CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 17 aprile 2018, n. 9406
Verbale di accertamento Inail – Rettifica dell’inquadramento – Differenza di premi dovuti – Decorrenza dalla data di accertamento e non nei limiti della prescrizione quinquennale – Principio di irretroattività
Rilevato
che la società M. s.r.l. adì il giudice del lavoro del Tribunale di Bologna per ottenere l’annullamento del provvedimento di rettifica dell’inquadramento nella gestione industria emesso dall’Inail il 25.10.2009, conseguente al verbale di accertamento del 30.4.2009, a seguito del quale le era stata richiesta la somma di € 70.274,39 a titolo di maggior premio assicurativo a decorrere dal 2004;
che a sostegno del ricorso la società addusse che la differenza di premio era dovuta solo dalla data della nuova classificazione, disposta a seguito del predetto accertamento, e non dal quinquennio precedente;
che rigettata la domanda, la Corte d’appello di Bologna (sentenza del 4.6.2013), investita dall’impugnazione della società, riformò e a gravata decisione e dichiarò non dovute le somme richieste col provvedimento di rettifica del 25.10.2009;
che per la cassazione della sentenza ricorre l’Inail con un solo motivo;
che resiste con controricorso la società M. s.r.l;
Considerato
che l’eccezione preliminare di nullità della notifica del ricorso, eccezione sollevata dalla controricorrente a sostegno della lamentata tardività della seconda notifica, è infondata in quanto dalle giustificazioni rese della difesa dell’Inail si evince che il ritardo denunziato dalla difesa della M. s.r.l. non è ascrivibile ad una colpa dell’istituto notificante, dati i cambiamenti di intestazione delle procure negli atti difensivi della società e, in ogni caso, l’Inail si era attivato a rinnovare correttamente la notifica, senza alcuna lesione del contraddittorio;
che con un solo motivo l’Inail lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 14, comma 3, del D.M. 12/12/2000 (norma delegata in forza degli artt. 39, 40 e 41 del d.p.r. 30.6.1965 n. 1124), anche con riferimento all’art. 3, comma 8, della legge 8.8.1995 n. 335 ed all’art. 49 della legge n. 88/1989, in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.;
che, secondo il ricorrente, il dato normativo di cui sopra, che sarebbe stato male interpretato dalla Corte di merito, esigeva che l’inquadramento dell’Inali fosse reso uniforme a quello stabilito dall’Inps, in qualunque momento fosse venuta in evidenza una difformità;
che, pertanto, il provvedimento di rettifica di cui all’art. 14, comma 3, del D.M. 12.12.2000, cioè quello da attuare per il caso di accertamento di una diversa classificazione aziendale con effetto dalla data di decorrenza del provvedimento adottato ai sensi dell’art. 49 I. n. 88/1989 e dell’art. 3, co. 8, I. n. 335/1995, era da intendere quello dell’Inail, con la conseguenza ulteriore che era errato ritenere che la retroattività della riclassificazione dovesse operare solo nell’ipotesi di un precedente provvedimento di rettifica della classificazione emesso dall’Inps e non anche nel caso (come quello oggetto di causa) di doveroso adeguamento da parte dell’Inail alla classificazione settoriale stabilita dall’Inps;
che nelle fasi di merito si era evidenziato, da parte dell’Inail, che la società M. s.r.l. rientrava tra i datori di lavoro soggetti alla classificazione aziendale disposta dall’Inps in data 8.3.2000, ai sensi dell’art. 49 della legge n. 88/1989 e dell’art. 3, comma 8, della legge n. 335/1995, nel settore “industria” e che l’Inali, venuto a conoscenza della nuova classificazione aziendale operata dall’Inps, aveva emesso d’ufficio il provvedimento di riclassificazione dall’inquadramento settoriale del “Terziario” a quello più consono della “Industria”, con decorrenza dal 2004, cioè dalla data di inquadramento dell’Inps, tenuto però conto del termine di prescrizione quinquennale stabilito dalla legge n. 335/1995;
che proprio in ossequio al disposto del DM 12.12.2000 e della circolare dell’Inail n. 9/2002 (facente riferimento alla data di decorrenza del provvedimento Inps per i datori di lavoro soggetti alla classificazione aziendale dell’Inps) che esso ricorrente aveva retrodatato il provvedimento di riclassificazione alla data del provvedimento dell’Inps, sia pure col limite della prescrizione quinquennale;
che il ricorso è infondato;
che, in realtà, la difesa dell’Inail basa sostanzialmente la propria tesi sul tentativo di ricondurre l’operazione di riclassificazione aziendale di cui trattasi nell’alveo dell’ipotesi contemplata dal terzo comma dell’art. 14 del D.M. 12.12.2000 (Nuove tariffe dei premi per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali delle gestioni: industria, artigianato, terziario, altre attività, e relative modalità di applicazione), ma nell’eseguire l’esegesi di tale disposizione opera una ricostruzione che, da un lato, trascura il dato letterale della norma nel suo complesso e, dall’altro, non tiene conto del principio di irretroattività enucleabile sia dagli artt. 14 e 16 dello stesso DM 12.12.2000 – che prevedono espressamente quali sono i casi di deroga a tale principio -, sia dalla fonte primaria legislativa di cui all’art. 3, comma 8, della legge n. 335/95;
