CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 16 settembre 2021, n. 25161
Tributi – Riscossione – Comunicazione di iscrizione ipotecaria – Mancata indicazione del termine per proporre ricorso e dell’autorità competente – Illegittimità dell’atto – Esclusione – Incidenza sul termine di impugnativa – Scusabilità dell’errore
Premesso che
1. G.P. e A.M.V. ricorrono per la cassazione della sentenza in epigrafe con cui la CTR della Calabria, in causa su comunicazione di iscrizione ipotecaria per debiti tributari del primo di essi ricorrenti sulla di lui quota di un immobile di proprietà comune, dichiarava l’iscrizione legittima rigettando le eccezioni sollevate con l’originario ricorso, e riproposte in appello, di violazione dell’art. 77, comma 2 bis, del d.P.R. 602/73 per essere stata data la comunicazione preventiva all’iscrizione solo al debitore G.P. e non alla V., di violazione dell’art. 7 della l. 212/2000 e 3 della l. 241/90 per omessa indicazione nella comunicazione d’iscrizione, del termine e delle modalità per la relativa impugnazione, di violazione dell’art. 7 della l. 212/2000 per omessa indicazione, nella comunicazione d’iscrizione, del nome del responsabile del procedimento;
2. le suddette eccezioni sono ora rispettivamente riproposte nei tre motivi di cassazione della sentenza in epigrafe, formulati ex art. 360, co. 1^ n. 3, cod.proc.civ. per violazione e falsa applicazione di legge;
3. l’Agenzia delle Entrate e l’Agenzia delle Entrate Riscossione resistono con controricorso congiunto; i ricorrenti hanno depositato memoria;
Considerato che
1. il primo motivo di ricorso è infondato.
Il d.P.R. 602/73, art. 77 comma 2-bis, stabilisce che “L’agente della riscossione è tenuto a notificare al proprietario dell’immobile una comunicazione preventiva contenente l’avviso che, in mancanza del pagamento delle somme dovute entro il termine di trenta giorni, sarà iscritta l’ipoteca di cui al comma 1”.
Nel caso di specie è incontroverso che la comunicazione preventiva è stata data a G.P., tenuto al pagamento di debiti fiscali, con avviso che, in mancanza di pagamento, sarebbe stata iscritta ipoteca sulla quota di sua spettanza di un determinato immobile.
La tesi dei ricorrenti secondo cui – contrariamente a quanto affermato dalla CTR – la comunicazione avrebbe dovuto essere data anche alla V. in quanto comproprietaria di tale immobile, contrasta con la interpretazione letterale, sistematica e logica della legge.
Nel comma 2 bis, il termine “proprietario” va letto in unione che la successiva espressione “… avviso che, in mancanza del pagamento …”. Emerge allora che in caso di due o più proprietari di cui solo uno sia tenuto o solo alcuni siano tenuti al pagamento del debito a garanzia del quale viene preannunciata l’iscrizione, la comunicazione deve essere data solo a quest’ultimo o a questi ultimi.
Sempre sul piano sistematico, occorre evidenziare che il comma 2 bis segue e richiama espressamente il comma 1 dell’art.77. Il comma 1 prevede che “1. Decorso inutilmente il termine di cui all’art.50, comma 1, il ruolo costituisce titolo per iscrivere ipoteca sugli immobili del debitore e dei coobbligati per un importo pari al doppio dell’importo complessivo del credito per cui si procede”. Viene in questo modo ribadito che il destinatario della comunicazione è il proprietario dell’immobile in quanto debitore iscritto a ruolo.
Sul piano logico, va ricordato che la comunicazione di preavviso di iscrizione ha la finalità di consentire al debitore di presentare osservazioni per evitare che il procedimento per l’iscrizione giunga all’emanazione dell’atto finale (v. SU n.1667/2014 secondo cui “In tema di riscossione coattiva delle imposte, l’Amministrazione finanziaria prima di iscrivere l’ipoteca su beni immobili ai sensi dell’art. 77 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (nella formulazione vigente “ratione temporis“), deve comunicare al contribuente che procederà alla suddetta iscrizione, concedendo al medesimo un termine – che può essere determinato, in coerenza con analoghe previsioni normative (da ultimo, quello previsto dall’art. 77, comma 2 bis, del medesimo d.P.R., come introdotto dal d.l. 14 maggio 2011, n. 70, conv. con modif. dalla legge 12 luglio 2011, n. 106), in trenta giorni – per presentare osservazioni od effettuare il pagamento, dovendosi ritenere che l’omessa attivazione di tale contraddittorio endoprocedimentale comporti la nullità dell’iscrizione ipotecaria per violazione del diritto alla partecipazione al procedimento, garantito anche dagli artt. 41, 47 e 48 della Carta dei diritti fondamentali della Unione europea“) nonché finalità compulsoria (spingere il debitore inadempiente a non persistere nell’inadempimento con l’avvertimento, altrimenti, dell’iscrizione). La duplice finalità si correla alla posizione del destinatario della comunicazione quale contribuente-debitore, non alla posizione di terzo non debitore proprietario di quota dell’immobile ipotecando.
Può, sotto altro profilo, aggiungersi che il comproprietario non obbligato non ha titolo per opporsi all’iscrizione ipotecaria sulla quota del comproprietario debitore. L’ipoteca su beni indivisi è disciplinata dall’articolo 2825 c.c., con disciplina non derogata dell’articolo 77.
Va dunque affermato che in tema di riscossione coattiva delle imposte, l’Amministrazione finanziaria -che prima di iscrivere l’ipoteca su beni immobili ai sensi dell’art. 77 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, deve, pena la nullità dell’iscrizione, comunicare al contribuente che procederà alla suddetta iscrizione, concedendo al medesimo un termine di trenta giorni per presentare osservazioni od effettuare il pagamento- non è tenuta a dare simile comunicazione anche al comproprietario dell’unità immobiliare suscettiva di ipoteca, non debitore.
