CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 17 giugno 2021, n. 17476
Tributi – Agevolazioni – Soggetti colpiti dal sisma in Sicilia del 1990 – Rimborso maggiori somme indebitamente versate – Richiesta – Termine – Decorrenza
Rilevato che
1. E.M. impugnò il silenzio-rifiuto dell’Agenzia delle Entrate sull’istanza di rimborso presentata in data 1 luglio 2008 con la quale aveva richiesto, in quanto colpito dal sisma del 13 dicembre 1990, il rimborso delle somme indebitamente versate per IRPEF e ILOR per gli anni 1990, 1991 e 1992 rispetto a quelle dovute ai sensi dell’art. 9, comma 17, della legge n. 289 del 2002.
L’Agenzia delle entrate, costituendosi in giudizio, eccepì, tra l’altro, la tardività della richiesta di rimborso, il cui termine decorreva dalla data del versamento o, se posteriore, dal momento in cui si era verificato il presupposto della restituzione e, quindi, dalla data di entrata in vigore della legge n. 289 del 2002.
2. La Commissione tributaria provinciale adita accolse il ricorso, disponendo il rimborso del 90 per cento dei tributi versati e avverso la sentenza propose appello l’Agenzia delle entrate dinanzi alla Commissione tributaria regionale della Sicilia che confermò la decisione di primo grado.
Osservò che il rimborso spettava a tutti i residenti nei comuni colpiti dagli eventi calamitosi del dicembre 1990, dal momento che la disposizione normativa consentiva a chi doveva ancora pagare le imposte di ridurre l’originario debito tributario e a chi aveva già versato di ottenere il rimborso dell’importo corrisposto in eccedenza.
Richiamando, inoltre, la sentenza di questa Corte n. 22507 del 2012, disattese l’eccezione di tardività dell’istanza di rimborso, sottolineando che, per effetto degli interventi normativi succedutisi nel tempo, il termine a decorrere dal quale sorgeva il diritto al rimborso era stato più volte prorogato e da ultimo era stato fissato al 31 marzo 2008; di conseguenza l’istanza presentata dal contribuente in data 1 luglio 2008 doveva ritenersi tempestiva.
3. L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione avverso la decisione d’appello con un unico motivo, cui resiste il contribuente mediante controricorso.
Considerato che
1. Con l’unico motivo la difesa erariale censura la decisione impugnata per violazione dell’art. 21, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992, per avere i giudici di appello rigettato l’eccezione di decadenza per tardività dell’istanza di rimborso.
Sostiene che nella fattispecie in esame trova applicazione la disciplina a carattere residuale di cui al citato art. 21 decorrente dalla data di entrata in vigore della norma che ha introdotto il beneficio della riduzione delle imposte, ossia dal 1° gennaio 2003, cosicché l’istanza di rimborso avrebbe dovuto essere presentata entro il 31 dicembre 2004.
Fa, altresì, presente che, con ordinanza interlocutoria del 9 luglio 2014, la questione relativa alla decorrenza del termine utile per le richieste di rimborso è stata rimessa al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite.
2. La censura è infondata e non può essere accolta.
2.1. La questione posta dall’Agenzia delle Entrate è quella di stabilire se le disposizioni introdotte fra il 2006 ed il 2008 – art. 3 quater d.l. n. 300 del 2006, convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge n. 17 del 2007 ed art. 36-bis d.l. n. 248 del 2007, convertito dalla l. n. 31 del 2008 – abbiano inteso differire la possibilità di definizione a suo tempo prevista dal comma 17 dell’art. 9 della legge n. 289/2002, senza incidere sulla posizione dei soggetti che avevano adempiuto le obbligazioni tributarie relative ai medesimi anni, oppure se dette disposizioni possano applicarsi anche ai contribuenti che avevano invece versato i tributi per gli anni contemplati dal comma 17 dell’art. 9 citato, in modo da consentire loro di ottenere il rimborso di quanto corrisposto a partire dall’entrata in vigore delle stesse e secondo le modalità già previste dalla giurisprudenza di questa Corte nel vigore del comma 17 dell’art. 9 della legge n. 289/2002.
2.2. La questione, che era stata rimessa al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite, essendo stato rilevato un contrasto interpretativo tra diverse pronunce di questa Corte (Cass., 6-5, 30/07/2014, n. 17369), è stata risolta per il tramite di una norma di interpretazione autentica.
Infatti, la legge n. 190 del 2014, art. 1, comma 665 (Legge di stabilità del 2015, vigente dal 1 gennaio 2015) ha espressamente previsto che ‹‹I soggetti colpiti dal sisma del 13 e del 16 dicembre 1990, che ha interessato le province di Catania, Ragusa e Siracusa, individuati ai sensi dell’art. 3 dell’ordinanza del Ministro per il coordinamento della protezione civile 21 dicembre 1990, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 299 del 24 dicembre 1990, che hanno versato imposte per il triennio 1990-1993 per un importo superiore al 10 per cento previsto dalla legge 27 dicembre 2002, n. 289, art. 9, comma 17, e successive modificazioni, hanno diritto, con esclusione di quelli che svolgono attività d’impresa, per i quali l’applicazione dell’agevolazione è sospesa nelle more della verifica della compatibilità del beneficio con l’ordinamento dell’Unione Europea, al rimborso di quanto indebitamente versato, a condizione che abbiano presentato l’istanza di rimborso ai sensi del d.lgs. 31 dicembre 1992 n. 546, art. 21, comma 2, e successive modificazioni. Il termine di due anni per la presentazione della suddetta istanza è calcolato a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge 28 febbraio 2008 n. 31, di conversione del d.l. 31 dicembre 2007, n. 248…››, e cioè dal 1° marzo 2008 (Cass., sez. 5, 16/09/2016, n. 18205; Cass., sez. 6-5, 22/02/2018, n. 4291; Cass, sez. 5, 30/12/2020, n. 29913).
2.3. Nel caso di specie non risulta dagli atti che il contribuente eserciti attività d’impresa e, pertanto, applicando il principio su esposto, non può porsi in dubbio che la istanza, pacificamente avanzata in data 1 luglio 2008, sia da ritenersi tempestiva.
Occorre altresì dare atto dell’ulteriore jus superveniens atteso che le modalità (in relazione al limite di spesa fissato dalla l. n. 123 del 2017, art. 16 octies) di concreta erogazione dei rimborsi, (rimesso dalla norma primaria a provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate) esulano dall’ambito della definizione della controversia, venendo in rilievo eventuali questioni su consequenziali provvedimenti liquidatori emessi dall’Agenzia delle Entrate solo in fase esecutiva o di ottemperanza (Cass., sez. 5, 6-5, 13/12/2017, n. 29904 (§ 2.2, 2.3, 2.4); Cass., sez. 6-5, 18/06/2018, n. 16096).
3. Il ricorso va, pertanto, rigettato, con conseguente condanna della ricorrente al rimborso, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano come in dispositivo.
Quanto alla regolazione dell’obbligo del pagamento del doppio del contributo unificato, va fatta applicazione del principio secondo cui, nei casi di impugnazione respinta integralmente o dichiarata inammissibile o improcedibile, l’obbligo di versare, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, non può trovare applicazione nei confronti delle Amministrazioni dello Stato che, mediante il meccanismo della prenotazione a debito, sono istituzionalmente esonerate, per valutazione normativa della loro qualità soggettiva, dal materiale versamento del contributo stesso (Cass., sez. 5, 15/05/2015, n. 9974; Cass., sez. U, 25/11/2013, n. 26280).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 2.100,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge.
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