CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 17 febbraio 2021, n. 4144
Tributi – Imposte di registro, ipotecaria e catastale – Trasferimento casa coniugale in attuazione di accordo di separazione consensuale omologato dal tribunale – Immobile di proprietà esclusiva del coniuge – Esenzione
Rilevato che
1. R.D. propone un motivo di ricorso per la cassazione della sentenza n. 90/6/13 dell’8.10.13 con la quale la commissione tributaria regionale, a conferma della prima decisione, ha ritenuto legittimo il diniego opposto dall’agenzia delle entrate alla sua istanza 11.3.11 di rimborso di quanto pagato per imposta di registro ed ipo-catastale sull’atto con il quale egli aveva acquistato dalla moglie la casa coniugale ed il relativo box; acquisto avvenuto in adempimento di accordi di separazione consensuale tra i coniugi omologati il 20 luglio 2010 dal Tribunale di Bari.
La commissione tributaria regionale, in particolare, ha ritenuto che la norma esonerativa di cui all’articolo 19 della legge 74 del 1987, non fosse qui applicabile poiché l’imposta era stata pagata su un atto traslativo concernente un bene di esclusiva proprietà della moglie separata, e per ragioni autonome rispetto alla separazione, là dove il trattamento fiscale di favore concerneva esclusivamente gli atti, i documenti ed i provvedimenti ‘relativi’ al procedimento di scioglimento del matrimonio o di cessazione dei suoi effetti civili realizzati sotto il controllo del giudice e nell’ambito del pertinente procedimento.
Resiste con controricorso l’agenzia delle entrate.
2.1 Con l’unico motivo di ricorso il D. lamenta – ex art. 360, 1^ co. n. 3 cod.proc.civ. – violazione e falsa applicazione dell’articolo 19 legge 74 del 1987. Per avere la commissione tributaria regionale erroneamente omesso di considerare che l’acquisto in oggetto era stato effettuato, non nei confronti di soggetti terzi, ma in adempimento di accordi omologati dal tribunale in sede di regolamento de rapporti patrimoniali di separazione consensuale tra i coniugi.
La norma in questione mirava a favorire il più possibile tali accordi, come anche ravvisato dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 154 del 1999, indipendentemente dal fatto che la proprietà dei beni acquistati non fosse in comunione, bensì esclusiva di uno dei coniugi stessi.
2.2 Il motivo è fondato.
L’atto dedotto in giudizio ha riguardato un trasferimento immobiliare attuativo di un accordo di separazione consensuale omologato dal tribunale; il trasferimento, inoltre, è avvenuto direttamente da un coniuge all’altro, a nulla rilevando che la proprietà originaria del bene non fosse comune ma esclusiva di uno dei due.
Deve ad esso applicarsi l’art. 19 l. 87/1974, secondo cui: “Tutti gli atti, i documenti ed i provvedimenti relativi al procedimento di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili del matrimonio nonché ai procedimenti anche esecutivi e cautelari diretti ad ottenere la corresponsione o la revisione degli assegni di cui alla L. 1 dicembre 1970, n. 898, artt. 5 e 6, sono esenti dall’imposta di bollo, di registro e da ogni altra tassa”.
Per effetto delle sentenze della Corte Costituzionale n. 176 del 1992 e n. 154 del 1999, l’esenzione anzidetta si estende “a tutti gli atti, i documenti ed i provvedimenti relativi al procedimento di separazione personale dei coniugi”, in modo da garantire l’adempimento delle obbligazioni che i coniugi separati hanno assunto per conferire un nuovo assetto ai loro interessi economici (v. Corte Costituzionale 25 febbraio 1999, n. 41).
Si è osservato (Cass. n. 860/14) che: “(…) l’agevolazione va, quindi, riconosciuta in riferimento ad atti e convenzioni posti in essere nell’intento di regolare, sotto il controllo del giudice, i rapporti patrimoniali tra i coniugi conseguenti allo scioglimento del matrimonio, o alla separazione personale, compresi gli accordi che contengono il riconoscimento o attuino il trasferimento della proprietà di beni mobili ed immobili all’uno o all’altro coniuge, o in favore dei figli (cfr., per tale ultima ipotesi, Cass. n. 11458 del 2005). La speciale normativa fiscale sugli atti esecutivi di siffatti accordi impone, però, che i soggetti che li pongano in essere siano gli stessi coniugi che li hanno conclusi, e non anche terzi. Depone in tal senso sia il tenore letterale della norma, che, nel riferirsi a patti assunti in sede di procedimenti di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio o di separazione personale, non può che riguardare le prestazioni esecutive rese da un coniuge nei confronti dell’altro; sia la logica dell’agevolazione, che mira a promuovere una soluzione idonea a garantire un nuovo equilibrio, anche economico, per i coniugi, di tal che l’inclusione di atti di diversa natura si presterebbe facilmente ad intenti elusivi (senza dire che, in caso d’inadempimento del terzo, sarebbe dovuto, solo, un indennizzo, con conseguente frustrazione del fine anzidetto); sia il principio di stretta interpretazione che ispira l’esegesi delle disposizioni tributarie agevolative”.
