CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 18 aprile 2018, n. 9511
Tributi – Accertamento – Riscossione – Avviso di pagamento – Notificazione
Rilevato che
1. Il Consorzio di Bonifica Bassa Friulana propone due motivi di ricorso per la cassazione della sentenza n. 15/9/13 del 4 marzo 2013, con la quale la commissione tributaria regionale del Friuli Venezia Giulia – decidendo in sede di rinvio da Cass. ord. 8554/11 – ha ritenuto illegittimo l’avviso di pagamento notificato a G.V. e R.B. a titolo di canone consortile di bonifica e mantenimento 2006. Ciò con riguardo ad un fabbricato, in proprietà degli intimati, ricompreso nel perimetro del comprensorio consortile, in Comune di Torviscosa (artt. 10 e 11 r.d. 215/33; art. 860 cod.civ.; LLRR FVG nn. 44/83 e 28/02).
La commissione tributaria regionale, in particolare, ha rilevato che: – nel disporre la cassazione con rinvio della sentenza di appello (CTR FVG 40/2009/08) la S.C. (ord. 8554/11 cit.) aveva stabilito che il canone consortile in oggetto fosse dovuto solo nell’ipotesi di comprovato conseguimento, in capo al fabbricato degli intimati, di un vantaggio non genericamente riconducibile all’attività di bonifica del Consorzio, bensì diretto e specifico, come tale idoneo a tradursi in una qualità del fondo; – nel caso di specie, il Consorzio non aveva fornito tale prova, limitandosi a dimostrare l’inclusione dell’immobile nel perimetro consortile, ed il generico vantaggio da quest’ultimo conseguito per il solo fatto di rientrare in tale perimetro; – la prova in questione non poteva essere conseguita mediante una consulenza tecnica d’ufficio meramente esplorativa e, inoltre, tardivamente richiesta soltanto nel giudizio di rinvio; – stante “l’indubbia complessità delle questioni giuridiche trattate” si imponeva la compensazione integrale delle spese di tutti i gradi del giudizio.
Resistono con controricorso i contribuenti, i quali formulano anche un motivo di ricorso incidentale avverso quest’ultima statuizione di compensazione integrale delle spese.
Il Consorzio ha depositato memoria.
2.1 Con il primo motivo di ricorso il Consorzio lamenta – ex art. 360, 1^ co. nn. 3 e 5 cod.proc.civ. – violazione degli articoli 2697 cod.civ. e 112 cod.proc.civ., nonché omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione su un fatto decisivo del giudizio. Per avere la commissione tributaria regionale erroneamente accollato ad esso Consorzio l’onere di provare la sussistenza di un vantaggio diretto e specifico, nonostante che – nell’ipotesi di mancata contestazione dell’inserimento del fondo nel perimetro di contribuenza, nonché della legittimità del piano di riparto o classificazione – fosse onere del contribuente di fornire la prova dell’insussistenza di ‘utilitas’ (là dove i contribuenti si erano limitati a genericamente sostenere di non dover pagare, perché già onerati del canone di fognatura riconosciuto ad un altro Consorzio, svolgente però attività tutt’affatto diversa di raccolta liquami ed acque reflue).
Con il secondo motivo di ricorso il Consorzio lamenta – ex art. 360, 1^ co. nn. 3 e 5 cod.proc.civ. – violazione altresì degli articoli 115 e 116 cod.proc.civ., nonché carente motivazione. Per avere la commissione tributaria regionale accolto la domanda dei contribuenti, nonostante che questi ultimi non avessero provato il proprio assunto di insussistenza di beneficio diretto. E, comunque, per aver omesso di compiere un essenziale accertamento in fatto, disponendo la richiesta consulenza tecnica d’ufficio; così da valutare l’efficacia probatoria dei documenti prodotti dal Consorzio stesso e finalizzati a dimostrare che, dall’ inclusione del fondo nel perimetro del Consorzio e dalla presenza di canali, impianti ed opere (dal Consorzio pacificamente predisposte e manutenute) conseguiva in effetti un vantaggio specifico e diretto per il fondo dei contribuenti.
2.2 Con il motivo di ricorso incidentale i contribuenti deducono violazione dell’articolo 91 cod.proc.civ. e motivazione insufficiente e contraddittoria. Per avere la commissione tributaria regionale compensato integralmente le spese di lite in ragione dell’asserita “indubbia complessità delle questioni giuridiche trattatecomplessità in realtà insussistente, anche alla luce della consolidata giurisprudenza di legittimità in materia.
3.1 E’ fondato il primo motivo del ricorso principale del Consorzio, con assorbimento tanto del secondo motivo, quanto del motivo di ricorso incidentale.
