CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 17 ottobre 2022, n. 30407
Professionista – Avvocato – Iscrizione d’ufficio alla Gestione separata – Obbligo di pagamento delle sanzioni – Tutela dell’affidamento scusabile – Esclusione
Ritenuto in fatto
La Corte d’appello di Bari, in riforma della sentenza di primo grado, riteneva legittima l’iscrizione d’ufficio dell’avvocato C.N. alla Gestione separata costituita presso l’Inps, al fine di conseguire il pagamento del debito contributivo relativo al reddito da lavoro autonomo percepito nell’anno 2005.
La Corte riteneva che l’obbligo di iscrizione alla Gestione separata fosse dovuto in ragione del fatto che il reddito percepito dall’avv. C. era superiore alla soglia di esenzione di €5000 prevista per l’iscrizione alla Gestione separata, sebbene la ricorrente, in relazione ai propri dati reddituali, non fosse obbligata al versamento del contributo soggettivo presso la cassa di appartenenza. Negava poi che si fosse verificata la prescrizione del credito contributivo, posto che l’avv. C. non aveva compilato il quadro RR della dichiarazione dei redditi, così occultando dolosamente l’esistenza del debito contributivo, con correlata sospensione della prescrizione. Escludeva infine l’applicazione delle sanzioni civili in misura ridotta per difetto di prova del requisito di integrale pagamento dei contributi in contestazione.
Contro la sentenza, l’avv. C.N. ricorre per due motivi.
L’Inps resiste con controricorso.
A seguito di ordinanza interlocutoria resa dalla sesta sezione di questa Corte in data 23.3.21/24.6.21, la causa era rinviata a nuovo ruolo dinnanzi a questa sezione.
Considerato in diritto
Con il primo motivo di ricorso viene dedotta violazione e falsa applicazione dell’art.2, co.25 e 26 l. n.335/95, dell’art.18 d. l. n.98/11, conv. con mod. dalla l. n.111/11, per inesistenza dei presupposti per l’iscrizione d’ufficio alla Gestione separata costituita presso l’Inps.
Con il secondo motivo di ricorso viene dedotta violazione e falsa applicazione dell’art.2935 c.c., in quanto la mancata compilazione del quadro RR non poteva far presumere il dolo ai fini dell’art.2941 n.8 c.c. Viene inoltre censurata l’erronea applicazione dell’art.116, co.8 l. n.388/00, in ragione dell’incertezza che sussiste nell’assoggettamento dell’avvocato alla Gestione separata, oltre che l’erronea quantificazione della sanzione irrogata.
Il primo motivo è manifestamente infondato.
A seguito dell’entrata in vigore dell’art.18, co.12 d. l. n. 98/11, questa Corte ha interpretato l’art.2, co.26 l. n.335/95 nel senso che il professionista non iscritto alla cassa previdenziale di categoria e non tenuto a versare il contributo c.d. soggettivo, deve essere iscritto alla Gestione separata presso l’Inps (Cass.30344/2017, Cass.32166/18, Cass.32608/18, Cass.5826/21). In particolare, se il professionista non supera la soglia di reddito tale da rendere obbligatoria l’iscrizione alla cassa – come è nel caso di specie – lo stesso è tenuto all’iscrizione presso la Gestione separata in virtù del principio di universalizzazione della copertura assicurativa, cui risulta funzionale l’art.2, co.26 l. n.335/95 (Cass.32508/18, Cass.519/19).
Tale assetto interpretativo dell’art.2, co.26 l. n.335/95 nella formulazione successiva al d.l. n.98/11, al quale la Corte d’appello si è uniformata, è stato da ultimo ritenuto costituzionalmente legittimo dalla Corte Costituzionale, con la sentenza n.104/22.
Da esso non vi è alcun motivo di discostarsi, con conseguente rigetto del primo motivo.
Manifestamente infondato è anche il secondo motivo limitatamente al suo primo argomento, ovvero quello attinente alla prescrizione. Questa Corte (v. tra le altre Cass.7254/21, Cass.37529/21) ha affermato che la valutazione circa il doloso occultamento (o meno) del debito contributivo in ragione della mancata compilazione del quadro RR della dichiarazione dei redditi, è un accertamento in fatto demandato al giudice di merito. Come tale, esso rimane sindacabile in sede di legittimità nei limiti dell’art.360, co.1, n.5 c.p.c. Ora, il motivo di ricorso non indica alcun fatto decisivo, omesso dalla motivazione della sentenza e oggetto di discussione tra le parti, dal quale si sarebbe dovuta evincere l’insussistenza di dolo in capo alla ricorrente relativamente alla mancata compilazione del quadro RR. Né, tanto meno, il motivo deduce che, in violazione dell’art.360, n.4 c.p.c., la motivazione della sentenza sul punto sarebbe del tutto apparente, non avendo considerato alcuna circostanza di fatto da cui desumere la sussistenza di un occultamento doloso del debito.
