CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 17 settembre 2020, n. 19422
Cartelle esattoriali relative a tributi e contributi previdenziali – Stato passivo del Fallimento – Opposizione – Produzione documentale effettuata da parte opponente – Decadenza dal potere di proporre eccezioni e mezzi di prova – Termine perentorio di 30 giorni – Nessun litisconsorzio necessario con l’Ente impositore nell’opposizione allo stato passivo fallimentare promossa dal concessionario per la riscossione
Fatti di causa
Il Tribunale di Palermo, con decreto n. 673/2018, depositato in data 20/6/2018, ha respinto l’opposizione, promossa dal concessionario per la riscossione, R.S. spa, sulla base di varie cartelle esattoriali relative a tributi e contributi previdenziali, ex art. 98 l.f., avverso lo stato passivo del Fallimento A. spa, dichiarato esecutivo dal giudice delegato, senza ammissione di alcuni crediti.
In particolare, il Tribunale, valutata unicamente la produzione documentale effettuata da parte opponente, ha ritenuto che non fossero stati prodotti i documenti giustificativi dei crediti in contestazione ed ha dichiarato gli interventi degli enti impositori, Inps ed Agenzia delle Entrate, ammissibili salvo loro decadenza dal potere di proporre eccezioni e mezzi di prova, oltre il termine di cui all’art.98 l.f., in quanto una diversa opzione interpretativa avrebbe comportato l’elusione del termine perentorio di trenta gg. per la proposizione dell’impugnazione in via diretta e del correlato termine per la indicazione, nel medesimo ricorso introduttivo, dei mezzi di prova e per la produzione dei documenti.
Avverso la suddetta pronuncia, la R.S. spa propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, nei confronti di Curatela Fallimento A. spa ed Agenzia delle Entrate (che resistono con controricorsi) e dell’INPS (che non ha svolto difesa).
E’ stata disposta la trattazione con il rito camerale di cui all’art. 380-bis c.p.c., ritenuti ricorrenti i relativi presupposti. La ricorrente ed il Fallimento A. controricorrente hanno depositato memorie.
Ragioni della decisione
1. La ricorrente lamenta, con il primo motivo, la violazione e falsa applicazione, ex art.360 nn. 3 e 4 c.p.c., dell’art.99 l.f., denunciando che erroneamente il Tribunale avrebbe dichiarato inammissibile gli interventi degli Enti impositori, ritenendoli tardivi laddove invece l’INPS e I’Agenzia delle Entrate si erano costituiti tempestivamente (con piena utilizzabilità della documentazione dagli stessi offerta), nel gennaio 2017, entro i termini e con le modalità dettate dall’art.99 l.f. e, in ogni caso, nell’opposizione allo stato passivo fallimentare promossa dal concessionario dei servizi per la riscossione di contributi previdenziali, qualora il debitore abbia sollevato eccezioni sul merito della pretesa creditoria o sulla compensazione di un proprio controcredito, sussiste litisconsorzio necessario con l’ente impositore, unico vero legittimato ad causam, cosicché la documentazione prodotta dai suddetti litisconsorti necessari pretermessi avrebbe dovuto essere esaminata dal Tribunale; con il secondo motivo, si lamenta poi l’omessa e contraddittoria motivazione, ex art.360 nn. 4 e 5 c.p.c., in punto di mancata ammissione della documentazione depositata dagli enti impositori.
2. La prima censura è infondata.
In ordine alla pregiudiziale questione relativa alla sussistenza o meno di un litisconsorzio necessario con l’Ente impositore nell’opposizione allo stato passivo fallimentare promossa dal concessionario per la riscossione dei contributi previdenziali (e tribute), questa Corte ha di recente ribadito (Cass. 13929/2019; Cass. 29798/2019; Cass. 30999/2019; conf. a Cass. 9016/2016; Cass. 25676/2014) che «in tema di riscossione dei contributi previdenziali mediante iscrizione a ruolo, nel giudizio promosso dal concessionario o instaurato nei suoi confronti, deve escludersi la configurabilità di un litisconsorzio necessario con l’ente creditore, non assumendo a tal fine alcun rilievo che la domanda (proposta, nella specie, con l’opposizione allo stato passivo fallimentare) abbia ad oggetto non la regolarità o la ritualità degli atti esecutivi, ma l’esistenza stessa del credito, posto che l’eventuale difetto del potere di agire o di resistere in ordine a tale accertamento comporta l’insorgenza solo di una questione di legittimazione, la cui soluzione non impone la partecipazione al giudizio dell’ente creditore, dovendo, la chiamata in causa di quest’ultimo, prevista dall’art. 39 del d.lgs. n. 112 del 1999, essere ricondotta all’art. 106 c.p.c., ed essere rimessa alla valutazione discrezionale del giudice del merito, il cui esercizio non è censurabile né sindacabile in sede d’impugnazione». Peraltro, già si era chiarito (Cass. 24202/2015; conf. Cass. 30880/2018 e Cass. 30999/2019) che, in tema di fallimento, l’iscrizione a ruolo del credito contributivo e l’attribuzione al concessionario della legittimazione a farlo valere nell’ambito della procedura fallimentare hanno valenza esclusivamente processuale, nel senso che il potere rappresentativo a tal fine attribuito agli organi della riscossione non esclude la concorrente legittimazione dell’INPS, il quale conserva la titolarità del credito azionato.
Non era quindi tenuto il Tribunale ad integrare il contraddittorio nei confronti degli Enti impostori, peraltro autonomamente intervenuti nel giudizio, con intervento ritenuto in sé pienamente ammissibile.
