CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 17 luglio 2018, n. 18964
Agevolazioni tributarie – Credito d’imposta – Costi sostenuti per attività di ricerca industriale e sviluppo precompetitivo
Fatti di causa
In data 6 maggio 2009 la società A. spa inviava il formulario richiesto dall’art. 29 comma 2 d.l. n. 185 del 2008, convertito nella legge n. 2 del 2009, ai fini della prenotazione dell’accesso al credito di imposta previsto dall’art. 1 commi da 280 a 283 della legge 27 dicembre 2006 n. 296 in relazione ai costi sostenuti per attività di ricerca industriale e sviluppo precompetitivo.
Il Centro Operativo di Pescara comunicava il diniego del nulla osta di accesso al credito di imposta “per esaurimento delle risorse finanziarie”.
Contro il provvedimento di diniego la società proponeva ricorso alla Commissione tributaria provinciale di Pescara che lo accoglieva con sentenza n. 75 del 2010.
Il Centro Operativo di Pescara proponeva appello alla Commissione tributaria regionale che lo accoglieva con sentenza n. 75 del 19.10.2011, confermando il provvedimento di diniego. Deposita memoria.
Contro la sentenza di appello la società A. spa propone ricorso per cassazione sulla base di sei motivi ( il primo costituito dalla eccezione di illegittimità costituzionale).
L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.
Ragioni della decisione
Il ricorso è infondato.
1. Primo motivo: “Illegittimità costituzionale dell’art. 29 commi 1, 2 e 3 del d.l. 29.11.2008, convertito nella legge 28.1.2009 n. 2; violazione degli artt. 3, 41, 97 e 117 della Costituzione, in relazione all’art. 360 n.3 cod. proc. civ.” .
La Corte cost. con sentenza n.149 del 2017 ha esaminato la questione di legittimità costituzionale dell’art. 29 commi 1, 2 e 3 del d.l. 29.11.2008 n.185, convertito nella legge n.2 del 2009, dichiarandola in parte infondata ed in parte inammissibile, sul rilievo che il principio, di rilevanza anche costituzionale, del legittimo affidamento del cittadino, non esclude che esso possa essere inciso, anche con effetti retroattivi, in considerazione di altri valori di uguale rilevanza costituzionale ed presenza di una “causalità adeguata”, individuata nella assenza, nella originaria disciplina, di un tetto massimo di spesa pubblica, introdotto dalla disposizione censurata, con la conseguente necessità della previsione di una selezione dei contribuenti da ammettere al beneficio; con la considerazione finale che ” il diritto in questione ha ad oggetto il riconoscimento di un beneficio… per di più di natura fiscale, e quindi maturato in un ambito in cui il tasso di politicità delle scelte legislative è massimo” (paragrafo 12 parte-motiva).
2. Secondo motivo : “Contraddittorietà ed illogicità della motivazione circa un fatto controverso e risolutivo per la definizione del giudizio, in relazione all’art. 360 n.5 cod.proc.civ.”, nella parte in cui la C.T.R., dopo aver ritenuto sussistente un diritto soggettivo alla fruizione del credito di imposta, ha rigettato l’appello della contribuente.
Il motivo è infondato. Il giudice di appello, senza incorrere nel denunciato vizio di contraddittorietà della motivazione, ha osservato che, pur in presenza di un astratto riconoscimento del diritto alla agevolazione fiscale, la norma sopravvenuta di cui all’art. 29 del d.l. n. 185 del 2009, convertito nella legge n. 2 del 2009, in ragione dell’entità finita delle risorse pubbliche disponibili, ha introdotto una limitazione quantitativa alla fruizione del contributo precedentemente previsto dall’art. 1 della legge n. 296 del 2006 senza la previsione di un tetto massimo di stanziamento.
3. Terzo motivo: ” Violazione e falsa applicazione dell’art.3 della legge 212 del 2000 ( Statuto dei diritti del contribuente) in relazione all’art. 360 n.3 cod.proc.civ.”, nella parte in cui ha ritenuto che non sussista una divieto costituzionale alla efficacia retroattiva di una norma tributaria.
Il motivo è infondato. Questa Corte ha più volte affermato il principio che le norme contenute nella legge 27 luglio 2000 n. 212, tra cui l’art.3 che stabilisce la non retroattività delle disposizioni tributarie, anche se costituenti principi generali dell’ordinamento tributario, non hanno, nella gerarchia delle fonti, rango superiore alla legge ordinaria e quindi possono essere derogate da altre disposizioni di legge (Sez. 5, Sentenza n. 8145 del 11/04/2011 ; Sez. 5, Sentenza n. 4815 del 28/02/2014).Ne consegue che la regola generale della irretroattività delle disposizioni tributarie stabilita dall’art. 3 della legge n.212 del 2000 può essere derogata da altra specifica ed espressa norma, di pari rango legislativo, senza che ciò comporti violazione ai principi costituzionali.
