CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 17 marzo 2020, n. 7409
Cartelle esattoriali – Notifica – Prescrizione quinquennale
Rilevato che
la Corte d’appello di Lecce respingeva gli appelli proposti avverso la decisione di primo grado che, a sua volta, aveva dichiarato estinti i crediti vantati dall’INPS e dall’INAIL, oggetto di plurime cartelle esattoriali, per intervenuta prescrizione quinquennale maturata successivamente alla notifica delle cartelle stesse e prima della notifica dell’intimazione di pagamento e dell’iscrizione ipotecaria, oggetto di causa;
per quanto solo rileva in questa sede, la Corte territoriale, richiamata la sentenza delle sezioni unite di questa Corte, nr. 23397 del 2016, ha ritenuto applicabile la prescrizione quinquennale anche dopo che i crediti fossero divenuti irretrattabili;
avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate, affidato ad un unico ed articolato motivo; l’INAIL ha resistito con controricorso;
l’INPS, anche nella qualità di mandatario della Società di cartolarizzazione dei crediti INPS – S.C.C.I. S.p.A. -, ha depositato procura speciale in calce alla copia notificata del ricorso; è rimasto intimato F.D.C.;
è stata comunicata alle parti la proposta del giudice relatore unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio non partecipata.
Considerato che
con l’unico motivo – ai sensi dell’art. 360 nr. 3 cod.proc.civ. – è dedotta violazione dell’art. 2946 cod.civ., nonché dell’art. 49 del D.P.R. nr. 602 del 1973 e degli artt. 19, comma 4, e 20, comma 6, del D.Lgs. nr. 112 del 1999, per avere la sentenza impugnata applicato il termine di prescrizione quinquennale piuttosto che quello ordinario decennale, pur trattandosi di crediti iscritti a ruolo ed oggetto di cartelle di pagamento non impugnate dal debitore;
le censure sono inammissibili ai sensi dell’art. 360 bis cod.proc.civ., poiché la Corte territoriale ha deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza di questa Corte e l’esame del motivo non offre elementi significativi per rimeditare la consolidata elaborazione giurisprudenziale (Cass. nr. 7155 del 2017);
soccorre, in particolare, il principio di diritto enunciato da questa Corte a Sezioni Unite (Sez. U. nr. 23397 del 2016), secondo il quale:
«La scadenza del termine – pacificamente perentorio – per proporre opposizione a cartella di pagamento di cui al D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24, comma 5, pur determinando la decadenza dalla possibilità di proporre impugnazione, produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito contributivo senza determinare anche la cd. “conversione” del termine di prescrizione breve (nella specie, quinquennale, secondo la L. n. 335 del 1995, art. 3, commi 9 e 10,) in quello ordinario (decennale), ai sensi dell’art. 2953 c.c. Tale ultima disposizione, infatti, si applica soltanto nelle ipotesi in cui intervenga un titolo giudiziale divenuto definitivo, mentre la suddetta cartella, avendo natura di atto amministrativo, è priva dell’attitudine ad acquistare efficacia di giudicato. Lo stesso vale per l’avviso di addebito dell’INPS, che, dall’ 1 gennaio 2011, ha sostituito la cartella di pagamento per i crediti di natura previdenziale di detto Istituto (D.L. n. 78 del 2010, art. 30, conv., con modif., dalla L. n. 122 del 2010)»;
in linea con il richiamato principio, e con riferimento al preteso effetto novativo derivante dalla formazione del ruolo, questa Corte è intervenuta affermando che «In tema di riscossione di crediti previdenziali, il subentro dell’Agenzia delle Entrate quale nuovo concessionario non determina il mutamento della natura del credito, che resta assoggettato per legge ad una disciplina specifica anche quanto al regime prescrizionale, caratterizzato dal principio di ordine pubblico dell’irrinunciabilità della prescrizione; pertanto, in assenza di un titolo giudiziale definitivo che accerti con valore di giudicato l’esistenza del credito, continua a trovare applicazione, anche nei confronti del soggetto titolare del potere di riscossione, la speciale disciplina della prescrizione prevista dalla L. n. 335 del 1995, art. 3, invece che la regola generale sussidiaria di cui all’art. 2946 c.c. (Cass. n. 31352 del 04/12/2018), e ciò in conformità alla natura di atto interno all’amministrazione attribuita al ruolo (Cass. n. 14301 del 19/06/2009)»;
allo stesso modo, non assume rilievo il richiamo alle norme del D.Lgs. n. 112 del 1999 (artt. 19, comma 4, e 20, comma 6) nella parte in cui stabiliscono un termine di prescrizione decennale che questa Corte ha già chiarito essere strettamente inerente al procedimento amministrativo per il rimborso delle quote inesigibili, che in alcun modo può interferire con lo specifico termine di prescrizione previsto dalla legge per azionare il credito nei confronti del debitore (Sez. U. n. 23397 del 17/11/2016, Cass. n. 31352 del 04/12/2018);
in base alle svolte argomentazioni il ricorso va, dunque, dichiarato inammissibile, con le spese liquidate, in favore dell’INAIL, come da dispositivo, secondo soccombenza;
nulla si provvede nei rapporti con l’INPS, anche nella qualità indicata in epigrafe, e con F.D.C., in difetto di qualsiasi attività difensiva.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida, in favore dell’INAIL, in euro 7.000,00 per compensi professionali, in euro 200,00 per esborsi oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. nr. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
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