CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 17 dicembre 2019, n. 33483
Esposizione ad amianto – Rivalutazione contributiva – Art. 13, L. n. 257/1992 – Domande di accertamento e declaratoria dell’esposizione ad amianto
Rilevato in fatto
che, con sentenza depositata il 28.6.2017, la Corte d’appello di Lecce, in riforma della pronuncia di primo grado, ha dichiarato improponibile la domanda volta al conseguire il beneficio della rivalutazione contributiva proposta ex art. 13, L. n. 257/1992, da M.R. in relazione ai periodi di lavoro nei quali era stato esposto ad amianto;
che avverso tale pronuncia M.R. ha proposto ricorso per cassazione, deducendo dieci motivi di censura;
che l’INPS ha resistito con controricorso;
che è stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c.,
ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio;
che parte ricorrente ha depositato memoria;
Considerato in diritto
che, con il primo motivo, il ricorrente denuncia, sotto sei distinti profili, violazione degli artt. 24 e 111 Cost. e 112 c.p.c. per avere la Corte di merito pronunciato l’improponibilità della domanda proposta con il ricorso introduttivo, siccome non preceduta da apposita domanda amministrativa;
che, con il secondo motivo, il ricorrente lamenta nullità della sentenza per aver accolto un appello inammissibile e comunque nullo, siccome meramente iterativo dell’eccezione di improponibilità asseritamente ignorata dal giudice di prime cure; che, con il terzo motivo, il ricorrente si duole di violazione dell’art. 132, comma 2°, n. 4, c.p.c., in combinato disposto con l’art. 13, L. n. 257/1992, per avere la Corte territoriale reso la pronuncia di improponibilità senza specifica motivazione sulle domande di accertamento e declaratoria dell’esposizione ad amianto, che precedevano e accompagnavano la domanda di condanna al riconoscimento del beneficio previdenziale;
che, con il quarto motivo, le medesime censure sono ribadite per avere reso la Corte di merito motivazione perplessa e obiettivamente incomprensibile;
che, con il quinto motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione degli artt. 7, L. n. 533/1973, e 443 c.p.c., in relazione all’art. 13, L. n. 257/1992, nonché per falsa applicazione dell’art. 47, d.l. n. 269/2003 (conv. con 1. n. 326/2003), per avere la Corte territoriale accolto la domanda in applicazione di disposizioni normative differenti da quelle invocate dall’appellante INPS, dandone peraltro una interpretazione difforme rispetto a quella vigente al momento della proposizione del ricorso introduttivo del giudizio;
che, con il sesto motivo, il ricorrente lamenta violazione dell’art. 101 c.p.c. per non avere la Corte territoriale preventivamente sollecitato il contraddittorio in ordine al rilievo di improponibilità della domanda;
che, con il settimo motivo, il ricorrente denuncia violazione degli artt. 24 e 111 Cost., 47 CDFUE e 6 CEDU, per non avere la Corte di merito dato un’interpretazione della normativa conforme a quella maggioritaria all’epoca di proposizione del ricorso introduttivo del giudizio, in violazione del principio di affidamento;
che, con l’ottavo motivo, le medesime censure sono ripetute in relazione anche all’art. 13, L. n. 257/1992, e ai possibili profili di incostituzionalità della normativa di riferimento così come interpretata dalla Corte territoriale;
che, con il nono motivo, il ricorrente deduce violazione dell’art. 329 c.p.c. e passaggio in giudicato della sentenza impugnata in appello per intervenuta acquiescenza dell’INPS, che vi aveva dato spontanea esecuzione;
che, con il decimo motivo, le medesime censure sono ripetute anche per violazione degli artt. 324 c.p.c. e 2909 c.c.;
che, in punto di fatto, la Corte di merito ha accertato che nessuna domanda amministrativa è stata proposta all’INPS prima di proporre domanda giudiziale per il riconoscimento del beneficio della rivalutazione contributiva, di talché, dando continuità al consolidato indirizzo di questa Corte secondo cui la domanda giudiziale volta a conseguire un determinato beneficio di natura previdenziale abbisogna di essere preceduta da apposita domanda amministrativa da proporsi nei confronti dell’ente previdenziale preposto al suo riconoscimento e alla sua erogazione, ha dichiarato improponibile la domanda dell’odierno ricorrente;
che codesta argomentazione, come detto, è affatto coerente con il consolidato orientamento di questa Corte secondo cui la domanda giudiziale di rivalutazione contributiva per esposizione ad amianto deve essere preceduta, a pena di improponibilità, da quella amministrativa rivolta all’ente competente a erogare la prestazione previdenziale, da individuarsi nell’INPS, costituendo presupposto logico e fattuale del diritto al beneficio che l’assicurato porti a conoscenza dell’istituto fatti la cui esistenza è solo a lui nota (cfr. in tal senso tra le tante Cass. nn. 16592 del 2014, 11574 del 2015, 11438 del 2017, 282 del 2018);
che del pari consolidato è l’orientamento secondo cui i principi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità in materia di prospective overruling non si applicano ad una scelta interpretativa di merito, necessariamente retroattiva, in ordine al contenuto di norme sostanziali, quali nella specie quelle che prevedono che la domanda giudiziale debba essere preceduta da apposita domanda amministrativa, in considerazione della natura, ch’è propria di quest’ultima, di atto che condiziona lo stesso sorgere del diritto del privato da tutelare eventualmente davanti all’autorità giudiziaria (cfr. Cass. n. 5318 del 2016 in relazione a Cass. nn. 20172 del 2013, 6862 del 2014);
che non meno consolidato è il principio secondo cui l’improponibilità della domanda giudiziaria per difetto della domanda amministrativa rende nulli tutti gli atti del processo ed è rilevabile anche dopo la prima udienza di discussione ed in qualsiasi stato e grado del giudizio (cfr., fra le innumerevoli, Cass. nn. 18265 del 2003, 5149 del 2004 e, più recentemente, Cass. nn. 2063 del 2014 e 14764 del 2018);
che altrettanto consolidato è il principio secondo cui è inammissibile la domanda di accertamento dell’esistenza dei meri presupposti di fatto necessari per fruire di determinati benefici previdenziali e assistenziali, non essendo proponibili azioni autonome di mero accertamento di fatti giuridicamente rilevanti che costituiscano solo elementi frazionistici della fattispecie costitutiva di un diritto, la quale può formare oggetto di accertamento giudiziario solo nella funzione genetica del diritto azionato e, quindi, nella sua interezza (cfr. da ult. Cass. n. 22 del 2019);
che, non offrendo le censure di cui ai primi otto motivi alcun argomento utile a rimeditare gli anzidetti principi di diritto, ne va senz’altro dichiarata l’inammissibilità ex art. 360-bis, n. 1, c.p.c.;
che del pari inammissibili sono il nono e il decimo motivo, dal momento che la vicenda della presunta acquiescenza dell’INPS alla pronuncia di prime cure è questione di cui la sentenza impugnata nulla dice e, richiedendo un accertamento di fatto circa il contenuto del provvedimento dell’INPS del 3.11.2015 (per come riprodotto a pagg. 32-33 del ricorso per cassazione), non può essere proposta per la prima volta in sede di legittimità senza precisare quando e come lo si sarebbe fatto nel precedente grado di merito (cfr. Cass. n. 20518 del 2008);
che il ricorso, pertanto, va dichiarato inammissibile, nulla statuendosi sulle spese del giudizio di legittimità ex art. 152 att. c.p.c.;
che, in considerazione della declaratoria d’inammissibilità del ricorso, sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso;
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13 ove dovuto.
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