CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 17 marzo 2020, n. 7415
Inps – Opposizione alla cartella esattoriale – Omesso versamento dei contributi sulle retribuzioni versate ai dipendenti – Prescrizione
Rilevato che
1. la società in liquidazione E.P. Srl impugnò la sentenza del Tribunale di Firenze n. 783/05 che aveva respinto l’opposizione alla cartella esattoriale per il pagamento a favore dell’Inps di Euro 59.734,36 a titolo di contributi sulle retribuzioni versate ai dipendenti nel periodo aprile-settembre 1991, periodo per il quale era stata revocata l’iniziale ammissione al trattamento d’integrazione salariale;
2. con sentenza del 22-29 gennaio 2008 la Corte di Appello di Firenze accolse il gravame della società fondato sull’eccepita prescrizione, annullando l’iscrizione a ruolo e compensando le spese del doppio grado;
3. avverso questa pronuncia fece ricorso per cassazione l’Inps con un solo motivo, sostenendo che tra le parti si era formato un giudicato sulla non ricorrenza della prescrizione in relazione al credito contributivo azionato;
4. con sentenza n. 91 del 2012 questa Corte ha accolto il ricorso evidenziando che, con la precedente sentenza n. 4004 del 2005, era stato affermato che il credito avente ad oggetto i contributi previdenziali in questione non era prescritto; che, dunque, il giudicato sull’accertamento della non intervenuta prescrizione dei crediti previdenziali produceva effetti anche nel successivo giudizio di opposizione alla cartella esattoriale per cui la società non poteva opporre l’eccezione di prescrizione che già aveva opposto nel precedente giudizio; ne conseguiva che la Corte d’appello fiorentina, non tenendo conto di tale giudicato, aveva violato l’art. 2909 c.c., per cui andava disposta la cassazione della pronuncia affinché il giudice del rinvio si uniformasse a quanto statuito;
5. con sentenza n. 821 del 2014, la Corte di Appello di Bologna, in sede di rinvio, ha respinto “l’appello proposto dalla E.P. in liquidazione srl avverso la sentenza del Tribunale di Firenze n. 783/05”, “essendo coperto da giudicato l’accertamento in ordine alla non intervenuta prescrizione del credito controverso”; ha poi ritenuto non rilevante “la circostanza che il Consiglio di Stato con la sentenza n. 4205/11 abbia definitivamente annullato il provvedimento di diniego di pagamento della CIGS emesso dall’Inps, essendo vincolato il Collegio al principio espresso dalla Corte di Cassazione”;
6. ha proposto nuovo ricorso per cassazione la società affidandosi ad un unico motivo, cui ha resistito l’INPS con controricorso;
Considerato che
1. con il motivo si denuncia: “violazione o falsa applicazione degli artt. 384, 2° comma, e 394, 3° comma, c.p.c. – omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c.)”, sostenendo che, con la pronuncia del Consiglio di Stato n. 4205/2011 che aveva definitivamente annullato “il diniego di pagamento della CIGS emesso dall’Istituto”, sarebbe venuta meno la materia del contendere “per la sopravvenuta assenza di contribuzione da recuperare da parte dell’Inps”;
2. il motivo, come formulato, non può trovare accoglimento;
la Corte del rinvio incontestabilmente non ha violato le prescrizioni imposte dall’art. 384 c.p.c. atteso che, conformemente alla sentenza di cassazione, ha statuito che il credito contributivo in controversia non poteva considerarsi prescritto;
quanto alla questione di merito, circa il venir meno del presupposto alla pretesa contributiva azionata con la cartella esattoriale, parte ricorrente inammissibilmente non riporta nel corpo del motivo né i contenuti delle decisioni amministrative che pone a fondamento della censura, né tanto meno indica specificamente come ed in che modo la questione sia stata prima introdotta nel giudizio e successivamente coltivata in appello, oltre che nella riassunzione del giudizio di rinvio, rendendo impossibile a questa Corte di delibare la fondatezza della stessa in limine litis;
è principio consolidato, infatti, che la riassunzione della causa innanzi al giudice di rinvio instaura un processo chiuso, nel quale è preclusa alle parti, tra l’altro, ogni possibilità di proporre nuove domande, eccezioni, nonché conclusioni diverse, salvo che queste, intese nell’ampio senso di qualsiasi attività assertiva o probatoria, siano rese necessarie da statuizioni – ma non è certo questo il caso all’attenzione del Collegio – della sentenza della Cassazione (da ultimo Cass. N. 5137 del 2019; Cass. n. 4096 del 2007; Cass. n. 13719 del 2006; in senso analogo, Cass. n. 13006 del 2003); pertanto, la riassunzione della causa davanti al giudice di rinvio si configura non già come atto di impugnazione, ma come attività d’impulso processuale volta alla prosecuzione del giudizio conclusosi con la sentenza cassata (cfr. per tutte, Cass. n. 4018 del 2006);
ne consegue che la Corte del rinvio non avrebbe potuto pronunciarsi su questioni, domande e conclusioni nuove e diverse rispetto a quelle coltivate nel giudizio di appello che aveva dato luogo alla sentenza poi cassata, di qui la necessità di compiute allegazioni, nel presente ricorso per cassazione, circa il contenuto degli atti processuali del giudizio che ponessero detta questione; in ogni caso, poi, l’eventuale omissione di attività da parte del giudice del rinvio avrebbe dovuto essere denunciata quale error in procedendo rilevante a mente dell’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., e non certo come omesso esame di fatto decisivo ai sensi del n. 5 dello stesso articolo, rendendo, anche per questo verso, inammissibile la relativa censura;
3. conclusivamente il ricorso va respinto, con spese liquidate secondo soccombenza come da dispositivo;
occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali di cui all’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dall’art. 1, co. 17, l. n. 228 del 2012;
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese liquidate in euro 4.000,00, oltre euro 200,00 per esborsi, accessori secondo legge e spese generali al 15%.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
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