CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 16 settembre 2021, n. 25025
Tributi – Accertamento – Operazioni infragruppo – Transfer pricing – Determinazione del valore dei beni – Metodo comparativo – Illegittimità
Rilevato che
L’Agenzia delle entrate notificò alla N.I. s.r.l. avviso di accertamento, avente a oggetto un maggior reddito imponibile, ai fini IRES, IRAP e IVA per l’anno di imposta 2006, fondato su tre rilievi:
con il primo venne rettificato in diminuzione, ai sensi dell’art.110, settimo comma, del TUIR (transfer price) il costo sostenuto per l’acquisto di vari prodotti di mailing dalla società madre francese;
con il secondo venne rettificato, ai sensi dell’art.109 quinto comma TUIR il costo sostenuto per le royalties pagate, per l’utilizzo del marchio N., alla società madre francese, perché ritenuti non inerenti;
con il terzo, infine, vennero rettificati in diminuzione i due terzi delle royalties pagate per servizi resi dalla società madre francese, sempre, perché non ritenuti inerenti.
Il ricorso proposto dalla Società avverso l’atto impositivo venne rigettato dalla Commissione tributaria provinciale di Milano e la decisione, appellata dalla contribuente, è stata, integralmente, confermata dalla Commissione tributaria regionale della Lombardia (d’ora in poi, per brevità, C.T.R.), con la sentenza indicata in epigrafe.
Avverso la sentenza la N.I. s.r.l. ha proposto ricorso su cinque motivi.
Con istanza, depositata il 3 agosto 2020, la Società ha dedotto l’esistenza di un giudicato esterno.
Avviato il ricorso all’adunanza camerale del 15.12.2020, la ricorrente, che nelle more ha mutato la denominazione sociale in Q.I. s.r.l., depositava memoria ribadendo l’eccezione di giudicato esterno.
Questa Corte disponeva la rinnovazione della notificazione del ricorso all’Agenzia delle entrate la quale, adempiuto l’incombente da parte della Società, resisteva con controricorso.
Il ricorso è stato, quindi, avviato, ai sensi dell’art.380 bis-1 cod. proc.civ., alla trattazione in camera di consiglio, in prossimità della quale la ricorrente ha depositato memoria con la quale ha reiterato l’eccezione di un pregiudiziale giudicato esterno.
Considerato che
1. Con il primo motivo di ricorso, si deduce, in relazione all’art.360, primo comma, num.4 cod.proc.civ., la violazione del principio tra chiesto e pronunciato ex art.112 cod. proc.civ.
In particolare, la ricorrente lamenta che il Giudice di appello non avrebbe pronunciato su due eccezioni della difesa, costituenti oggetto di specifici motivi di appello e relative, la prima, alla nullità dell’avviso di accertamento per vizio motivazionale dovuto alla omessa allegazione del P.V.C. e, la seconda, alla violazione degli artt.3 della legge n.241/1990, 7 della legge n.212/2000 e 56 del d.P.R. 633/1972, in quanto la motivazione dell’avviso di accertamento, con riguardo alla inerenza dei costi delle royalties, era ambigua e contraddittoria.
1.1. La censura è inammissibile. Per giurisprudenza consolidata di questa Corte (v. Cass n.6014 del 13/03/2018; Sez. Un. n.34469 del 27/12/2019) <<la deduzione con il ricorso per cassazione di “errores in procedendo”, in relazione ai quali la Corte è anche giudice del fatto, potendo accedere direttamente all’esame degli atti processuali del fascicolo di merito, non esclude che preliminare ad ogni altro esame sia quello concernente l’ammissibilità del motivo in relazione ai termini in cui è stato esposto, con la conseguenza che, solo quando ne sia stata positivamente accertata l’ammissibilità diventa possibile valutare la fondatezza del motivo medesimo e, dunque, esclusivamente nell’ambito di quest’ultima valutazione, la Corte di cassazione può e deve procedere direttamente all’esame ed all’interpretazione degli atti processuali>> (In applicazione di questo principio, la S.C. ha affermato che il ricorrente, ove censuri la statuizione della sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto inammissibile la domanda principale ed omesso di pronunciarsi su quella subordinata, ha comunque l’onere di riprodurre gli atti e documenti del giudizio di merito nei loro passaggi essenziali alla decisione e di precisare l’esatta collocazione dei documenti nel fascicolo d’ufficio al fine di renderne possibile l’esame nel giudizio di legittimità).