Questa corte di legittimità, con la citata ordinanza n. 8554/11, ha ritenuto fondati i motivi di ricorso formulati dai contribuenti. Ciò “alla luce del principio ripetutamente affermato da questa Corte (Cass. Sent. 8960/1996; Sent. n. 8770 del 10/04/2009) secondo cui l’obbligo di contribuire alle opere eseguite da un Consorzio di bonifica e, quindi, l’assoggettamento al potere impositivo di quest’ultimo, postulano, ai sensi del R.D. 13 febbraio 1933, n. 215, art. 10 la proprietà di un immobile che sia incluso nel perimetro consortile e che tragga vantaggio, cioè un incremento di valore, da quelle opere; detto vantaggio, peraltro, deve essere diretto e specifico, conseguito o conseguibile dal singolo fondo, cioè idoneo a tradursi in una qualità del fondo, non essendo sufficiente un beneficio relativo al complessivo territorio e meramente derivante solo per riflesso dall’inclusione in esso del bene”.
Su tale presupposto, si imponeva pertanto la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio alla commissione tributaria regionale al fine di verificare, nella concretezza della fattispecie, la sussistenza – ovvero insussistenza – di un vantaggio così connotato.
Ebbene il giudice di rinvio, nella sentenza qui censurata, si è fatto carico del principio di diritto enunciato dalla suddetta decisione di legittimità (necessità di un vantaggio diretto e specifico, integrante una qualità del fondo suscettibile di arrecarne un incremento di valore), ma ha poi dichiarato non dovuto il canone consortile osservando che l’onere di provare un siffatto vantaggio gravava sul Consorzio; e che tale prova non era stata da quest’ultimo fornita.
Ciò perché il Consorzio si era limitato a provare soltanto “l’inclusione dell’immobile di proprietà degli originari ricorrenti nel perimetro consortile, ed il generico vantaggio conseguito dall’ immobile stesso per la mera circostanza di rientrare nel perimetro in questione”; senza al contempo dimostrare “il particolare vantaggio richiesto dalla cassazione (…), e cioè un vantaggio diretto e specifico, conseguito o conseguibile, dal singolo fondo, cioè idoneo a tradursi in una qualità del fondò incrementandone il valore”.
Ora, l’ordinanza di cassazione con rinvio individuava l’oggetto dell’accertamento giudiziale, ma lasciava impregiudicato il problema dell’onere della prova; in ordine al quale spettava tuttavia al giudice di merito di recepire l’orientamento di legittimità pure formatosi sul punto specifico.
La sentenza impugnata, in particolare, non ha tenuto conto del fatto che l’attività di bonifica idraulica dei territori in oggetto (comprensiva anche della manutenzione e dello sviluppo delle opere infrastrutturali di mantenimento) muoveva – ai sensi della citata normativa di riferimento, di natura sia statuale sia regionale – dalla previa approvazione di un ‘piano di classifica’, individuante i benefici derivanti agli immobili dei consorziati, con l’elaborazione dei relativi indici di quantificazione.
Orbene, su tale premessa, andava qui richiamato quanto appunto già stabilito da questa corte di legittimità, secondo cui: – l’adozione di tali strumenti, segnatamente del piano di classifica, ingenera una presunzione di vantaggiosità dell’attività di bonifica svolta dal Consorzio per i fondi ricompresi nell’area di intervento; – qualora il piano di classifica venga specificamente impugnato dal consorziato, la suddetta vantaggiosità deve essere provata ad onere del Consorzio che la deduca, secondo la regola generale di cui all’articolo 2697 cod.civ.; – qualora, invece, non vi sia stata impugnativa del piano di classifica, la presunzione in oggetto (di natura non assoluta, ma juris tantum) deve essere superata con onere della prova a carico del consorziato.
Già le SSUU hanno avuto modo di affermare, in particolare, che: “quando la cartella esattoriale emessa per la riscossione dei contributi di bonifica sia motivata con riferimento ad un “piano di classifica” approvato dalla competente autorità regionale, la contestazione di tale piano da parte di un consorziato, in sede di impugnazione della cartella, impedisce di ritenere assolto da parte del Consorzio il proprio onere probatorio, ed il giudice di merito deve procedere, secondo la normale ripartizione dell’onere della prova, aII’accertamento dell’esistenza di vantaggi fondiari immediati e diretti derivanti dalle opere di bonifica per gli immobili di proprietà del consorziato stesso situati all’interno del perimetro di contribuenza; in quanto, se la (verificata) inclusione di uno (specifico) immobile nel perimetro di contribuenza può essere decisiva ai fini della determinazione dell’ “an” del contributo, determinante ai fini del “quantum” è l’accertamento della legittimità e congruità del “piano di classifica” con la precisa identificazione degli immobili e dei relativi vantaggi diretti ed immediati agli stessi derivanti dalle opere eseguite dal Consorzio” (SSUU n. 11722 del 14/05/2010).
