CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 17 settembre 2020, n. 19385
Tributi – Contenzioso tributario – Sentenza – Difetto di motivazione – Mancata esposizione dei motivi di fatto e di diritto – Effetti – Nullità
Rilevato che
1 – A.G. ricorre in primo grado avverso un avviso di accertamento relativo all’anno di imposta 2003 emesso dall’Agenzia delle Entrate di Agrigento sulla base di un processo verbale di constatazione della Guardia di Finanza. Lamenta la nullità dell’accertamento in quanto motivato esclusivamente per relationem a detto P.V.C. della Guardia di Finanza.
1.2 – La Commissione tributaria provinciale di Agrigento accoglie il ricorso ritenendo che l’avviso di accertamento non contenga una valutazione critica degli elementi riferiti dalla Guardia di Finanza (sent. M. 220/07/2008). L’Agenzia delle Entrate propone appello.
1.3 – La Commissione tributaria regionale della Sicilia con la decisione indicata in epigrafe “accoglie per quanto di ragione l’appello proposto dall’ Agenzia delle entrate… e, per l’effetto, in parziale riforma della sentenza impugnata, dichiara legittimo l’avviso di accertamento… limitatamente all’ Irap e all’ Iva dovute in relazione ai maggiori ricavi accertati, ed alle sanzioni applicate”.
1.4 – Avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale propone ricorso per cassazione il contribuente con quattro motivi e chiede cassarsi la decisione con il favore delle spese processuali.
1.5 – L’ Agenzia delle entrate non si costituisce entro i termini di legge.
Considerato che
2 – Con il primo motivo di ricorso si denunzia la nullità della sentenza ai sensi dell’ art. 360 co. 1 n. 4 cod. proc. civ., in relazione agli artt. 111 co. 6 Cost., 1 co. 2 e 36 co. 2 d. lgs. n. 546/1992, 156 cod. proc. civ., 118. La sentenza impugnata non conterrebbe la “succinta esposizione dei motivi di fatto e di diritto” che hanno indotto il giudice a dichiarare parzialmente legittimo I’ avviso di accertamento.
2.1 – Il secondo motivo di ricorso denunzia il vizio di cui all’ art. 360 co. 1 n. 3, lamentando, anche sotto questo profilo, l’inosservanza dell’ obbligo di motivazione previsto dalle stesse norme indicate nel primo motivo di ricorso.
2.3 – Il terzo e quarto motivo di ricorso denunziano entrambi il vizio di cui all’ art. 360 co. 1 n. 5 cod. proc. civ. per l’omessa valutazione di un fatto decisivo per il giudizio, costituito dagli indici di inattendibilità dell’ accertamento ai fini dell’ Irap e dell’ Iva (terzo motivo) e dall’ “omessa valutazione del collegamento funzionale fra la conduzione dei fondi e l’attività di allevamento” ai fini dell’ imposizione Irap ed Iva (quarto motivo).
3 – Tutti i motivi del ricorso possono essere esaminati congiuntamente; sono infatti fra di loro strettamente connessi, in quanto prospettano, sotto aspetti diversi, le medesime doglianze avverso la sentenza impugnata.
3.1 – Osserva preliminarmente la Corte che il vizio di motivazione rilevante come motivo di cassazione è stato oggetto di un considerevole ridimensionamento a seguito della riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134 (applicabile ratione temporis al ricorso qui in esame). La norma “deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione» (Cass. Sez. Un., 7 aprile 2014 n. 8053).
3.2 – Tanto premesso, ritiene la Corte che la motivazione della sentenza impugnata non rispetti i limiti previsti dalla giurisprudenza citata. Infatti, mentre nell’esordio afferma che “l’appello proposto dall’ Ufficio va accolto parzialmente per i seguenti motivi”, inaspettatamente, poi, elenca i motivi di una decisione di rigetto dell’appello, e non di accoglimento parziale in quanto deduce, senza alcuna eccezione, l’erroneità ed inattendibilità del P.V.C. della Guardia di Finanza su cui si fonda l’intero accertamento fiscale. Infine nel dispositivo decide la parziale riforma della sentenza appellata e “dichiara legittimo l’avviso di ‘accertamento n. RJ001EE00952 per l’anno 2003 limitatamente all’ Irap e all’ Iva, dovute in relazione ai maggiori ricavi accertati, ed alle sanzioni applicate”.
3.3 – Rileva pertanto la Corte che la sentenza impugnata ha omesso di indicare, neanche nella parte descrittiva dello svolgimento del processo, le ragioni di fatto e di diritto per cui ha ritenuto legittimo l’accertamento limitatamente all’ Irap e all’ Iva.
3.4 – Inoltre la decisione di “parziale accoglimento dell’appello dell’ Agenzia delle entrate” appare in contrasto con la motivazione di “erroneità ed inattendibilità del P.V.C. della Guardia di Finanza”, sì da rendere perplessa la motivazione ed incomprensibile lo stesso contenuto decisorio.
4 – Sussiste pertanto il vizio di nullità denunziato con il primo motivo del ricorso, che assorbe i rimanenti vizi denunziati e determina la cassazione della sentenza con rinvio al giudice di appello per un nuovo giudizio, cui si demanda ai sensi dell’art. 385 co. 3 cod. proc. civ., anche il regolamento delle spese del presente giudizio di cassazione.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Sicilia, in diversa composizione, per un nuovo giudizio, anche sulle spese.
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