1.2. Nel caso in esame, nel silenzio sul punto della sentenza impugnata, la ricorrente si limita a enunciare per sintesi, nel corpo del ricorso destinato alla descrizione nel fatto della vicenda processuale, I motivi di appello, senza trascriverne, neppure per stralci idonei allo scopo, il contenuto né tanto meno ne offre l’allegazione.
Peraltro, va osservato che, per altrettanto consolidata giurisprudenza di questa Corte ribadita, di recente, tra le altre, da Cass. n. 12652 del 25/06/2020, il giudice non è tenuto ad occuparsi espressamente e singolarmente di ogni allegazione, prospettazione ed argomentazione delle parti, risultando necessario e sufficiente, in base all’art. 132, n. 4, c.p.c., che esponga, in maniera concisa, gli elementi In fatto ed in diritto posti a fondamento della sua decisione, e dovendo ritenersi per implicito disattesi tutti gli argomenti, le tesi e i rilievi che, seppure non espressamente esaminati, siano incompatibili con la soluzione adottata e con l'”iter” argomentativo seguito. Ne consegue che il vizio di omessa pronuncia – configurabile allorché risulti completamente omesso il provvedimento del giudice indispensabile per la soluzione del caso concreto – non ricorre nel caso in cui, seppure manchi una specifica argomentazione, la decisione adottata in contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte ne comporti il rigetto.
2 Con il secondo motivo, si deduce, in relazione all’art.360, primo comma, n.3 cod.proc.civ., la violazione e falsa applicazione dell’art.110, secondo comma, e dell’art. 9, terzo comma, del TUIR nonché dell’art.9 della Convenzione Italia-Francia per evitare la doppia imposizione, ratificata con legge n.20/1992.
Secondo la prospettazione difensiva, la C.T.R., avallando l’operato dell’Ufficio che aveva individuato, nell’accertamento in tema di transfer price, nella società P.B.I. s.r.l. il soggetto comparabile, aveva violato e falsamente applicato la normativa di riferimento in quanto tale Società, facente parte anch’essa di un gruppo multinazionale, non poteva considerarsi un soggetto “indipendente” operante in un libero mercato.
3 Con il terzo motivo – rubricato: omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio ovvero (se si considera applicabile la riforma di cui al D.L. 83/2012 alla materia tributaria), omesso esame di un fatto decisivo che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art.360, co. 1, n.5, c.p.c.- la ricorrente, in relazione al metodo del confronto effettuato dall’Ufficio tra i prodotti N. e quelli del soggetto comparabile individuato dall’Ufficio, lamenta che la C.T.R., pur a fronte dell’esplicazione, in relazione a ciascuna categoria di prodotto scambiato, di una serie dettagliata e tecnica di contestazioni della correttezza del metodo di comparazione, si sia limitata a riportarsi genericamente a una generica argomentazione della prima sentenza.
4. Con il quarto motivo si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 111 della Cost., 132 c.p.c. e 36 del d.P.R. 546/92 nonché un’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, ovvero, l’omesso esame di un fatto decisivo, in relazione all’art.360, co. 1, nn. 3 e 5 c.p.c.
In ordine al secondo rilievo, relativo alla ripresa a tassazione delle royalties pagate per l’utilizzo del marchio N., la ricorrente censura il capo della sentenza che aveva confermato la sentenza di primo grado, rigettando tutte le eccezioni sollevate dalla Società, facendo riferimento generico, e sganciato dalla reale fattispecie e dagli elementi probatori offerti, a dei paragrafi del rapporto OCSE. Inoltre la C.T.R., sempre secondo la prospettazione difensiva, non aveva preso in considerazione un aspetto fondamentale della vicenda e cioè che la Società svolgeva anche attività di produzione di beni ai quali era stato apposto il marchio N., con conseguente inerenza del costo relativo all ‘utilizzo del marchio in questione. La motivazione della sentenza, ricopiata per stralci inconferenti rispetto alla fattispecie, era, inoltre, da considerare illegittima per violazione degli artt. 111 Cost., 132 cod.proc.civ.e 36 del d.P.R.n.546/92.
