CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 17 marzo 2020, n. 7380
Tributi – Indagini bancarie – Prelevamenti non giustificati su conti correnti – Associazione sportiva dilettantistica – Presunzione di pagamenti per operazioni passive non autofatturate – Accertamento omesso versamento Iva
Rilevato che
1. G.C. impugnò, innanzi alla commissione tributaria provinciale di Napoli, l’atto d’irrogazione di sanzioni (per euro 45.127,00), notificatogli il 10/06/2014, relativo al periodo d’imposta 2008, fondato su un atto di contestazione (n. TF5C0A006835), notificatogli il 10/12/2013, derivante da una verifica fiscale della Guardia di Finanza nei confronti della FC T. 1944 – Associazione sportiva dilettantistica (in seguito anche: «FC T. 1944, »«associazione sportiva», «ASD»), della quale egli era stato legale rappresentante dal 1°/03/2007 al 17/06/2008, che aveva portato all’emissione dei processi verbali di constatazione del 14/09/2009 e del 29/10/2010, quest’ultimo conseguente ad indagini bancarie eseguite, ai sensi dell’art. 32, del d.P.R. n. 600/1973, sui conti della ASD;
l’atto di contestazione (n. TF5C0A006835) addebitava al contribuente, quale autore della violazione, l’omesso versamento – che, in separato avviso di accertamento, era ascritto alla FC T. 1944 – degli importi dovuti per omessa autofatturazione di acquisti (euro 225.631,00), pari al totale dei prelevamenti non giustificati riscontrati sui conti correnti della associazione sportiva, considerati, ai fini IVA, come pagamenti eseguiti a fronte di operazioni passive non autofatturate;
2. il giudice di prossimità accolse il ricorso del contribuente e la CTR della Campania, con la sentenza indicata in epigrafe, ha respinto l’appello dell’ufficio, per quanto ancora interessa, rilevando che: (a) l’atto di contestazione del 10/12/2013 e il conseguente l’atto di irrogazione di sanzioni (oggetto di questo giudizio) erano nulli, per violazione dell’art. 12, della legge n. 212/2000, in quanto il primo di tali atti non era stato preceduto dal contraddittorio con il contribuente, il quale, pertanto, era stato privato della facoltà di giustificare le movimentazioni sui conti correnti dell’ASD; (b) come precisato dal giudice di primo grado, per costante giurisprudenza di legittimità, la responsabilità personale e solidale di chi ha agito in nome e per conto dell’associazione non riconosciuta, ai sensi dell’art. 38, cod. civ., non deriva dalla mera titolarità della rappresentanza dell’ente, bensì dall’attività concretamente svolta per conto di esso e risoltasi nella creazione di rapporti obbligatori tra l’associazione e i terzi; (c), nella specie, non era possibile ricostruire se le operazioni bancarie (per un totale di euro 225.631,00), da cui erano scaturiti l’atto di contestazione e l’atto di irrogazione delle sanzioni (qui impugnato), si riferissero a versamenti e prelevamenti direttamente attribuibili a C., ferma la considerazione che erano contestate anche operazioni avvenute dopo il 17/06/2008, giorno in cui egli era cessato dalla carica di presidente dell’associazione sportiva, e operazioni su un conto corrente della ASD acceso il 9/07/2008;
3. l’Agenzia ricorre per la cassazione di questa sentenza, sulla base di quattro motivi; il contribuente resiste con controricorso, illustrato con successiva memoria;
Considerato che
1. con il primo motivo del ricorso [1. Violazione e falsa applicazione degli artt. 32 e 42 comma 2 dpr 600/73 e 56 comma 5 d.p.r. 633/72, nonché 7 e 12 I. 212/2000, 2 e 16 del d.lvo 472/97, e 2697 c.c. in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c.], l’Agenzia censura l’errore di diritto della sentenza impugnata per avere affermato la nullità dell’atto di irrogazione delle sanzioni, per difetto di motivazione, a causa dell’omessa allegazione del processo verbale di constatazione che ne costituiva il fondamento, senza considerare che, vista la natura dell’atto impugnato, esso era sufficientemente motivato mediante il richiamo e l’allegazione degli stralci del pvc del 29/10/2010 (quello redatto a conclusione delle indagini bancarie sui conti della FC T. 1944) da cui emergevano le violazioni tributarie assoggettate a sanzione;
