CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 16 settembre 2021, n. 25079
Tributi – Accertamento – Commercio di materiali ferrosi – Operazioni oggettivamente inesistenti – Accertamento della natura fittizia del fornitore
Rilevato
che l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione nei confronti di una sentenza CTR Emilia Romagna, di rigetto dell’appello proposto avverso una sentenza CTP Piacenza di accoglimento del ricorso proposto dalla contribuente s.p.a. “G.R.”, operante nel settore del commercio di materiali ferrosi, avverso due avvisi di accertamento IRES, IVA ed IRAP anni 2007 e 2008; secondo l’Agenzia delle entrate, le operazioni di fornitura di materiale ferroso, effettuate dalla s.r.l. “E.”, erano oggettivamente inesistenti, con conseguente disconoscimento, ai fini IRES, IVA ed IRAP 2007 e 2008, delle fatture emesse da tale ultima società nei confronti della società intimata; secondo la CTR invece, tale ultima società aveva adeguatamente provato la veridicità ed effettività delle forniture ad essa fatturate dalla s.r.l. “E.”;
Considerato
che il ricorso è affidato ad un unico motivo, con il quale l’Agenzia delle entrate lamenta violazione e falsa applicazione artt. 2697, 2727 e 2729 cod. civ., 19 comma 1 e 54 comma 2 d.P.R. n. 633 del 1972, nonché dei principi indicati dalla Corte di Giustizia delle Comunità Europee con le sentenze del 12 gennaio 2006 e 6 luglio 2006, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 cod. proc. civ.; nella specie, le operazioni fatturate erano state disconosciute siccome oggettivamente inesistenti, con conseguente inesistenza ed indeducibilità dei relativi costi; in tali ipotesi, l’onere gravante sulla società contribuente, di provare l’effettiva esistenza delle operazioni contestate, non poteva ritenersi adempiuto con l’esibizione delle fatture o con la sola dimostrazione della regolarità formale delle scritture contabili o dei mezzi di pagamento adoperati, essendo dette formalità normalmente utilizzate proprio al fine di fare apparire reali operazioni fittizie; nella specie era stato accertato che la società fornitrice (la s.p.a. “E.”) aveva ricevuto fatture da società fantasma, concernenti forniture di metalli ferrosi mai effettuate; in un momento successivo, le medesime prestazioni erano state fatturate dalla medesima società ad altre società, fra le quali appunto l’intimata s.p.a. “G.R.”, peraltro utilizzando una ditta trasportatrice completamente sconosciuta al fisco; in realtà la CTR aveva unicamente valutato se la società intimata, utilizzatrice delle fatture, avesse o meno operato secondo l’ordinaria diligenza; il che non era sufficiente, atteso che le riprese a reddito erano state effettuate dall’ufficio in quanto le operazioni riportate nelle fatture erano oggettivamente inesistenti e la fornitrice s.p.a. “E.” si era rivelata una mera società filtro, inserita in un articolato meccanismo di emissione ed utilizzazione di fatture false; non era quindi idoneo ad escludere la fittizietà delle operazioni il rispetto solo formale delle norme fiscali e l’apparente regolarità delle annotazioni contabili;
che l’intimata si è costituita con controricorso;
che l’unico motivo di ricorso proposto dall’Agenzia delle entrate è fondato;
che, invero, secondo la giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. n. 8919 del 2020; Cass. n. 17619 del 2018; Cass. n. 18118 del 2016; Cass. n. 28683 del 2015; Cass. n. 6973 del 2015), le fatture costituiscono normalmente titolo, in forza del quale il contribuente può detrarsi l’IVA e dedursi i costi in esse annotate;
e spetta all’ufficio dimostrare il difetto delle condizioni per l’insorgenza di tale diritto; e la relativa prova può essere fornita anche mediante elementi indiziari e presuntivi, atteso che la prova presuntiva non può collocarsi su di un piano gerarchicamente subordinato rispetto alle altre fonti di prova e costituisce anch’essa una prova completa, alla quale il giudice di merito può attribuire rilevanza anche in via esclusiva, ai fini della formazione del proprio convincimento (cfr. Cass. n. 9108 del 2012); pertanto, l’ufficio, qualora ritenga che le fatture concernano operazioni oggettivamente inesistenti, siano cioè mere espressioni cartolari di operazioni commerciali mai poste in essere e contesti pertanto sia l’indebita detrazione dell’IVA, sia la deduzione dei relative costi, è tenuto a provare che le operazioni fatturate non siano mai state effettuate, potendo allegare, a tal fine, anche elementi meramente indiziari; ed a tal punto sarà il contribuente tenuto a dimostrare l’effettiva esistenza delle operazioni contestate; tale ultima prova non può tuttavia consistere nella mera esibizione delle fatture, ovvero nella dimostrazione delle regolarità formale delle scritture contabili o dei mezzi di pagamento, essendo questi ultimi facilmente falsificabili ed essendo normalmente utilizzati proprio allo scopo di far apparire reali operazioni che tali non sono; con specifico riferimento all’IVA, inoltre, in caso di operazioni oggettivamente inesistenti, il diritto alla detrazione dell’imposta non può certo farsi discendere dal solo fatto dell’avvenuta corresponsione dell’imposta formalmente indicata nelle fatture, richiedendosi altresì l’inerenza dell’operazione all’impresa, inerenza da ritenersi mancante nel caso di IVA corrisposta per operazioni inesistenti, inidonee per loro natura a giustificare pagamenti a titolo di rivalsa, trattandosi di costi non inerenti all’attività d’impresa ed anzi potenziali espressioni di detrazioni verso finalità ulteriori e diverse, tali da rompere il citato ed indispensabile nesso di inerenza;
che, nella specie, la CTR non ha fatto corretta applicazione degli enunciati principi di diritto, avendo la medesima fondato la propria decisione su circostanze meramente formali; avendo essa rilevato la regolarità formale delle scritture contabili;
avendo fatto presente che la società intimata aveva prodotto la corrispondenza commerciale intercorsa con la s.p.a. “E.”, le copie dei pagamenti avvenuti, tutti effettuati con bonifici bancari, le scritture di magazzino comprovanti la contabilizzazione del materiale acquistato, nonché il dettaglio delle rimanenze finali di detto materiale, non completamente utilizzato negli anni di riferimento;
che la sentenza impugnata ha tuttavia omesso di motivare in ordine ad una circostanza centrale ed essenziale, pur fatta presente dall’Agenzia delle entrate nel suo appello, citato per stralci in ossequio al principio dell’autosufficienza del ricorso, essere cioè la fornitrice s.p.a. “E.” una costruzione fittizia, messa in piedi al solo scopo di commettere gravi illeciti fiscali, avendo la gdf accertato la totale falsità delle fatture da essa emesse a monte, fatture sulla cui base sono state poi emesse quelle concernenti la società intimata, ed aventi ad oggetto le medesime forniture di materiale ferroso, peraltro movimentate da trasportatori rivelatisi inesistenti;
che, pertanto, il ricorso proposto dall’Agenzia delle entrate va accolto e la sentenza impugnata va cassata, con rinvio alla CTR Emilia Romagna in diversa composizione, anche per le spese del presente grado di giudizio;
P.Q.M.
accoglie in ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR Emilia Romagna in diversa composizione, anche per le
spese del presente giudizio di legittimità.
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