2. il secondo motivo di ricorso è infondato. La motivazione della sentenza in epigrafe merita tuttavia di essere corretta (art.384, u.c., c.p.c. “Non sono soggette a cassazione le sentenze erroneamente motivate in diritto, quando il dispositivo sia conforme al diritto; in tal caso la Corte si limita a correggere la motivazione”).
La CTR ha richiamato il primo comma dell’art. 7 della l. 212/90, secondo cui “Gli atti dell’amministrazione finanziaria sono motivati secondo quanto prescritto dall’articolo 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241, concernente la motivazione dei provvedimenti amministrativi” ed ha affermato che l’impugnata comunicazione di iscrizione ipotecaria non doveva necessariamente contenere l’indicazione dei termini e dell’organo a cui il contribuente avrebbe avuto la possibilità di ricorrere, essendo tale “comunicazione/invito non un provvedimento” e provenendo essa “da una società privata concessionaria (e non dall’amministrazione finanziaria”.
L’affermazione va corretta perché in contrasto con il disposto del secondo comma dell’art. 7 della l. 212/2000, a mente del quale “…
2. Gli atti dell’amministrazione finanziaria e dei concessionari della riscossione devono tassativamente indicare: … c) le modalità, il termine, l’organo giurisdizionale o l’autorità amministrativa cui è possibile ricorrere in caso di atti impugnabili“.
Malgrado l’erroneità della motivazione, la decisione della CTR di rigetto dell’eccezione degli odierni ricorrenti di illegittimità dell’iscrizione a causa della segnalata carenza, è corretta.
La Corte, in molte occasioni, ha affermato il principio -da cui questo Collegio non ha ragione di discostarsi- secondo il quale la mancata indicazione in atto tributario del termine per proporre ricorso e dell’autorità alla quale rivolgersi, può incidere sul termine di impugnativa, consentendo al giudice di ammettere la scusabilità dell’errore, ma non comporta, di per sé, l’illegittimità dell’atto non essendo l’illegittimità prevista dalla legge (v., a titolo di esempio, in riferimento ad atti di varia natura Cass. 8077/2018; 301/2011; 23010/2009; 20634/2008);
3. il terzo motivo di ricorso è infondato.
L’art.7, comma 2, lett.a) della l. 212/2000 dispone che gli atti dell’amministrazione finanziaria e dei concessionari della riscossione devono tassativamente indicare l’ufficio presso il quale è possibile ottenere informazioni complete in merito all’atto notificato o comunicato e il responsabile del procedimento.
Come rilevato dalla CTR, “l’indicazione del responsabile del procedimento non è richiesta, dall’art. 7 della l. 212/2000, a pena di nullità”.
Il rilievo è conforme a quanto statuito da questa Corte (v. 15872/2020; 1150/2019; 11856/2017; 22197/2004).
In effetti l’omissione è fonte di mera irregolarità.
Solo in riferimento alle “cartelle di pagamento” riferite ai ruoli consegnati agli agenti della riscossione a decorrere dal 1° giugno 2008, l’indicazione del responsabile del procedimento è prevista a pena di nullità da specifica norma di legge e precisamente dall’art. 36, comma 4-ter, del d.l. n. 248 del 2007, conv., con modif., in l. n. 31 del 2008.
E la Corte Costituzionale, con la ordinanza n. 58/2009, nel dichiarare infondata la questione di legittimità costituzionale della norma suddetta, sollevata con riferimento agli artt. 3, 23, 24, 97 e 111 Cost., ha a sua volta affermato (punto 6 della motivazione): “L’art. 7, comma 2, della legge n. 212 del 2000 stabilisce che gli atti dell’amministrazione finanziaria e dei concessionari della riscossione devono tassativamente indicare, tra l’altro, il responsabile del procedimento. Come affermato da questa Corte con l’ordinanza n. 377 del 2007, la previsione è volta ad assicurare la trasparenza amministrativa, l’informazione del cittadino e il suo diritto di difesa.
La legge n. 212 del 2000, peraltro, non precisa gli effetti della violazione dell’obbligo indicato: essa, in particolare, a differenza di quanto fa con riferimento ad altre disposizioni, non commina la nullità per la violazione della disposizione indicata. Né la nullità, in mancanza di un’espressa previsione normativa, può dedursi dai principi di cui all’art. 97 Cost. o da quelli del diritto tributario e dell’azione amministrativa. Deve pertanto escludersi che, anteriormente all’emanazione della disposizione impugnata, alla mancata indicazione del responsabile del procedimento conseguisse la nullità della cartella di pagamento. Questa è stata infatti esclusa, a fronte di notevoli incertezze dei giudici di merito, dalla Corte di cassazione. La disposizione impugnata, di conseguenza, non contiene una norma retroattiva. Essa dispone per il futuro, comminando la nullità per le cartelle di pagamento prive dell’indicazione del responsabile del procedimento. Stabilisce, poi, un termine a partire dal quale opera la nullità e chiarisce che essa non si estende al periodo anteriore.
Dunque, la nuova disposizione non contiene neppure una sanatoria di atti già emanati, perché la loro nullità doveva essere esclusa già in base al diritto anteriore”;
5. in ragione di quanto precede il ricorso va rigettato;
6. le spese seguono la soccombenza;
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido a rifondere alla Agenzia delle Entrate ed alla Agenzia delle Entrate Riscossione le spese del giudizio di legittimità, cumulativamente liquidate in €5.600,00, oltre spese prenotate a debito;
ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del testo unico approvato con il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti per il pagamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo.
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