che in effetti, allorquando il terzo comma del citato art. 14 fa riferimento alla diversa classificazione aziendale adottata ai sensi dell’art. 49 della legge n. 88/1989 e dell’art. 3, comma 8, della legge n. 335/95, vale a dire quella di competenza dell’Inps, precisa anche che essa ha effetto dalla data di decorrenza del “provvedimento adottato” ai sensi delle citate disposizioni, laddove l’adozione del provvedimento che nel nostro caso rileva ai sensi delle citate disposizioni è quella eseguita da ultimo dall’Inali;
che nella fattispecie solo nel corso del 2009, nell’ambito di un accertamento ispettivo, l’ispettore dell’Inali aveva constatato l’erroneo inquadramento della società M. s.r.l. nella gestione “Terziario” ai fini del pagamento del premio assicurativo, mentre in precedenza l’Inps l’aveva già classificata nella gestione “Industria”, per cui l’Inali aveva chiesto la relativa differenza sui premi assicurativi nei limiti della prescrizione quinquennale a ritroso nel tempo;
che a stretto rigore è solo dall’adozione del provvedimento che ha inciso da ultimo sulla classificazione che si possono far decorrere, in ossequio al principio della irretroattività, gli effetti della variazione d’ufficio sulla quale si basa la rivendicazione delle differenze economiche connesse al nuovo premio individuato dall’Inali;
che, infatti, è il riferimento al fondamentale principio generale di irretroattività della legge, dettato dall’art. 11 delle disposizioni preliminari al codice civile, in assenza di diverse ipotesi di deroga normativamente previste, a condurre verso la logica conclusione che il provvedimento di esatta classificazione di un’impresa in base al d.m. 12.12.2000, a fini contributivi e di rettifica della relativa tassazione errata, ha effetto dalla nuova comunicazione;
che, d’altronde, in coerenza con il principio di civiltà giuridica introdotto dall’art. 3, comma 8, legge 8.8.1995, n. 335 (secondo cui i provvedimenti adottati d’ufficio di variazione della classificazione dei datori di lavoro ai fini previdenziali producono effetti dal periodo di paga in corso alla data di notifica del provvedimento di variazione, con esclusione dei casi in cui l’inquadramento iniziale sia stato determinato da inesatte dichiarazioni del datore di lavoro), gli artt. 16 (per la rettifica d’ufficio) e 17 (per quella su istanza) del d.m. 12.12.2000 dispongono che i provvedimenti di variazione hanno effetto dal primo giorno del mese successivo a quello della comunicazione, salvo che il datore di lavoro abbia dato causa all’errata classificazione;
che soccorre, altresì, il dato testuale inequivocabile delle disposizioni di cui agli artt. 14 (Rettifica d’ufficio dell’inquadramento nelle gestioni tariffarie) e 16 (Rettifica d’ufficio della classificazione delle lavorazioni) del citato D.M. 12.12.2000;
che, invero, in entrambe le disposizioni, al secondo comma, è previsto che il provvedimento comunicato al datore di lavoro con lettera raccomandata con avviso di ricevimento ha effetto dal primo giorno del mese successivo a quello della comunicazione, salvi i seguenti casi nei quali esso decorre dalla data in cui l’esatto inquadramento (nell’ipotesi dell’art. 14) e l’esatta classificazione delle lavorazioni e la relativa tassazione (nell’ipotesi di cui all’art. 16) dovevano essere applicati: (a) erronea o incompleta denuncia del datore di lavoro che abbia comportato il versamento di un premio minore di quello effettivamente dovuto; (b) erroneo inquadramento ed erronea classificazione delle lavorazioni non addebitabili al datore di lavoro che abbia comportato il versamento di un premio maggiore di quello effettivamente dovuto;
che analoga disposizione è prevista dalle norme di cui agli artt. 15 e 17 dello stesso D.M. 12.12.2000, rispettivamente per l’ipotesi di rettifica dell’inquadramento e di rettifica della classificazione delle lavorazioni nelle gestioni tariffarie su domanda del datore di lavoro, ove è stabilito che in caso di accoglimento dell’istanza, il relativo provvedimento ha effetto dal primo giorno del mese successivo a quello nel quale è stata inoltrata l’istanza, salvi i casi di (a) erronea o incompleta denuncia del datore di lavoro che abbia comportato il versamento di un premio minore di quello effettivamente dovuto e (b) di erronea classificazione delle lavorazioni non addebitabile al datore di lavoro che abbia comportato il versamento di un premio maggiore di quello effettivamente dovuto;
che, in definitiva, il ricorso va rigettato;
che le spese del presente giudizio, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza dell’Inali, unitamente all’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dell’art. 13 del d.P.R. n. 115 del 2002.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese nella misura di € 4000,00 per compensi professionali e di € 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
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