1.1. il motivo è fondato;
in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’irrogazione della sanzione amministrativa (nella specie ex art. 8, comma 3-bis, del d.lgs. n. 471 del 1997), non è assoggettata al termine dilatorio di sessanta giorni, previsto dall’art. 12, comma 7, della l. n. 212 del 2000 per gli atti di natura impositiva, trovando, invece, applicazione la disciplina speciale di cui all’art. 16 del d.lgs. n. 472 del 1997, ove sono indicate le peculiari modalità con le quali viene garantito il principio del contraddittorio rafforzato (Cass. 09/05/2017, n. 11391);
nella fattispecie concreta, la CTR non si è attenuta a questo principio diritto laddove, in sostanza, ha ravvisato la nullità dell’atto d’irrogazione delle sanzioni, per difetto del contraddittorio endoprocedimentale, facendo riferimento ad asserite violazioni del diritto di difesa del contribuente riguardanti non già detto atto sanzionatorio, regolato dal procedimento disciplinato dall’art. 16, del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, bensì ad altri atti ad esso prodromici (come l’atto di contestazioni di violazioni n. TF5C0A006835), estranei al perimetro di questo giudizio;
2. con il secondo motivo [2. Violazione e falsa applicazione, sotto altro profilo degli artt. 32 e 42 dpr 600/73 e 56 comma 5 dpr 633/72, nonché 7 e 12 I 212/2000, 2 e 16 del d.lvo 472/97, e 2697 c.c.; in relazione all’IVA: violazione e falsa applicazione dell’art. 12 comma 7 della legge n. 212/2000 e della sentenza CGUE 3.7.2014 in causa C-129/13 Kamino in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c.], l’Agenzia assume che la sentenza impugnata sembra affermare l’invalidità dell’atto d’irrogazione delle sanzioni perché non sarebbe stato assicurato il contraddittorio, trascurando che, trattandosi (anche) di tributi c.d. armonizzati (IVA), la violazione dell’obbligo del contraddittorio endoprocedimentale, da parte dell’AF, comporta in ogni caso l’invalidità dell’atto, purché, in giudizio, il contribuente assolva all’onere di enunciare compiutamente le ragioni che avrebbe potuto fare valere qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato e purché l’opposizione di dette ragioni si riveli non puramente pretestuosa (c.d. prova di resistenza);
ascrive alla commissione regionale di non’ avere valutato se il contribuente avesse o meno allegato le ragioni non pretestuose che avrebbe potuto fare valere se il contraddittorio in fase amministrativa fosse stato tempestivamente attivato;
2.1. il motivo è fondato;
secondo il radicato indirizzo della Corte, che il Collegio condivide: «In tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’art. 12, comma 7, della l. n. 212 del 2000 (cd. Statuto del contribuente), nelle ipotesi di accesso, ispezione o verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività, opera una valutazione “ex ante” in merito alla necessità del rispetto del contraddittorio endoprocedimentale, sanzionando con la nullità l’atto impositivo emesso “ante tempus”, anche nell’ipotesi di tributi “armonizzati”, senza che, pertanto, ai fini della relativa declaratoria debba essere effettuata la prova di “resistenza”, invece necessaria, per i soli tributi “armonizzati”, ove la normativa interna non preveda l’obbligo del contraddittorio con il contribuente nella fase amministrativa (ad es., nel caso di accertamenti cd. a tavolino), ipotesi nelle quali il giudice tributario è tenuto ad effettuare una concreta valutazione “ex post” sul rispetto del contraddittorio.» (Cass. 15/01/2019, n. 701);