Si è inoltre stabilito (Cass. n. 2111/16) che: “In tema di benefici fiscali, l’agevolazione di cui all’art. 19 della l. n. 74 del 1987, nel testo conseguente alla declaratoria di incostituzionalità (Corte Cost., sentenza n. 154 del 1999), spetta per gli atti esecutivi degli accordi intervenuti tra i coniugi in esito alla separazione personale o allo scioglimento del matrimonio, atteso il carattere di “negoziazione globale” attribuito alla liquidazione del rapporto coniugale per il tramite di contratti tipici in funzione di definizione non contenziosa, i quali, nell’ambito della nuova cornice normativa (da ultimo culminata nella disciplina di cui agli artt. 6 e 12 del d.l. n. 132 del 2014, conv. con modif. nella l. n. 162 del 2014), rinvengono il loro fondamento nella centralità del consenso dei coniugi“.
L’elemento fondamentale che sorregge questo indirizzo va dunque individuato nella centralità dell’accordo tra le parti nella definizione della crisi coniugale e nell’ottica di favore con il quale il legislatore vede tale modalità di definizione.
Ciò con riguardo tanto agli atti separativi di contenuto ‘necessario’ (consenso reciproco a vivere separati, affidamento dei figli, assegnazione della casa familiare nell’interesse della prole, assegno di mantenimento in presenza dei relativi presupposti) quanto a quelli di contenuto ‘eventuale’ (patti di eterogenea natura che trovano occasione nella separazione, ma costituenti accordi patrimoniali del tutto autonomi conclusi dai coniugi per l’instaurazione del regime di vita separata).
Come detto, la materia è stata fatta oggetto di un intervento additivo da parte della Corte Costituzionale la quale, con la sentenza n. 154 del 1999 cit., ponendosi nel solco della precedente sentenza n. 176 del 1992, ha esteso il regime fiscale di favore al procedimento di separazione coniugale, dando così impulso ed ulteriore fondamento alla successiva evoluzione dell’ordinamento in tal senso. Evoluzione destinata a far rientrare gli accordi comportanti trasferimenti patrimoniali dall1 uno all’altro coniuge, o a favore dei figli, nell’ambito delle ‘condizioni della separazione’ di cui all’articolo 711, cod.proc.civ. “in considerazione del carattere di ‘negoziazione globale’ che la coppia in crisi attribuisce al momento della ‘liquidazione ‘del rapporto coniugale, attribuendo quindi a detti accordi la qualificazione di contratti tipici, denominati ‘contratti della crisi coniugale’, la cui causa è proprio quella di definire in modo non contenzioso e tendenzialmente definitivo la crisi” (Cass. n. 2111/16 cit.).
Anche questi atti realizzativi degli accordi coniugali debbono dunque farsi rientrare nella nozione di ‘atti relativi al procedimento di separazione o divorzio ‘ ex articolo 19 l. cit..
Ed ancora in linea con questa tendenza evolutiva si pone quella giurisprudenza di legittimità che – sebbene con riguardo ad un diverso aspetto della fiscalità – valorizza a sua volta la indicata ratio legislativa, escludendo che il trasferimento, nel termine, dell’immobile adibito a casa coniugale a favore di uno dei coniugi nell’ambito della separazione comporti la decadenza dalla agevolazione prima casa (Cass. n. 5156 del 16/03/2016, conf. 3753/14; 22023/17).
In particolare, ha osservato Cass. n. 13340/16 che: “In tema di agevolazioni tributarie, l’attribuzione al coniuge della proprietà della casa familiare, in adempimento di una condizione della separazione consensuale, non costituisce atto dispositivo rilevante ai fini della decadenza dai benefici “prima casa”, atteso che, pur non essendo essenziale per addivenire alla separazione o al divorzio, è diretto a sistemare globalmente i rapporti fra coniugi, nella prospettiva di una definizione tendenzialmente stabile della crisi, ed è, quindi, un atto relativo a tali procedimenti, che può fruire dell’esenzione di cui all’art. 19 della l. n. 74 del 1987, salva la contestazione da parte della Amministrazione, onerata della relativa prova, della finalità elusiva“.
La sentenza della Commissione Tributaria Regionale va quindi cassata, non essendo ostativo all’esenzione ex art. 19 cit. né che l’accordo in questione non avesse contenuto separativo ‘necessario’, né che la proprietà iniziale del bene non fosse comune ma esclusiva di uno dei due coniugi contraenti.
Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, sussistono i presupposti per la decisione nel merito, ex articolo 384 cod.proc.civ., mediante accoglimento del ricorso originario del contribuente.
Visto il graduale affermarsi in corso di causa del su richiamato orientamento interpretativo, sussistono i presupposti per la compensazione delle spese dell’intero giudizio.
P.Q.M.
– accoglie il ricorso;
– cassa la sentenza impugnata e decide nel merito mediante accoglimento del ricorso originario del contribuente;
– compensa le spese dell’intero giudizio.
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