CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 18 aprile 2018, n. 9479
Imposta di registro, ipotecaria e catastale – Compravendita autorimessa e cantina – Agevolazioni
Ritenuto che
F.D.M. impugnava innanzi alla CTP di Roma l’avviso di rettifica e liquidazione n. 20081T002322000 in materia di imposta di registro, ipotecaria e catastale, relativamente ad un atto di compravendita di un locale autorimessa e locale cantina, con cui l’Agenzia delle entrate rettificava il valore dichiarato dalle parti, accertando una maggiore imposta dovuta. Nell’impugnare il provvedimento, parte ricorrente rappresentava che per il locale autorimessa l’acquirente aveva richiesto l’applicazione dell’art. 1, tariffa I, allegato A, con le agevolazioni di cui alla nota II bis, di cui al d.P.R. n. 131 del 1986, ossia la fruizione dei benefici c.d.”prima casa”, mentre per l’autorimessa aveva chiesto l’applicazione dell’art. 52, comma 4, d.P.R. n. 131 cit., ossia la valutazione sulla base dei valori catastali. La CTP, con sentenza n. 32/37/11, accoglieva il ricorso, precisando che le doglianze relative alla mancata prova del maggior valore accertato dall’Ufficio risultavano fondate. L’Agenzia delle entrate impugnava la sentenza innanzi alla CTR del Lazio, ritenendola carente di motivazione ed affermando la valenza probatoria delle valutazioni dell’O, tali da rendere adeguatamente giustificato l’atto impositivo. La CTR accoglieva l’appello. F.D.M. ricorre per la cassazione della sentenza, svolgendo due motivi. L’Agenzia delle entrate si è costituita al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa, ai sensi dell’art. 370, comma 1, c.p.c..
Considerato che
1. Con il primo motivo di ricorso si censura la sentenza impugnata, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 51 e 52 del d.P.R. n. 131 del 1986, atteso che la CTR omette di statuire in ordine alle eccezioni di illegittimità sollevate da parte ricorrente in primo grado e ribadite in appello e, soprattutto, con riferimento all’eccezione sull’assenza nell’avviso di liquidazione di una valida comparazione con altre compravendite relative a beni similari aventi analoghe caratteristiche. I giudici di appello, pertanto, sarebbero incorsi in errore, ritenendo sufficiente il richiamo nell’atto impugnato alle valutazioni OMI, in palese violazione degli artt. 51 e 52 del d.P.R. n. 131 del 1986, non valutando l’ulteriore eccezione relativa alla mancata allegazione all’atto impugnato delle stime richiamate e, comunque, alla loro mancata riproduzione nel corpo del provvedimento.
2. Con il secondo motivo di ricorso si censura la sentenza impugnata, denunciando violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 52 d.P.R. n. 131 del 1986, e carenza e illogicità della motivazione, in violazione dell’art. 360 bis c.p.c., per aver deciso in modo difforme dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione adita, atteso che la CTR sarebbe incorsa in errore nella parte in cui ha ritenuto sufficiente, a provare la legittimità dell’accertamento dell’Ufficio, il richiamo alle stime dell’OMI, in evidente contrasto con la giurisprudenza di legittimità, operando altresì una ingiustificata inversione dell’onere della prova, in violazione delle disposizioni richiamate.
3. I motivi di ricorso, da esaminarsi congiuntamente per ragioni di connessione logica, sono fondati.
3.1. Questa Corte, con indirizzo costante, ritiene che le quotazioni OMI, risultanti dal sito Web dell’Agenzia delle entrate, ove sono gratuitamente e liberamente consultabili, non costituiscono fonte tipica di prova, ma strumento di ausilio ed indirizzo per l’esercizio della potestà di valutazione estimativa, sicché quali nozioni di fatto che rientrano nella comune esperienza, sono idonee solamente a “condurre ad indicazioni di valori di larga massima” (Cass. n. 25707 del 2015). Il riferimento alle stime effettuato sulla base dei valori OMI per aree edificabili nel medesimo comune non è, quindi, idoneo e sufficiente a rettificare il valore dell’immobile, tenuto conto che il valore dello stesso può variare in funzione di molteplici parametri quali l’ubicazione, la superficie, la collocazione nello strumento urbanistico, nonché lo stato delle opere di urbanizzazione (Cass. n. 18651 del 2016).
Come è stato osservato, l’art. 24, comma 5, legge n. 88 del 2009 (legge comunitaria 2008), ha modificato l’art. 39 del d.P.R. n. 600 del 1973 (così come l’omologo art. 54 del d.P.R. n. 633 del 1972, in materia di IVA), eliminando le disposizioni introdotte dall’art. 35 d.l. 4 luglio 2006, n. 223, convertito dalla legge 4 agosto 2006, n. 248: ciò a seguito di un parere motivato del 19 marzo 2009 della Commissione europea, la quale, nell’ambito del procedimento di infrazione n. 2007/4575, aveva rilevato l’incompatibilità, in relazione specificamente all’IVA ma con valutazione ritenuta estensibile dal legislatore nazionale anche alle imposte dirette, di tali disposizioni con il diritto comunitario. E’ stato così ripristinato il quadro normativo anteriore al luglio 2006, sopprimendo la presunzione legale (ovviamente relativa) di corrispondenza del corrispettivo effettivo al valore normale del bene, con la conseguenza che tutto è tornato ad essere rimesso alla valutazione del giudice, il quale può, in generale, desumere l’esistenza di attività non dichiarate “anche sulla base di presunzioni semplici, purché queste siano gravi, precise e concordanti”: e ciò, deve intendersi, con effetto retroattivo, stante la finalità di adeguamento al diritto comunitario che ha spinto il legislatore nazionale del 2009 ad intervenire (v. Cass. 21/12/2016, n. 26487; Cass. 26.9.2014, n. 20419; cfr. anche circ. Agenzia entrate 14 aprile 2010, n. 18).
4. La CTR non si è attenuta ai suindicati principi, ritenendo che l’accertamento effettuato dall’Ufficio su valori rilevati dalle valutazioni OMI risultavano “in massima parte adeguati ed attendibili… Per altro la ricorrente non aveva concretamente documentato la propria valutazione, presentata a riferita all’anno 2008 della compravendita”. Tale statuizione è erronea, e costituendo tali dati delle mere presunzioni semplici, inidonee a sorreggere da sole la pretesa impositiva, non si poneva neppure una questione di onere della prova contraria a carico del contribuente (Cass. n. 20089 del 2017).
5. Per quanto sopra esposto, in accoglimento del ricorso, va cassata la sentenza impugnata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, decidendo nel merito, va accolto il ricorso introduttivo proposto dalla contribuente. Le spese del giudizio di merito vanno integralmente compensate tra le parti, atteso il consolidarsi della giurisprudenza di legittimità sulla valenza dei valori OMI successivamente alla instaurazione della lite. Le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso introduttivo proposto dalla contribuente. Compensa le spese di lite dei gradi di merito e condanna la parte soccombente al rimborso delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in complessivi euro 2.300,00, oltre spese forfetarie ed accessori di legge.
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