CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 16 ottobre 2018, n. 25870
Svolgimento di un rapporto di lavoro subordinato – Prestazione di lavoro continuativa e retribuita – Indici della subordinazione – Carattere simulato del rapporto – Accertamento
Rilevato
1. che con sentenza n. 71 depositata il 31.1.14, la Corte d’appello di Ancona ha respinto l’impugnazione proposta dal sig. L., confermando la sentenza di primo grado che aveva accertato lo svolgimento di un rapporto di lavoro subordinato della sig.ra K.L. alle dipendenze del predetto nel periodo da ottobre 2008 a gennaio 2010, e respinto la domanda della lavoratrice di differenze retributive;
2. che la Corte territoriale ha valutato quali idonei indici del rapporto di lavoro subordinato la presenza continuativa della K. presso il bar gestito dal L., anche in assenza del titolare; lo svolgimento da parte della stessa di lavori di pulizia dei locali e di somministrazione di caffè e bibite, con impegno orario dal primo mattino fino a mezzogiorno; l’erogazione da parte del titolare in favore della K. di somme di denaro con cadenza mensile;
3. che ha sottolineato come non fosse stato dedotto alcun titolo alternativo a giustificazione della prestazione di lavoro continuativa e retribuita resa dalla K. e come non risultassero elementi atti a deporre per il carattere simulato del rapporto;
4. che avverso tale sentenza il sig. L. ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo articolato in violazione di legge, error in procedendo e omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa punti decisivi della controversia;
5. che la sig.ra K. è rimasta intimata;
6. che il Pubblico Ministero ha depositato le conclusioni scritte, ai sensi dell’art. 380 bis.1. c.p.c.;
Considerato
7. che con l’unico motivo di ricorso il sig. L. ha censurato la sentenza per avere desunto, dalla presenza continuativa della K. nel bar e dalla corresponsione alla stessa di somme di denaro, l’esistenza di un rapporto di lavoro, senza considerare il carattere instabile di detta presenza, le finalità non lavorative della stessa, la causale meramente affettiva della consegna di denaro; ha sottolineato come la prova dell’attività di mescita di caffè e bibite da parte della stessa poggiasse su deposizioni testimoniali di persone legate alla K. e non attendibili;
8. che il motivo di ricorso risulta inammissibile;
9. che, anzitutto, la censura di violazione e falsa applicazione di legge di cui all’art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c., così come formulata, è priva della necessaria specificità in quanto tale vizio va dedotto, a pena di inammissibilità, non solo con l’indicazione delle norme di diritto asseritamente violate ma anche mediante la specifica indicazione delle affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata che motivatamente si assumano in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie e con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina, così da prospettare criticamente una valutazione comparativa fra opposte soluzioni, non risultando altrimenti consentito alla S.C. di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il fondamento della denunziata violazione (Cass. n. 287 del 2016; Cass. n. 635 del 2015; Cass. n. 25419 del 2014; Cass. n. 16038 del 2013; Cass. n. 3010 del 2012);
10. che, peraltro, il vizio di violazione o falsa applicazione di norme di diritto, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., ricorre o non ricorre a prescindere dalla motivazione posta dal giudice a fondamento della decisione, per l’esclusivo rilievo che, in relazione al fatto accertato, la norma non sia stata applicata quando doveva esserlo, ovvero sia stata applicata in assenza dei presupposti, ovvero sia stata applicata a fattispecie estranee al suo ambito di previsione (cfr. Cass. n. 26307 del 2014; Cass. n. 22348 del 2007); sicché il processo di sussunzione, nell’ambito del sindacato sulla violazione o falsa applicazione di una norma di diritto, presuppone la mediazione di una ricostruzione del fatto incontestata, al contrario del sindacato ai sensi dell’art. 360, primo comma n. 5 c.p.c., che invece postula un fatto ancora oggetto di contestazione tra le parti, come nella specie;
11. che nella fattispecie in esame, le censure mosse dal ricorrente investono tutte la valutazione delle prove come risultante dalla motivazione che si assume quindi contraddittoria e carente, e peraltro non si conformano neanche al modello legale del nuovo art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c. applicabile ratione temporis;
12. che, in particolare, le censure riguardano l’erronea valutazione delle prove testimoniali e dei criteri fondanti la prova presuntiva, ma non denunciano neanche implicitamente o indirettamente l’omesso esame di un fatto storico decisivo, come richiesto ai fini del vizio motivazionale, (Cass., S.U., n. 8053 del 2014);
13. che, per le considerazioni svolte, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile;
14, che non vi è luogo a provvedere sulle spese poiché la sig.ra K. è rimasta intimata;
15. che il ricorrente, in quanto ammesso al patrocinio a spese dello Stato nel procedimento dinanzi alla Corte di Cassazione, non è tenuto al versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato previsto dall’art. 13, comma 1 quater, D.p.r. n. 115 del 2002 (Cass. n. 18523/2014).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, introdotto dall’art. 1, comma 17, della L. 24 dicembre 2012 n. 228, dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis del medesimo art. 13.
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