CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 17 gennaio 2019, n. 1158
Dichiarazione dei redditi – Accertamento – Riscossione – Cartella di pagamento – Contenzioso tributario
Rilevato che
1. con atto di diniego prot. n. 92538 notificato in data 13/09/2012, l’Agenzia delle entrate rigettava l’istanza di M.G. volta ad ottenere la definizione della lite pendente in relazione alla sentenza n. 35/29/10 del 20/05/2010 pronunciata dalla CTR del Veneto e impugnata da Equitalia Nord s.p.a. davanti alla Corte di cassazione con ricorso notificato in data 06/07/2011;
1.1. come si evince dalla motivazione dell’atto impugnato, il provvedimento di diniego era stato adottato in quanto la cartella di pagamento era stata emessa ai sensi degli artt. 36 bis del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e 54 bis del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, a mezzo il controllo automatizzato della dichiarazione dei redditi del contribuente, con conseguente non definibilità della lite fiscale;
2. avverso il menzionato diniego, il contribuente proponeva ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo, e depositava, altresì, memoria ex art. 380 bis. 1 cod. proc. civ.;
3. l’Agenzia delle entrate resisteva con controricorso.
Considerato che
1. con l’unico motivo di ricorso M.G. denunciava la violazione o la falsa applicazione dell’art. 16 della I. 27 dicembre 2002, n. 289 (richiamato dall’art. 39, comma 12, del d.l. 6 luglio 2011, n. 98, conv. con modif. nella I. 15 luglio 2011, n. 111), in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., evidenziando che la cartella di pagamento emessa a seguito di controllo automatizzato costituisce un atto impositivo, con conseguente condonabilità delle somme richieste;
2. il motivo è fondato;
2.1. la giurisprudenza di questa Corte, proprio con riferimento all’art. 39 del d.l. n. 98 del 2011, si è da ultimo consolidata nel senso che «in tema di condono fiscale, rientrano nel concetto di lite pendente, con possibilità di definizione agevolata ai sensi dell’art. 16, comma 3, della l. n. 289 del 2002, le controversie relative a cartella esattoriale emessa ex art. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973, non preceduta da precedente atto di accertamento, la quale, come tale, è impugnabile non solo per vizi propri, ma anche per motivi attinenti al merito della pretesa impositiva, trattandosi del primo e unico atto con cui la pretesa fiscale viene comunicata al contribuente» (Cass. n. 1295 del 25/01/2016; conf. Cass. n. 23269 del 27/09/2018; Cass. n. 23486 del 18/11/2016);
né trova applicazione, con riferimento all’istituto della definizione delle liti pendenti, il principio ricavabile dalla giurisprudenza comunitaria (si veda Corte di Giustizia CE del 17 luglio 2008, in causa C-132/06) e relativo alla non condonabilità dell’IVA per contrasto con la VI direttiva n. 77/388/CEE del Consiglio del 17 maggio 1977 (Cass. S.U. n. 3676 del 17/02/2010);
3. in conclusione il ricorso va accolto, con conseguente annullamento dell’atto di diniego e riconoscimento del diritto del ricorrente di definire la lite pendente ai sensi dell’art. 39, comma 12, del d.l. n. 98 del 2011;
3.1. la controricorrente va altresì condannata al pagamento delle spese del presente giudizio in favore del ricorrente, che si liquidano come in dispositivo avuto conto di un valore della lite compreso nella fascia tra euro 1.100,01 ed euro 5.200,00.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso e annulla l’atto impugnato; condanna la controricorrente al pagamento delle spese di lite, che si liquidano in euro 1.200,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 %
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