In relazione poi alla questione delle preclusioni istruttorie applicate dal Tribunale all’intervento (ad adiuvandum) degli enti impositori, avvenuto, nel gennaio 2017, nel termine di cui all’att. 99 l.f. ottavo comma (dieci gg. prima dell’udienza di comparizione delle parti; infatti, l’ottavo comma stabilisce che «l’intervento di qualunque interessato non può avere luogo oltre il termine stabilito per la costituzione delle parti resistenti con le modalità per queste previste», e quindi non oltre il termine di «almeno dieci giorni prima dell’udienza di comparizione» dettato dal comma settimo per la costituzione delle parti resistenti), ed alle produzioni documentali dagli stessi effettuate unitamente alla costituzione in giudizio, deve rilevarsi che il Tribunale ha ritenuto che l’INPS e l’Agenzia delle Entrate, pur essendo ammissibile (In linea teorica) il loro intervento, dovessero accettare il processo nello stato in cui esso si trovava e non potessero supplire alle lacune probatorie dell’atto di opposizione (proposto nel giugno 2016, entro i trenta gg. dalla comunicazione del Curatore del decreto di esecutività dello stato passivo), con riferimento alle quali erano già incorse decadenze.
Va, in effetti, ribadita la giurisprudenza di questa Corte secondo cui, in tema di opposizione allo stato passivo del fallimento, anche nella disciplina prevista dal d.lgs. n. 169 del 2007 (come nel regime intermedio, successivo al d.lgs. n. 5 del 2006), per la produzione di documenti a sostegno dell’istanza di ammissione al passivo non trova applicazione il divieto di cui all’art. 345 cod. proc. civ., versandosi in un giudizio diverso da quello ordinario di cognizione e non potendo la predetta opposizione essere qualificata come un appello, pur avendo natura impugnatoria; tale rimedio, infatti, mira a rimuovere un provvedimento emesso sulla base di una cognizione sommaria e che, se non opposto, acquista efficacia di giudicato endofallimentare ex art.96 legge fall., segnando solo gli atti introduttivi ex artt. 98 e 99 legge fall., con l’onere di specifica indicazione dei mezzi di prova e dei documenti prodotti, il termine preclusivo per l’articolazione dei mezzi istruttori (Cass. civ. sez. I n. 4708 del 25 febbraio 2011; Cass. civ. sez. VI-1 ordinanza n. 1342 del 26 gennaio 2016 ; Cass. 21201/2017). Ora è consolidato l’orientamento per cui, in relazione al generale disposto dell’art.268 c.p.c., nel giudizio a cognizione ordinaria, l’interveniente, salva la facoltà di proporre domande nei confronti delle altre parti, dovendo accettare il processo nello stato in cui si trova, non può dedurre – ove sia già intervenuta la relativa preclusione – nuove prove (Cass. 25624/2008; Cass. 15208/2011; Cass. 31936/2019).
Con riferimento proprio all’intervento in causa nel giudizio di opposizione allo stato passivo ed alla doglianza in ordine all’estrema rigidità della disciplina prevista dall’art. 99 legge fall, (deposito in cancelleria di memoria difensiva entro il termine di dieci giorni prima dell’udienza di prima comparizione nella quale devono essere sollevate, a pena di decadenza, le eccezioni processuali e di merito non rilevabili d’ufficio nonché devono essere indicati specificamente i mezzi di prova), questa Corte, in una recente pronuncia (Cass. 18782/2019, non massimata), ha fatto espresso richiamo al disposto dell’art. 268 comma 2 c.p.c, precisando che «nel giudizio di opposizione ex art. 98 legge fall., dovrà quindi essere cura di eventuali interessati verificare costantemente presso la cancelleria dei Tribunali la eventuale instaurazione di giudizi di opposizione allo stato passivo nell’immediatezza dell’avvenuta comunicazione ex art. 97 legge cit. del decreto che ha deciso le domande di insinuazione allo stato passivo».
La decisione del Tribunale di non prendere in esame la documentazione prodotta dagli intervenienti allorquando già era maturata la preclusione istruttoria in riferimento all’opposizione allo stato passivo del concessionario per la riscossione ex art.99 l.f. risulta pertanto conforme ai sopra esposti principi di diritto.
3. La seconda doglianza è inammissibile, in quanto viene dedotto un vizio motivazionale al di fuori dei limiti dell’attuale formulazione dell’art.360 n. 5 c.p.c., avendo il Tribunale argomentatamente affermato di non potere tener conto della documentazione prodotta tardivamente dagli intervenienti per le ragioni sopra esposte.
4. Per tutto quanto sopra esposto, va respinto il ricorso.
Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza, nel rapporto ricorrente/controricorrente Fallimento A. spa.
Sussistono giusti motivi per compensare integralmente le spese processuali nel rapporto ricorrente/controricorrente Agenzia delle Entrate, avendo quest’ultima parte tenuto una posizione d’adesione alle prospettazioni della ricorrente.
Non v’è luogo a provvedere sulle spese processuali nel rapporto ricorrente/INPS, non avendo tale intimato svolto attività difensiva.
P.Q.M.
Respinge il ricorso; condanna la ricorrente al rimborso delle spese processuali del presente giudizio di legittimitò in favore del controricorrente Fallimento A. spa, liquidate in complessivi € 30.000,00, a titolo di compensi, oltre € 100,00 per esborsi, nonché al rimborso forfetario delle spese generali, nella misura del 15%, ed agli accessori di legge; dichiara integralmente compensate le spese processuali nel rapporti ricorrente/controricorrente Agenzia delle Entrate.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del DPR 115/2002, dà atto della ricorrente dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, ove dovuto, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
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