in altri termini, in tema di tributi armonizzati, la violazione dell’obbligo generale di contraddittorio endoprocedimentale comporta l’invalidità dell’atto solo nel caso in cui il contribuente assolva all’onere di enunciare, in concreto, le ragioni che avrebbe potuto far valere (Cass. sez. un. 09/12/2015, n. 24823, menzionata, in motivazione, da Cass. 17/10/2019, n. 26365, in materia di tributi doganali);
ciò premesso in punto di diritto, nel caso in esame, ferme le considerazioni che reggono l’accoglimento del primo motivo, è dato rilevare altresì che, comunque, la CTR ha annullato l’atto di contestazione delle sanzioni conseguente (tra l’altro) alle violazioni in tema di «tributi armonizzati» (IVA), sul mero presupposto della violazione del diritto al contraddittorio, omettendo di verificare se il contribuente avesse o meno fornito la c.d. prova di resistenza, indicando, in modo puntuale, le giustificazioni (non pretestuose) che avrebbe potuto contrapporre, in fase amministrativa, alla pretesa erariale;
3. con il terzo motivo [3. Violazione degli artt. 2, 277 e 7 d.lvo 546/92, nonché 112 c.p.c. in relazione all’articolo 360, comma 1, n. 4 c.p.c.], l’Agenzia censura la sentenza impugnata per avere omesso di accertare l’imposta effettivamente dovuta, con una valutazione di merito, avvalendosi dei mezzi istruttori che aveva a disposizione, posto che le risultanze del pvc costituivano elementi di prova che la commissione regionale avrebbe potuto integrare ex officio (art. 7, cit.), ove necessario anche ordinando l’esibizione dell’intero processo verbale;
3.1. il motivo è assorbito per effetto dell’accoglimento del primo mezzo d’impugnazione;
si rileva, infatti, che l’esame, da parte della CTR, del merito della pretesa fiscale (costituente il presupposto dell’atto sanzionatorio) è stato compiuto ad abundantiam, essendo ultroneo e non necessario rispetto alla declaratoria di nullità dell’atto di contestazione delle sanzioni a causa per la violazione del (necessario) contraddittorio endoprocedimentale tra l’Amministrazione finanziaria e l’interessato;
4. con il quarto motivo [4. Violazione e falsa applicazione dell’art. 38, 2697 c.c. e 112 c.p.c. (in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.)], l’Agenzia premette che la sentenza impugnata, pur prendendo atto che C. era stato amministratore pro tempore dell’associazione sportiva, aveva negato che l’ufficio avesse dimostrato la responsabilità diretta del contribuente nella gestione dell’ASD; censura la sentenza impugnata per non avere considerato che era pacifico che il contribuente avesse svolto attività di legale rappresentante dell’associazione sportiva; le addebita, comunque, di avere pronunciato oltre il devoluto, giacché la questione della «imputabilità dell’attività concretamente svolta» attiene al merito della pretesa impositiva – contenuta in un avviso di accertamento (oggetto di autonoma impugnazione) – e non alla debenza o meno della sanzione da essa derivante;
4.1. il motivo è fondato;
la CTR ha errato laddove, anziché limitarsi alla verifica della legittimità dell’atto di irrogazione delle sanzioni, in assenza d’impugnazione (nell’ambito di questo giudizio) degli atti ad esso prodromici (l’avviso di accertamento e l’atto di contestazione della violazione tributaria), ha esteso il proprio sindacato al merito della pretesa impositiva, e cioè a un profilo estraneo al thema decidendum;
5. alla stregua di queste considerazioni, accolti il primo, il secondo, il quarto motivo e assorbito il terzo, la sentenza è cassata, con rinvio alla CTR della Campania, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità;
P.Q.M.
Accoglie il primo, secondo e quarto motivo del ricorso, cassa la sentenza e assorbito il terzo, rinvia alla commissione tributaria regionale della Campania, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
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