di primo grado, ma anche quando le due statuizioni siano fondate sul medesimo iter logico-argomentativo in relazione ai fatti principali oggetto della causa, non ostandovi che il giudice di appello abbia aggiunto argomenti ulteriori per rafforzare o precisare la statuizione già assunta dal primo giudice» (in tal senso Cass. Sez. 6-2, 09/03/2022, n. 7724). Nella specie, la Corte territoriale, nel confermare le valutazioni rese in primo grado in ordine alla ravvisata sussistenza del rapporto di lavoro subordinato, ha aggiunto ulteriori argomenti, intesi a rafforzare il convincimento, senza discostarsi dalla linea adottata dal giudice di prima istanza;
5. pertanto, il ricorso va respinto e non vi è luogo a provvedere sulle spese, in difetto di attività difensiva dell’intimata;
6. occorre dare atto, ai fini e per gli effetti indicati da Cass. Sez. U. 20/02/2020, n. 4315, della sussistenza delle condizioni processuali richieste dall’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso art. 13, se dovuto.
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