4. Quarto motivo: “Violazione e falsa applicazione dell’art.10 comma 2 legge 212/2000 e dei principi comunitari in tema di legittimo affidamento, in relazione all’art.360 n.3 cod.proc.civ.”.
Il motivo è infondato. Il giudice di appello ha correttamente osservato che il principio dell’affidamento e della buona fede tutelato dall’art. 10 legge 212 del 2000 ha riguardo ai rapporti intercorrenti tra contribuente ed Amministrazione finanziaria e non è riferibile all’esercizio della potestà legislativa che, nel caso in cui sia esercitata in violazione del principio dell’affidamento dei cittadini, può integrare una ipotesi di incostituzionalità della norma, espressamente esclusa nel caso in esame dalla citata sentenza della Corte cost. (paragrafo 9 della parte – motiva) in cui si afferma, tra l’altro, la conformità della normativa nazionale sulla limitazione alla fruizione di agevolazioni fiscali alla giurisprudenza comunitaria in ragion del fatto che “le attribuzioni di agevolazioni fiscali maturano in ambito in cui il tasso di politicità della scelte legislative è massimo, come riconosciuto dalla stessa giurisprudenza della Corte Edu ” (paragrafo 12.2 parte- motiva). In riferimento al legittimo affidamento quale principio del diritto unitario europeo, la Corte di giustizia UE ha affermato che esso non si traduce nella aspettativa di intangibilità di una normativa, in particolare in settori in cui è necessario, e di conseguenza ragionevolmente prevedibile, che le norme in vigore vengano continuativamente adeguate alle variazioni della congiuntura economica (Corte UE sentenza del 23.11.1999, causa C-149 del 1996).
5. Quinto motivo: “Violazione e falsa applicazione dell’art.7 comma 1 legge 212/2000 nonché dell’art.3 della legge n.241/1990 in relazione all’art.360 n.3 cod.proc.civ.”, nella parte in cui la C.T.R. ritiene sufficientemente motivato il provvedimento di diniego.
Il motivo è infondato. Il giudice di appello ha rilevato che il provvedimento di diniego è stato motivato con l’intervenuto esaurimento delle risorse finanziarie destinate alla concessione della agevolazione fiscale in oggetto. L’indicazione di tale causale è sufficientemente esplicativa delle ragioni del diniego, ed il giudice di appello non è incorso in alcuna violazione delle norme che definiscono il contenuto dell’obbligo di motivazione degli atti tributari.
6. Sesto motivo: “Violazione e falsa applicazione dell’art. 7 comma 2 legge 212/2000 nonché dell’art.21-octies della legge n.241/1990, in relazione all’art. 360 n.3 cod.proc.civ.”, nella parte in cui la C.T.R. ha ritenuto che il diniego di nulla osta trasmesso telematicamente non necessitasse della indicazione del responsabile del procedimento.
Il motivo è infondato. Con specifico riguardo alla fattispecie in esame, questa Corte ha ribadito il principio generale di tassatività delle cause di nullità degli atti tributari, affermando che l’indicazione del responsabile del procedimento negli atti dell’Amministrazione finanziaria, previsto dall’art. 7 della legge 27 luglio 2000 n. 212, non è richiesta a pena di nullità in quanto tale sanzione è stata introdotta per le sole cartelle di pagamento dall’art. 36, comma 4-ter, del d.l. 31 dicembre 2007 n. 248, convertito nella legge 28 febbraio 2008, n. 31, e con riguardo alle sole cartelle riferite ai ruoli consegnati agli agenti della riscossione a decorrere dal 1 giugno 2008. (Sez. U, Sentenza n. 11722 del 14/05/2010 ). Posto che il provvedimento in oggetto è costituito da un diniego di agevolazione mediante concessione di credito di imposta, e non da una cartella di pagamento, l’omessa indicazione del responsabile del procedimento non costituisce causa di invalidità dell’atto. Anche volendo trasporre in ambito tributario la disposizione di cui all’art.21 octies della legge n.241 del 1990 relativa al procedimento amministrativo, richiamata da parte ricorrente, il risultato non cambia, poiché il secondo comma del citato art.21 octies esclude la possibilità di annullamento, per vizio del procedimento o di forma, di un provvedimento amministrativo a contenuto vincolato, quale è il diniego di agevolazione in esame, emesso a seguito di procedura interamente informatizzata e secondo un criterio meramente cronologico di assegnazione del credito di imposta in base all’ordine di arrivo delle domande e sino ad esaurimento delle risorse finanziarie disponibili.
Si compensano le spese in ragione della novità della questione, che ha richiesto uno scrutinio di legittimità costituzionale della relativa normativa.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Compensa le spese.
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