CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 16 settembre 2021, n. 25157
Tributi – Contenzioso tributario – Notifica dell’appello tramite posta privata – Nullità della notifica sanabile per raggiungimento dello scopo dovuto alla costituzione del destinatario
Rilevato che
1. la Commissione tributaria regionale (“C.T.R.”) della Campania, sezione staccata di Salerno, ha accolto, con la sentenza menzionata in epigrafe, dopo averli riuniti, gli appelli proposti dall’Agenzia delle entrate e da E.P. S.p.a., avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale (“C.T.P.”) di Avellino che aveva accolto l’opposizione del contribuente, in qualità di socio coobbligato della D.C. S.n.c., di otto cartelle di pagamento, per tasse automobilistiche, IRPEF, IRAP, per varie annualità, fondata su vizi propri delle cartelle e sull’inesistenza dei crediti erariali;
2. la C.T.R., nel contraddittorio di tutte le parti, ha accolto gli appelli dell’ufficio e di Equitalia non ravvisando né i dedotti vizi formali delle cartelle (come, per esempio, quello di omessa indicazione del responsabile del procedimento, di apposizione della relata di notifica sul frontespizio anziché in calce alle cartelle), né i vizi di notifica degli stessi atti di riscossione che, invece, erano stati riconosciuti dal primo giudice;
3. il contribuente ha proposto ricorso, con tre motivi, avverso la decisione di appello; l’Agenzia delle entrate ha depositato un mero “atto di costituzione”, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 370, primo comma, ultima parte, cod. proc. civ.; Equitalia è rimasta intimata;
Considerato che
1. con il primo motivo di ricorso [«1) Primo mezzo: (art. 360 n. 3). Violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 4 d.lgs 261/99, così come modificato dal d.lgs 58/2011 di recepimento della direttiva 2008/6/CE, che a sua volta ha modificato la direttiva 97/67/CE, art. 4 e 5; nonché violazione e falsa applicazione della l. 890/1982 in combinato disposto con gli artt. 140 e 149 c.p.c. e con l’art. 2699 c.c. – Rilevabilità d’ufficio, in ogni stato e grado del processo, dell’eccezione di inammissibilità dell’appello per inesistenza della notifica perché effettuata a mezzo posta privata.»], si censura la sentenza impugnata per non essersi pronunciata sull’eccezione sollevata dal contribuente/appellato all’udienza di discussione in punto di inesistenza della notifica dell’atto di appello di E.S. Spa a mezzo di posta privata, anziché tramite il fornitore del servizio postale universale;
2. con il secondo motivo [«2) Secondo mezzo: (art. 360 n. 3). Violazione e falsa applicazione del combinato disposto dell’art. 1, comma 2, dell’art. 16, comma 3; dell’art. 20, comma 1 e comma 2; dell’art. 22, comma 1, comma 2 e comma 3; dell’art. 4; dell’art. 10, dell’art. 53, comma 2 del d.lgs n. 546/1992, nonché dell’art. 331 c.p.c. – Rilevabilità d’ufficio in ogni stato e grado del processo»], si censura la sentenza impugnata per non avere dichiarato inammissibile l’appello dell’Agenzia delle entrate, che non era stato notificato a E.S. S.p.a., quale litisconsorte necessario, ma soltanto al contribuente;
3. con il terzo motivo [«3) Terzo mezzo: (art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c.). Omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.»], il ricorrente assume che il giudice di primo grado aveva statuito che il concessionario della riscossione non aveva dato prova della notifica delle cartelle e dei ruoli e che E.S. S.p.a., quale motivo di appello, aveva sostenuto che, avanti alla Commissione provinciale, aveva esibito gli avvisi di accertamento delle relative raccomandate. Ciò premesso, il contribuente censura la sentenza impugnata per omessa pronuncia su tale motivo di appello (il quarto motivo) e ne trae la conseguenza che, non avendo Equitalia prodotto, nel corso del giudizio di merito, alcun documento idoneo a giustificare la propria pretesa creditoria, ciò determinava l’inesistenza di tutti gli atti impugnati, che il giudice di appello avrebbe dovuto rilevare;
4. il primo motivo è infondato;
la C.T.R. ha accolto gli appelli dell’ufficio e di Equitalia e, pertanto, ha implicitamente disatteso l’eccezione, formulata in extremis (all’udienza di discussione) dalla parte privata, di inesistenza della notifica dell’appello di Equitalia ad essa diretto perché effettuata a mezzo di operatore di posta privata. Una simile conclusione è in linea con l’insegnamento delle Sezioni unite (Cass. Sez. U., 10/01/2020, n. 299; conf.: Cass. 12/11/2020, n. 25521), secondo cui «In tema di notificazioni di atti processuali, posto che nel quadro giuridico novellato dalla direttiva n. 2008/6/CE del Parlamento e del Consiglio del 20 febbraio 2008 è prevista la possibilità per tutti gli operatori postali di notificare atti giudiziari, a meno che lo Stato non evidenzi e dimostri la giustificazione oggettiva ostativa, è nulla e non inesistente la notificazione di atto giudiziario eseguita dall’operatore di posta privata senza relativo titolo abilitativo nel periodo intercorrente fra l’entrata in vigore della suddetta direttiva ed il regime introdotto dalla l. n. 124 del 2017.». La stessa pronuncia ha anche chiarito che tale nullità dell’attività notificatoria, che ne esclude l’inesistenza, è sanabile per raggiungimento dello scopo dovuto alla costituzione del destinatario della notifica, ed è esattamente quanto è accaduto, in questa vicenda processuale, in sede di giudizio di appello, al quale il contribuente ha partecipato;
5. il secondo motivo è infondato;
a prescindere dalla considerazione che il ricorrente non ha interesse a dolersi dell’omessa notifica dell’appello dell’ufficio nei confronti del concessionario della riscossione, la censura, comunque, è priva di fondamento in quanto il giudizio di appello si è svolto nel pieno contraddittorio di tutte le parti processuali;
6. il terzo motivo è inammissibile;
fin da Cass. Sez. U., 07/04/2014, n. 8053, si è andato consolidando il principio di diritto per cui l’attuale art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., nella specie applicabile ratione temporis, ha introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni degli artt. 366, primo comma, n. 6, e 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., il ricorrente deve indicare il «fatto storico», il cui esame sia stato omesso, il «dato», testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il «come» e il «quando» tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua «decisività», fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie. Nella fattispecie concreta, con la surrichiamata censura, il ricorrente non rivolge alla sentenza critiche riconducibili al paradigma legale di cui al novellato n. 5, dell’art. 360, e piuttosto solleva, in modo non consentito, una questione di diritto in punto di nullità o meno della notifica delle cartelle, che la Commissione regionale ha esplicitamente (vedi pagg. 7 e 8 della sentenza) ritenuto priva di fondamento;
7. nulla va disposto sulle spese del giudizio di legittimità, nel quale le parti vittoriose non hanno svolto attività difensiva;
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
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