CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 18 aprile 2018, n. 9505
Tributi – Imposta di registro – Polizza fideiussoria prestata a garanzia di un’obbligazione soggetta ad Iva – Decreto ingiuntivo ottenuto dal fideiussore che agisce in rivalsa nei confronti del debitore principale – Imposta proporzionale
Esposizione dei fatti di causa
1. La società V.A. S.p.A. impugnava il silenzio rifiuto serbato dall’Agenzia delle Entrate rispetto all’istanza presentata per la restituzione dell’imposta di registro versata in relazione al decreto ingiuntivo emesso dal tribunale di Milano. Detto decreto disponeva la condanna in rivalsa a carico del debitore fideiubato dalla società per le somme da quest’ultima corrisposte in favore dell’amministrazione creditrice per effetto di apposita polizza fideiussoria. L’Agenzia delle Entrate aveva tassato l’atto giudiziario liquidando l’imposta di registro proporzionale in applicazione dell’articolo 8, lettera b) della Tariffa Parte Prima allegata al D.P.R. 131/86. Sosteneva la contribuente che l’imposta era dovuta in misura fissa per effetto del principio di alternatività tra Iva e imposta di registro di cui all’articolo 40 del d.p.r. 131/86. La Commissione Tributaria Provinciale di Milano accoglieva il ricorso con sentenza che era confermata dalla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia con sentenza n. 47/6/13, sul rilievo che l’articolo 40 del d.p.r. 131/86 e l’articolo 8, lettera b), della Tariffa Parte Prima allegata al d.p.r. 131/86 stabiliscono l’applicazione dell’imposta fissa alla fattispecie in quanto l’ingiunzione si riferisce ad una polizza fideiussoria prestata a garanzia di un’obbligazione soggetta ad Iva.
2. Avverso la sentenza della CTR propone ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate affidato ad un motivo. La contribuente si è costituita in giudizio con controricorso.
3. Con l’unico motivo l’Agenzia delle Entrate deduce violazione di legge, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., in relazione all’articolo 8, lettera b della tariffa parte prima allegata al d.p.r. 131/86 in combinato disposto con l’articolo 40 del medesimo d.p.r.. Sostiene che il decreto ingiuntivo ottenuto dal fideiussore che agisce in rivalsa nei confronti del debitore principale è oggetto di una obbligazione autonoma che esula dal campo di applicazione dell’Iva o cui era soggetto l’obbligazione principale.
Esposizione delle ragioni della decisione
1. Osserva la Corte che il ricorso è fondato. Con riguardo all’art. 37 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 (ai sensi del quale, i decreti ingiuntivi esecutivi sono soggetti all’imposta di registro), all’art. 40 dello stesso d.P.R. (ai sensi del quale per gli atti relativi a cessione di beni e prestazione di servizi soggetti ad IVA, l’imposta di registro si applica in misura fissa) e all’art. 8, comma 1, lett. b) della Tariffa, Parte prima, allegata al d.P.R. n. 131/1986, con la relativa nota 2) (secondo cui sono atti soggetti a registrazione in termine fisso con aliquota del 3%, i decreti ingiuntivi esecutivi recanti condanna al pagamento di somme, salvo che si tratti di decreti che dispongono il pagamento di corrispettivi o prestazioni soggetti ad IVA ai sensi dell ‘art. 40), e con riferimento ad una fattispecie identica a quella che occupa, la Corte di legittimità ha già avuto modo di osservare (Cass. n. 2551 del 20/12/2017 dep. il 2/2/2018; Cass. n. 20262 del 9/10/2015; Cass. n. 25702 del 21/12/2015) che “al decreto ingiuntivo ottenuto dal garante nei confronti del debitore inadempiente, per il recupero delle somme pagate al creditore principale e soggette ad IVA, è applicabile l’aliquota proporzionale del tre per cento al valore della condanna, ai sensi dell’art. 8, comma 1, lett. b) della Tariffa, Parte I, allegata al d.P.R. n. 131 del 1986, non avendo spazio il principio di alternatività, in quanto l’obbligo azionato con tale pretesa, da un lato, deriva da un rapporto distinto ed autonomo da quello principale e, dall’altro, non si risolve in un corrispettivo o in una prestazione soggetta all’imposta sul valore aggiunto” Con le decisioni sopra dette, alle quali questo Collegio intende dare continuità, è stato superato il precedente e contrario orientamento – espresso da ultimo dalla ordinanza 19 giugno 2014, n. 14000, il quale faceva leva, oltre che sulla surrogazione del fideiussore al creditore, essenzialmente sulla pretesa inscindibilità dell’operazione costituita dal titolo e dall’obbligazione principali e dal titolo e dall’obbligazione accessori di garanzia, laddove invece, come osservato nelle citate decisioni, il titolo da cui scaturisce il debito principale è del tutto distinto dalla polizza fideiussoria cosicché, per un verso, è irrilevante la circostanza che quanto versato dal fideiussore si riferisca ad un rapporto soggetto ad iva e, per altro verso, il fideiussore che agisce per ottenere dalla parte debitrice quanto egli ha versato al creditore non fa valere il diritto al pagamento di corrispettivo per la concessione della fideiussione ma si limita ad esercitare i diritti già spettanti al creditore.
2. Il ricorso va, dunque, accolto e l’impugnata sentenza cassata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito, a norma dell’art. 384, comma 2, cod. proc. civ., ed il ricorso originario della contribuente va rigettato. Le spese processuali dei giudizi di merito si compensano tra le parti per l’evoluzione nel tempo della giurisprudenza in materia e quelle di questo giudizio, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso originario della contribuente. Compensa le spese processuali relative ai giudizi di merito e condanna la contribuente a rifondere all’Agenzia delle Entrate le spese processuali di questo giudizio, spese che liquida in complessivi euro 600,00, oltre alle spese prenotate a debito.
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