Fondato è invece l’ulteriore argomento di censura contenuto nel motivo e relativo all’obbligo di pagamento delle sanzioni di cui all’art.116 l. n.338/00.
I contributi omessi sono relativi all’anno 2005, e dunque ad epoca precedente l’entrata in vigore del d. l. n.98/11.
Come ritenuto da questa Corte (Cass.17970/22), sull’apparato sanzionatorio relativo ai professionisti iscritti d’ufficio alla Gestione separata, la Corte Costituzionale, con la citata sentenza n.104/22, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art.18, co.12 d. l. n.98/11, conv. in l. n.111/11, nella parte in cui non prevede che gli avvocati del libero foro non iscritti alla Cassa di previdenza forense per mancato raggiungimento delle soglie di reddito o di volume di affari di cui all’art.22 l. n.576/80, tenuti all’obbligo di iscrizione alla Gestione separata costituita presso l’Inps, siano esonerati dal pagamento, in favore dell’ente previdenziale, delle sanzioni civili per l’omessa contribuzione con riguardo al periodo anteriore alla sua entrata in vigore.
In particolare, si è affermato che “Nella fattispecie in esame l’affidamento dell’avvocato con reddito (o volume d’affari) “sottosoglia”, prima dell’entrata in vigore della disposizione di interpretazione autentica, avrebbe dovuto essere oggetto di specifica e generalizzata tutela ex lege per adeguare la disposizione interpretativa al canone di ragionevolezza, deducibile dal principio di uguaglianza (art.3, primo comma, Cost.).
Nell’esercizio della legittima funzione di interpretazione autentica, il legislatore era sì libero di scegliere, tra le plausibili varianti di senso della disposizione interpretata, anche quella disattesa dalla giurisprudenza di legittimità dell’epoca; ma avrebbe dovuto farsi carico, al contempo, di tutelare l’affidamento che ormai era maturato in costanza di tale giurisprudenza.
La reductio ad legitimitatem della norma censurata può, quindi, essere operata mediante l’esonero dalle sanzioni civili per la mancata iscrizione alla Gestione separata INPS relativamente al periodo precedente l’entrata in vigore della norma di interpretazione autentica. In tal modo è soddisfatta l’esigenza di tutela dell’affidamento scusabile, ossia con l’esclusione della possibilità per l’ente previdenziale di pretendere dai professionisti interessati, oltre all’adempimento dell’obbligo di iscriversi alla Gestione separata e di versare i relativi contributi, anche il pagamento delle sanzioni civili dovute per l’omessa iscrizione con riguardo al periodo intercorrente tra l’entrata in vigore della norma interpretata e quella della norma interpretativa”.
Posto che la sentenza della Corte Costituzionale è una sentenza di accoglimento, nei limiti sopra indicati, ne discende che – ha osservato ancora Cass.17970/22 – in base all’art.136 Cost., in combinato disposto con l’art.30 l. n.87/53, l’art.18, co.12 d.l. n.98/11 cessa di avere efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione, nella parte in cui non prevede che gli avvocati del libero foro non iscritti alla Cassa di previdenza forense per mancato raggiungimento delle soglie di reddito o di volume di affari di cui all’art.22 l. n.576/80, tenuti all’obbligo di iscrizione alla Gestione separata costituita presso l’Inps, siano esonerati dal pagamento, in favore dell’ente previdenziale, delle sanzioni civili per l’omessa contribuzione con riguardo al periodo anteriore alla sua entrata in vigore.
La sentenza della Corte Costituzionale cancella la norma incostituzionale dall’ordinamento giuridico con riferimento a tutti i rapporti non ancora esauriti, per cui nella presente fattispecie ciò determina che la questione prospettata in ordine alla debenza ed entità delle sanzioni civili, in quanto riferite all’anno 2005 in cui la legge dichiarata incostituzionale non era ancora entrata in vigore, va decisa con la conseguente declaratoria, nel merito, non essendo necessari ulteriori accertamenti, che nulla è dovuto per sanzioni civili in conseguenza del confermato obbligo di iscrizione alla Gestione separata da parte della ricorrente.
In definitiva, accogliendo nei sensi di cui sopra, la seconda parte del secondo motivo di ricorso e rigettati gli altri motivi, la sentenza va cassata in parte qua e, decidendosi nel merito la questione relativa all’applicabilità delle sanzioni civili connesse all’obbligo contributivo accertato, va dichiarato che nulla è dovuto a titolo di sanzioni per l’anno 2005.
In considerazione del fatto che nel presente giudizio di legittimità l’accoglimento in parte qua del secondo motivo deriva dalla sopravvenuta parziale declaratoria di illegittimità costituzionale della norma interpretativa, ricorrono idonee ragioni per compensare le spese di lite dell’intero processo.
P.Q.M.
Accolto per quanto di ragione il secondo motivo di ricorso e respinti gli altri, cassa in parte qua la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, dichiara che la ricorrente non è tenuta a versare le sanzioni civili relative alla sua iscrizione alla Gestione separata per l’anno 2005.
Dichiara compensate le spese di lite del’intero processo.
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