5. La violazione di dette norme oltre che il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, ovvero di omesso esame di un fatto decisivo, in relazione all’art.360, primo comma, n.5 cod.proc.civ., sono dedotti, infine, con il quinto motivo di ricorso, con riferimento al capo di sentenza che si è occupato del terzo rilievo contenuto nell’avviso impugnato, ovvero la non inerenza dei costi delle royalties pagate dalla N.I. s.r.l. alla società madre francese per i servizi resi in virtù del contratto “G.A.A.”
La motivazione resa al proposito dal Giudice di appello, secondo la prospettazione difensiva, richiamerebbe genericamente la decisione di primo grado e farebbe riferimento a istituti (transfer price e sharing di costi infragruppo) del tutto avulsi rispetto a quello (non inerenza) su cui l’Ufficio aveva fondato il rilievo.
6. Con la memoria depositata in data 26.10.2020, il cui contenuto risulta trascritto nell’atto con il quale si è provveduto alla rinnovazione della notificazione del ricorso, la Società, che nel frattempo ha mutato la denominazione in Q.I. s.r.l., ha eccepito l’esistenza di un giudicato esterno, formatosi nelle more, sulle questioni controverse nel presente giudizio, costituito dalla sentenza n.5501/11/17, depositata il 19 dicembre 2017, resa dalla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia tra le stesse parti, per la diversa annualità 2010, notificata e passata in cosa giudicata, come da attestazione rilasciata in calce, in data 20 gennaio 2021, dal Segretario della C.T.R. della Lombardia.
In particolare, secondo la prospettazione difensiva, in virtù del dedotto giudicato, estensibile all’odierno giudizio, andrebbero annullati il primo rilievo, avendo la C.T.R. lombarda accertato l’illegittimità della comparazione dei prezzi in quanto effettuata con soggetto non indipendente e, anche il secondo, relativo alla indeducibilità delle royalties per l’uso del marchio, in quanto anch’esso fondato su una comparazione illegìttima, fatti oggetto rispettivamente del secondo e del quarto motivo di ricorso.
6.1. L’eccezione, contrariamente a quanto dedotto dalla controricorrente, è, innanzi tutto, ammissibile, essendo pacifico, nella giurisprudenza di questa Corte, che il giudicato esterno è rilevabile in sede di legittimità, anche qualora risulti da atti che siano stati prodotti per la prima volta in cassazione, ed anche nel termine fissato dall’art. 378 cod. proc. civ. per il deposito di memorie illustrative (come nella specie), purché il documento nuovo, costituito dalla sentenza passata in giudicato, si sia formato dopo l’esaurimento dei gradi di merito.
6.2. In ordine, poi, alla rilevanza del giudicato esterno in materia tributaria è, altrettanto, consolidato l’orientamento secondo cui <<in materia tributaria, l’effetto vincolante del giudicato esterno, in relazione alle imposte periodiche, è limitato ai soli casi in cui vengano in esame fatti che, per legge, hanno efficacia permanente o pluriennale, producendo effetti per un arco di tempo che comprende più periodi di imposta, o nei quali l’accertamento concerne la qualificazione di un rapporto ad esecuzione prolungata; né il diritto dell’Unione europea, così come costantemente interpretato dalla Corte di Giustizia, impone al giudice nazionale di disapplicare le norme processuali interne da cui deriva l’autorità di cosa giudicata di una decisione, con riguardo al medesimo tributo, in relazione ad un diverso periodo di imposta, nemmeno quando ciò permetterebbe di porre rimedio – ad una violazione del diritto comunitario da parte di tale decisione, salvo le ipotesi, assolutamente eccezionali, di discriminazione tra situazioni di diritto comunitario e situazioni di diritto interno, ovvero di pratica impossibilità o eccessiva difficoltà di esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento comunitario ovvero di contrasto con una decisione definitiva della Commissione europea emessa prima della formazione del giudicato.» (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 31084 del 28/11/2019, Rv. 656084 – 01; conforme Cass. Sez. 5, Sentenza n. 25516 del 10/10/2019, Rv. 655438 – 01 e Cass. Sez. 5, Sentenza n. 21824 del 07/09/2018, Rv. 650505 – 01).