Tale principio si pone nel solco di SSUU n. 26009 del 30/10/2008, secondo cui: “in tema di contributi consortili, allorquando la cartella esattoriale emessa per la riscossione dei contributi medesimi sia motivata con riferimento ad un “piano di classifica” approvato dalla competente autorità regionale, è onere del contribuente che voglia disconoscere il debito contestare specificamente la legittimità del provvedimento ovvero il suo contenuto, nessun ulteriore onere probatorio gravando sul Consorzio, in difetto di specifica contestazione. Resta ovviamente ferma la possibilità da parte del giudice tributario di avvalersi dei poteri ufficiosi previsti dall’art. 7, d.lgs. n. 546 del 1992, ove ritenga necessaria una particolare indagine riguardo alle modalità con le quali il Consorzio stesso è in concreto pervenuto alla liquidazione del contributo”.
Cass. 17066/10 ha altresì osservato che il contribuente è sempre ammesso a provare in giudizio – anche in assenza di impugnativa diretta in sede amministrativa del piano di classifica – l’insussistenza del beneficio fondiario; sia sotto il profilo della sua obiettiva inesistenza, sia in ordine ai criteri con cui il Consorzio abbia messo in esecuzione le direttive del predetto atto amministrativo per la determinazione del contributo nei confronti dell’onerato. Con la conseguenza che – soddisfatto l’onere probatorio così posto a carico del contribuente – spetterà al giudice tributario di disapplicare, ex art. 7, 5^ co., d.lgs. 546/92, il piano di classifica medesimo, in quanto illegittimo.
Questo principio è poi stato successivamente ribadito da Cass. n. 20681/14 e da Cass. n. 21176/14, secondo cui: “in tema di contributi di bonifica, il contribuente, anche qualora non abbia impugnato innanzi al giudice amministrativo gli atti generali presupposti (e cioè il perimetro di contribuenza, il piano di contribuzione ed il bilancio annuale di previsione del Consorzio), che riguardano l’individuazione dei potenziali contribuenti e la misura dei relativi obblighi, può contestare, nel giudizio avente ad oggetto la cartella esattoriale dinanzi al giudice tributario, la legittimità della pretesa impositiva dell’ente assumendo che gli immobili di sua proprietà non traggono alcun beneficio diretto e specifico dall’opera del Consorzio. In tal caso, però, quando vi sia un piano di classifica approvato dalla competente autorità, l’ente impositore è esonerato dalla prova del predetto beneficio, che si presume in ragione della comprensione dei fondi nel perimetro d’intervento consortile e dell’avvenuta approvazione del piano di classifica, salva la prova contraria da parte del contribuente”.
Orbene, la decisione qui impugnata confligge con i principi così affermati (più recentemente ancora ribaditi da Cass. 3601/17), poiché la commissione tributaria regionale – come detto – ha deciso la lite ponendo l’onere probatorio in questione a carico del Consorzio; nonostante che la parte contribuente non avesse, né principalmente né incidentalmente, proposto specifica impugnativa o contestazione del piano di classifica in quanto tale. Essendosi infatti essa limitata ad affermare che nessun vantaggio era di fatto alla sua proprietà derivato dall’esecuzione delle opere di bonifica; e, segnatamente, che il canone in questione non era dovuto perché relativo ad un’attività già rientrante in quella svolta da altro Consorzio, preposto alla raccolta delle acque reflue ed alla gestione della rete fognaria comunale.
Dunque, a fronte del dato pacifico di causa costituito dall’inserimento del fondo dei contribuenti nel perimetro consortile, e della mancata contestazione da parte di questi ultimi del piano di classifica e di ripartizione approvato dall’autorità regionale, gravava sui contribuenti medesimi l’onere di superare la presunzione relativa di vantaggiosità specifica, mediante prova contraria.
Stante il riscontrato vizio di violazione normativa, segue la cassazione della sentenza impugnata in relazione al motivo accolto.
Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto – posto che i contribuenti non hanno offerto prova di insussistenza di specifico vantaggio, nei termini su indicati, limitandosi a sostenere la non debenza del contributo in ragione di quanto corrisposto per differente titolo ad altro Consorzio – sussistono i presupposti per la decisione nel merito ex art.384 epe, mediante rigetto del ricorso introduttivo.
Stante il consolidarsi in corso di causa del su richiamato orientamento interpretativo di legittimità, le spese dell’intero giudizio devono essere compensate.
P.Q.M.
– accoglie il primo motivo del ricorso principale; assorbiti il secondo motivo ed il ricorso incidentale;
– cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e decide nel merito mediante rigetto del ricorso introduttivo;
– compensa le spese dell’intero giudizio.
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