CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 17 luglio 2018, n. 19018
Intestazione fiduciaria del 49% delle quote della società – Qualità di socio di fatto – Simulazione del rapporto di lavoro – Ricorso inammissibile – Censura l’esito del giudizio interpretativo operato dai giudici di merito
Fatto
Rilevato che:
1. Il Tribunale di Rovereto, con sentenza nr. 48 del 2012, revocava il decreto ingiuntivo ottenuto da P. M. nei confronti della società T. D. sas (già srl) avente ad oggetto la retribuzione del mese di novembre 2010 e le competenze di fine rapporto, ritenendo provata la simulazione del rapporto di lavoro e la qualità di socia di fatto della stessa;
2. la Corte di Appello di Trento, investita con gravame di P. M., con sentenza nr. 45 del 2013, in riforma della decisione di primo grado, ha respinto l’opposizione di T. D. sas al decreto ingiuntivo nr. 30 del 2011; la Corte territoriale, per quanto qui di rilievo, ha ritenuto che la convenzione sottoscritta il 20.12.2002, contenente controdichiarazione ex art. 1414 cod.civ., avesse ad oggetto unicamente l’intestazione fiduciaria del 49% delle quote della società, senza che, dal suo contenuto, potesse desumersi altro; secondo la Corte distrettuale, la convenzione ed i relativi allegati andavano a definire la posizione che sarebbe stata assunta dai membri della famiglia della M. nella neo costituita società, stabilendosi, in particolare, in relazione alla stessa, l’assunzione quale impiegata di terzo livello; né, dalle prove testimoniali, emergevano circostanze dalle quali inferire l’assenza di una subordinazione e l’attribuzione, alla M., di un potere gestionale;
3. per la cassazione della sentenza, T. D. S.A.S. di O. C. & C. ha proposto ricorso, affidato ai seguenti motivi:
3.1. con un primo motivo, denuncia – ai sensi dell’art. 360 nr. 3 cod. proc. civ. – la violazione e falsa applicazione degli artt. 1414,1362 e 1363 cod.civ; assume che la Corte territoriale non avrebbe valutato ed analizzato il contenuto della convenzione nella sua interezza, ossia unitamente alle scritture private alla stessa allegate; in particolare, nel determinare la comune volontà delle parti, la Corte di Appello si sarebbe limitata al dato letterale senza valutare il comportamento complessivo delle parti ed omettendo completamente di indagare l’animus simulandi; nello specifico, i giudici di merito omettevano di considerare che il coniuge della M. non poteva apparire socio all’interno della società T. D., a seguito di una procedura fallimentare che lo aveva coinvolto e tanto giustificava la simulazione del rapporto di lavoro subordinato anche in relazione all’odierna controricorrente;
3.2 con un secondo motivo, denuncia – ai sensi dell’art. 360 nr. 3 cod. proc. civ. – la violazione e falsa applicazione dell’art. 116 cod. proc. civ. per aver la Corte di appello fondato la decisione unicamente su una testimonianza de relato;
4. ha resistito, con controricorso, P. M.;
5. parte ricorrente ha depositato memoria ex art. 380 bis 1. cod. proc. civ. e nota spese;
Diritto
Considerato che:
1. il primo motivo è inammissibile, non risultando soddisfati gli oneri di specificità; parte ricorrente omette la trascrizione integrale dei documenti ( convenzione ed allegati), in relazione ai quali censura l’esito del giudizio interpretativo operato dai giudici di merito. La censura, in ogni caso, è infondata; nonostante il formale richiamo alla violazione di norme di legge, contenuto nella rubrica, la stessa esprime, nella sostanza, un mero dissenso valutativo delle risultanze di causa ed invoca un diverso apprezzamento di merito delle stesse; deve, al riguardo, sottolinearsi che l’accertamento della simulazione (relativa) costituisce indagine di fatto riservata al giudice del merito al quale spetta stabilire se, in contrasto con la volontà di costituire un determinato rapporto espressa nell’atto negoziale, esista una concorde volontà delle parti tendente a porre in essere un diverso negozio vero e reale, destinato a rimanere occulto (cfr., tra le altre, Cass. nr. 4865 del 2001 e nr. 10089 del 1993); nella specie, la Corte di appello, sulla base di una motivazione coerente e logica, ha interpretato il contenuto e la portata degli accordi intercorsi tra le parti, alla stregua dei criteri ermeneutici dettati dal codice civile, ed escluso, per quanto in questa sede rileva, la simulazione del contratto di lavoro con P. M.;
2. il secondo motivo è inammissibile; la critica investe il valore di una testimonianza che si assume inidonea a sostenere il decisum in quanto de relato; il rilievo non si confronta con la sentenza impugnata; nella pronuncia non si rinviene una tale statuizione, in quanto, in relazione alla deposizione in discussione, si legge ( cfr. pag. 14), che il testimone è persona «a conoscenza diretta e piena dei fatti»;
3. complessivamente il ricorso va rigettato e le spese, liquidate come da dispositivo, poste a carico della parte soccombente;
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità liquidate in euro 3.500,00 per compensi professionali, oltre euro 200,00 per esborsi, spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis, dello stesso articolo 13.
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