6.3. Nel caso in esame, la sentenza, della quale si invoca l’autorità di cosa giudicata, per analogo accertamento rispetto oggetto della presente controversia ma relativo all’anno di imposta 2010, nel valutare il metodo comparativo utilizzato dall’Ufficio, al fine della determinazione del valore normale di cui all’art.110, comma 7, del T.U.I.R., ha espressamente accertato e statuito che la P.B.I. s.r.l,, facendo anch’essa riferimento a politiche di prezzi di trasferimenti da parte del suo Gruppo, non poteva essere per definizione un “soggetto indipendente” con il quale effettuare la comparazione e che, pertanto, risulta del tutto arbitrario, nel confronto tra le due imprese, asserire che il prezzo praticato da una delle due è quello di mercato mentre l’altro non lo è.
6.4. Si tratta di statuizione che investe l’illegittimità del metodo (o, meglio, l’individuazione del soggetto di comparazione) utilizzato dall’Ufficio che costituisce presupposto comune dei due accertamenti, relativi a diversi anni di imposta, con la conseguenza che, alla luce dei principi sopra illustrati, tale giudicato esplica efficacia vincolante anche nell’odierno giudizio.
6.5 La medesima efficacia deve ritenersi esplicarsi con riguardo anche alla ripresa a tassazione delle royalties corrisposte alla casa madre francese per l’utilizzo del marchio N.. Infatti, anche tale rilievo risulta fondato sulla comparazione tra la N. Italia s.r.l. e la P.B.I. s.r.l. e la sentenza regiudicanda con accertamento in fatto, estensibile alla presente controversia, traendo origine dall’interpretazione del medesimo contratto, contestato dagli accertatori anche in questo giudizio, ha espressamente statuito, compiendo l’esame dell’attività di branding da parte della casa madre e delle differenze tra la ragione sociale della N.I. s.r.l. e il marchio registrato, che tale concessione avesse un contenuto che potesse essere legittimamente licenziato.
6.6. Ne consegue che, in virtù dell’efficacia vincolante del giudicato esterno, la sentenza impugnata va, su tali capi, cassata.
7. Rimane l’esame del quinto motivo di ricorso afferente il terzo rilievo con cui sono stati ritenuti dall’Ufficio parzialmente (nella misura dei due terzi) non inerenti i costi pagati dalla N.I. s.r.l. alla società madre francese per i servizi resi in virtù del contratto “G.A.A.”.
7.1. Premesso che al ricorso in esame è applicabile, giusta l’insegnamento di Sezioni Unite n.8053 del 7 aprile 2014, l’attuale disposto dell’art.360, primo comma, num.5 cod.proc.civ. per essere stata la sentenza impugnata depositata il 10 luglio 2013, il motivo è infondato.
Il capo della sentenza impugnata così recita: anche con riguardo ai terzo e ultimo rilievo, relativo ad alcuni costi sostenuti per servizi vari resi dalla casa madre, la sentenza di prime cure va confermata. E’ nuovamente l’impianto probatorio offerto dalle parti a confermare la correttezza della ripresa. La genericità delle argomentazioni, l’assenza di documentazione idonea ai fini della documentabilità delle politiche di transfer pricing e di sharing di costi infragruppo, non sono idonee a provare l’inerenza, la congruità ed il vantaggio per l’affiliata dei servizi, ovvero dei requisiti necessari per la deduzione delle spese infragruppo.
7.2. In materia, le Sezioni Unite di questa Corte con la citata n.8053/2014 hanno statuito i seguenti principi <<La riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione>>; <<L’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., riformulato dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciarle per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni degli artt. 366, primo comma, n. 6, e 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ. il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie. >>
7.3. Nel caso in esame, la motivazione, seppure stringata, esiste ed è operata, legittimamente, per relationem alla sentenza di primo grado, mentre con il mezzo di impugnazione neppure si individua il fatto storico il cui esame sarebbe stato omesso dal Giudice di appello.
8. In conclusione, rigettato il primo e il quinto motivo di ricorso, accolti, in virtù del giudicato esterno vincolante sopra indicato, il secondo, terzo e quarto motivo di ricorso, la sentenza impugnava va cassata, nei termini di cui in motivazione, con rinvio alla C.T.R. della Lombardia, in diversa composizione, cui si demanda di provvedere anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie, nei termini di cui in motivazione, il secondo, terzo e quarto motivo del ricorso, rigettati il primo e il quinto.
Cassa, nei limiti dei motivi accolti, la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
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