CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 17 gennaio 2019, n. 1203
Rapporto di lavoro – Appalto di servizi – Operatori di call center – Natura subordinata
Ritenuto che
la Corte d’Appello di Firenze, con sentenza n.1091/2012, in riforma della sentenza impugnata dall’Inps, rigettava l’opposizione svolta da Scuola 2F srl avverso l’iscrizione a ruolo di cui alla cartella esattoriale emessa per conto dell’Inps e con la quale era stato ad essa intimato – in qualità di obbligata solidale ai sensi dell’art. 29, 2° comma d.lgs. 276/2003 – il pagamento della somma complessiva di € 11.201,32 per la riscossione di contributi ed accessori in relazione ai rapporti di lavoro di addetti di L. R. s.r.l., con mansioni di operatori di call center, dei quali l’INPS aveva ritenuto la natura subordinata, nell’ambito di un appalto di servizi intercorso tra le due società;
a fondamento della decisione la Corte, richiamata la propria sentenza n. 494/2012 emessa tra le stesse parti, osservava che il rapporto d’appalto di servizi in questione fosse dimostrato dalla fattura con la quale L. R. Srl aveva contabilizzato il compenso complessivo dell’operazione; mentre i relativi addetti – il cui compito, secondo il notorio, consisteva nel procacciare possibili acquirenti mediante contatti telefonici – svolgevano una attività di natura subordinata posto che rispetto alla stessa attività non si rinvenivano margini di autonomia operativa;
contro tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione la Scuola 2F srl con due motivi, illustrati da memoria, nei quali deduce: 1) omessa motivazione ex art. 360 n. 5 c.p.c. in quanto la corte aveva completamente omesso di motivare la sentenza optando per una motivazione per relationem, senza dar conto dei motivi di impugnazione ed aderendo in maniera acritica al precedente; 2) omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa fatti decisivi per il giudizio (art. 360 n. 5 c.p.c.); violazione e falsa applicazione degli articoli 1655 c.c. e dell’articolo 29 del decreto legislativo 276/2003, per avere la Corte affermato immotivatamente – in mancanza di qualsiasi elemento di prova del rapporto e senza esaminare in alcun modo la presenza dei relativi indici rivelatori propri del rapporto di lavoro subordinato – che tutti i lavoratori dei call center sono subordinati per giungere cosi, in maniera del tutto apodittica, a riconoscere una responsabilità solidale di Scuola 2F srl in forza di un inesistente contratto d’appalto con L. R. srl; posto che i rapporti contrattuali erano intercorsi soltanto con la sig.ra A. L. la quale era legale rappresentante di L. R. Srl; ed aveva avuto prima un rapporto di agenzia e dopo un mandato di incarico alle vendite a domicilio con la Scuola 2F srl; né il rapporto di appalto di servizi di cui parla la sentenza poteva essere ricavato dalla fattura n. 1/2005 priva di sottoscrizione; l’Inps ha resistito con controricorso;
Considerato che
il primo motivo di ricorso è inammissibile in quanto il vizio fatto valere in ricorso, ai sensi dell’articolo 360 n. 5 c.p.c., non risulta conforme alla tipologia di vizi deducibili col ricorso per cassazione ai sensi della stessa norma in vigore dal 26.6.2012; ed invero poiché la sentenza impugnata è stata depositata in data 29.12.2012 parte ricorrente, ai sensi dell’articolo 360, primo comma, n. 5 c.p.c. (nella sua attuale formulazione, introdotta dall’articolo 54 del decreto-legge numero 83 del 2012, convertito con modificazioni nella legge numero 134 del 2012) avrebbe potuto censurare la sentenza soltanto per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti; mentre il ricorrente si limita a censurare l’omessa motivazione della sentenza che in realtà neppure esiste in quanto la Corte, richiamando la precedente pronuncia resa tra le medesime parti, ha ottemperato all’obbligo della motivazione spiegando, sia pure sinteticamente, che tra le stesse parti fosse intervenuto un contratto d’appalto di servizi e che i relativi addetti svolgessero attività di lavoro subordinato; e che da ciò discendesse quindi la responsabilità solidale della ricorrente nei confronti dell’INPS, ai sensi dell’art. 29,2° comma d.lgs. 276/2003;
è pure errato affermare che la motivazione per relationem sia di per sé illegittima (v. in contrario ad es. Cass. n. 17403 del 03/07/2018, Cass. n. 21978 del 11/09/203 Cass. 21037 del 23/08/2018) atteso che la nullità del provvedimento sussiste solo se il percorso argomentativo non consente di comprendere la fattispecie concreta, l’autonomia del processo deliberativo compiuto e la riconducibilità dei fatti esaminati al principio di diritto richiamato, mentre ciò non si è verificato nel caso di specie per le ragioni sopra indicate;
il secondo motivo è del pari inammissibile atteso che esso si risolve in una richiesta di riesame del merito precluso in sede di legittimità; posto che i fatti sui quali si incentrano le critiche della ricorrente sono stati esaminati dal giudice di secondo grado il quale ha motivato le proprie statuizioni al riguardo sia pure in un senso diverso da quello preteso dal ricorrente;
neppure sussiste la violazione di legge denunciata, in assenza dei requisiti suoi propri (Cass. 26.6.13, n. 16038; Cass. 1.12.14, n. 25419; Cass. 12.1.16, n. 287), avendo anzi la Corte esattamente applicato la norma in tema di responsabilità solidale del committente con l’appaltatore di servizi (Cass. 19.5.16, n. 10354), risolvendosi quindi il mezzo nella contestazione di una valutazione probatoria, inammissibile in quanto intesa ad una rivisitazione del merito, in presenza di adeguata e congrua argomentazione (al p.to 4, a pp. 4 e 5 della sentenza), e pertanto insindacabile in sede di legittimità (Cass. 16.12.11, n. 27197; Cass. 18.3.11, n. 6288; Cass. 19.3.09, n. 6694), tanto più nei rigorosi limiti introdotti dal novellato testo dell’art. 360, co. 1, n. 5 c.p.c. (Cass. s.u. 7.4.14, n. 8053; Cass. 10.2.15, n. 2498; Cass. 26.6.15, n. 13189; Cass. 21.10.15, n. 21439), applicabile ratione temporis;
per le esposte ragioni, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali come in dispositivo; si da atto che sussistono le condizioni richieste dall’art. 13, comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002 per il raddoppio del contributo unificato a carico del ricorrente principale.
P.Q.M.
Dichiara l’inammissibilità del ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in € 3200,00, di cui € 3000,00 per compensi professionali, oltre al 15% per spese generali ed oneri accessori. Ai sensi dell’art.13 comma 1 quater del Dpr 115 del 2002 da atto della sussistenza dei presupposti per versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma Ibis dello stesso art. 13.
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