CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 18 dicembre 2018, n. 32684
Tributi – Accertamento bancario – Prova contraria da parte del contribuente – Verifica rigorosa da parte del giudice di merito in ordine all’efficacia dimostrativa delle prove fornite
Fatti e ragioni della decisione
V.G.E. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, contro l’Agenzia delle entrate, impugnando la sentenza resa dalla CTR Puglia, indicata in epigrafe, che ha parzialmente accolto l’appello proposto dall’ufficio, determinando i maggiori compensi accertati nei confronti del contribuente per l’anno d’imposta 2009 nel 50% di quelle indicati dall’ufficio. La CTR rigettava l’appello incidentale condizionato del contribuente e compensava le spese.
Secondo il giudice di appello doveva escludersi la nullità dell’atto di accertamento per violazione del termine dilatorio di cui all’art. 12 c. 7 l. n. 212/2000, vertendosi in ipotesi di verifica a tavolino, aggiungendo che se l’atto compiuto dai verificatori il 25.9.2012 dovesse ritenersi qualificabile come accesso, l’atto di accertamento era stato emanato dopo due anni. Nel merito, riteneva che a fronte dei maggiori compensi percepiti senza fattura dovevano essere computati i costi, sempre in via presuntiva, quantificabili nel 50% dei maggiori redditi accertati.
L’agenzia delle entrate si è costituita con controricorso.
I ricorrenti hanno depositato memoria.
Il ricorrente prospetta, col primo motivo, la violazione dell’art. 12 c. 7 l. n. 212/2000. La CTR avrebbe omesso di considerare che nel caso concreto era stata eseguita una verifica mista e non solo a tavolino, essendo iniziato con un accesso rivolto ad acquisire documenti e notizie. Da ciò sarebbe derivato che il termine dilatorio avrebbe dovuto cominciare a decorrere dalla fine delle attività di verifica, per la quale era mancato un processo verbale di constatazione.
Con il secondo motivo il ricorrente ha dedotto il vizio di omesso esame della documentazione giustificativa delle operazioni considerate dall’ufficio, allegate nel ricorso di primo grado.
Con il terzo motivo si deduce la nullità della sentenza impugnata che non aveva in alcun modo esaminato il tema della sussistenza dei maggiori compensi ritenuti dall’ufficio.
Il terzo motivo di ricorso, che merita di essere esaminato con priorità per ragioni di ordine logico, è fondato e assorbe l’esame degli altri motivi.
Ed invero, la sentenza impugnata ha apoditticamente riconosciuto la fondatezza della pretesa fiscale fondata su movimentazione bancaria indicata dall’ufficio, limitandosi a riconoscere un abbattimento del reddito accertato sulla base di compensi non fatturati in base alla determinazione presuntiva dei costi, calcolati nella misura del 50 %. Nel far ciò, però, il giudice di merito non ha assolto l’obbligo di fornire una motivazione che rispetti i canoni del c.d. minimo costituzionale – cfr. Cass. S.U. n. 8053/2014 – avendo totalmente tralasciato ogni riferimento alle modalità con le quali l’Ufficio aveva determinato il reddito ed all’inconsistenza degli elementi difensivi esposti dal ricorrente – nel ricorso introduttivo – allegato al ricorso per cassazione, – con i quali erano stati contestati i risultati dell’attività accertativa posta in essere a carico del P..
Questa Corte, anche di recente, non ha infatti mancato di ritenere che in tema di accertamenti bancari, poiché il contribuente ha l’onere di superare la presunzione posta dagli artt. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973 e 51 del d.P.R. n. 633 del 1972, dimostrando in modo analitico l’estraneità di ciascuna delle operazioni a fatti imponibili, il giudice di merito è tenuto ad effettuare una verifica rigorosa in ordine all’efficacia dimostrativa delle prove fornite dallo stesso, rispetto ad ogni singola movimentazione, dandone compiutamente conto in motivazione – cfr. Cass. n. 10480/2018. A tanto non risulta essersi adeguato il giudice di merito.
Sulla base di tali considerazioni, in accoglimento del terzo motivo, assorbiti rigettato il primo e assorbito il secondo, la sentenza impugnata va cassata, con rinvio ad altra sezione della CTR Puglia anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il terzo motivo di ricorso, assorbiti gli altri.
Cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della CTR Puglia anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
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