CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 18 dicembre 2020, n. 29089
Tributi – TARSU – Superficie destinata a rimessaggio di imbarcazioni
Rilevato che
Il Comune di Olbia ricorre per la cassazione della sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Regionale della Sardegna – Sezione Staccata di Sassari il 26 settembre 2017 n. 317/08/2017, non notificata, la quale, in controversia su impugnazione avverso due cartelle di pagamento per la T.A.R.S.U. relativa agli anni 2005 e 2006, ha accolto gli appelli proposti dalla “A. S.r.l.” nei suoi confronti avverso le sentenze depositate dalla Commissione Tributaria Provinciale di Sassari il 21 maggio 2008 nn. 80/04/2008 e 82/04/2008, con condanna alla rifusione delle spese giudiziali. Il giudice di appello riformava le decisioni di primo grado, sul rilievo che la convenzione intercorsa tra le parti nell’anno 2011 aveva riconosciuto l’esenzione dalla T.A.R.S.U. (con decorrenza dall’anno 2008) con riguardo alla superficie destinata a rimessaggio di imbarcazioni in ragione della produzione di rifiuti speciali soggetti a conferimento obbligatorio ad aziende specializzate.
La “A. S.r.l.” si è costituita con controricorso.
La controricorrente ha depositato memoria ex art. 378 cod. proc. civ..
Considerato che
1. Con il primo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 62, commi 1 e 2, e 70 del D.L.vo 15 novembre 1993 n. 507, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc civ., per aver erroneamente ritenuto che la contribuente avesse diritto alla totale detassazione dell’immobile destinato a rimessaggio di imbarcazioni, nonostante l’omessa denunzia ai fini T.A.R.S.U. e l’omessa comunicazione dei dati relativi all’esistenza ed all’estensione delle aree produttive di rifiuti speciali non assimilati ai rifiuti urbani e, quindi, estranee alla determinazione della superficie tassabile.
2. Con il secondo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 62, comma 3, e 70 del D.L.vo 15 novembre 1993 n. 507, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc civ., per aver erroneamente riconosciuto alla contribuente il diritto alla totale detassazione dell’immobile destinato a rimessaggio di imbarcazioni, nonostante l’omessa denunzia ai fini T.A.R.S.U. e la previsione della riduzione della T.A.R.S.U. nella misura del 30% per i locali utilizzati per la contestuale produzione di rifiuti speciali assimilati e di rifiuti speciali pericolosi non assimilati ai rifiuti urbani.
Ritenuto che
1. I motivi sono suscettibili di esame congiunto per la stretta ed intima connessione delle doglianze illustrate.
1.1 II Comune di Olbia ha invocato a sostegno della pretesa tributaria nei confronti della “A. S.r.l.” il regolamento approvato con deliberazione adottata dal Consiglio Comunale il 31 marzo 2003 n. 38, il quale, ai sensi dell’art. 62, comma 3, del D.L.vo 15 novembre 1993 n. 507, aveva individuato le categorie di attività produttive («quale quella di specie») di rifiuti speciali tossici e nocivi per l’applicazione di una percentuale di riduzione rispetto all’intera superficie su cui l’attività viene svolta, nonché la deliberazione adottata dal Consiglio Comunale il 22 maggio 1998 n. 52, la quale, ai sensi dell’art. 60 del D.L.vo 15 novembre 1993 n. 507, aveva assimilato i rifiuti speciali non pericolosi ai rifiuti urbani.
1.2 Secondo l’interpretazione di questa Corte, in tema di T.A.R.S.U. relativa alle superfici di esercizio dell’attività di cantieristica e rimessaggio per imbarcazioni, la facoltà, riconosciuta ai Comuni dall’art. 62, comma 3, del D.L.vo 15 novembre 1993 n. 507, di individuare, ai fini della determinazione della superficie non tassabile, categorie di attività produttive di rifiuti speciali, tossici o nocivi alle quali applicare una percentuale di riduzione rispetto all’intera superficie su cui l’attività viene svolta, non è correttamente esercitata ove il regolamento comunale si limiti a prevedere un limite quantitativo di riduzione applicabile indistintamente a tutte le attività produttive, occorrendo, invece, la specificazione delle categorie di attività produttive dei predetti rifiuti (le cui superfici sono altrimenti esenti da tassazione) assimilabili a quelle produttive di rifiuti ordinari (in termini: Cass., Sez. 5A, 28 aprile 2017, n. 10548).
1.3 In particolare, l’art. 11, commi 4, 6 e 7, del regolamento comunale dispone, rispettivamente, che «nella determinazione della tassa non si tiene conto di quella superficie ove, per specifiche caratteristiche strutturali e per destinazione, si formano esclusivamente rifiuti speciali pericolosi, allo smaltimento dei quali sono tenuti a provvedere a proprie spese i produttori stessi in base alle norme vigenti», che, per una serie di attività elencate, «(…) salvo i rifiuti prodotti negli uffici, nelle mense, negli spacci, nei bar, negli spogliatoi, nei servizi e nei locali al servizio dei lavoratori o comunque aperti al pubblico, ove risulti difficile determinare la superficie di locali e/o aree scoperte sulle quali avviene una contestuale produzione di rifiuti speciali assimilati agli urbani e di rifiuti speciali pericolosi, la determinazione della superficie complessiva assoggettata alla tassa è ridotta nella misura percentuale» all’uopo riportata in una tabella e che «gli utenti per essere ammessi ai benefici di cui ai commi 3) e 4) devono farne espressa richiesta e devono dimostrare che sulle superfici interessate si formano rifiuti speciali pericolosi non assimilati a quelli urbani, presentando idonea documentazione atta a comprovare lo smaltimento a proprie spese dei rifiuti speciali pericolosi, secondo le disposizioni normative di cui all’art. 190 di cui al D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152».
1.4 Nella specie, però, il giudice di merito ha espressamente escluso la tassabilità delle aree destinate al rimessaggio di imbarcazioni sulla base di uno specifico accordo stipulato tra l’ente impositore e la contribuente nell’anno 2011 (ma con decorrenza dall’anno 2008), in virtù del quale la superficie aziendale è stata considerata interamente produttiva di rifiuti speciali soggetti al conferimento obbligatorio ad aziende specializzate.
Tuttavia, l’ente impositore non ha dedotto alcunché sulla validità e/o sulla vincolatività di tale accordo, limitandosi ad evidenziare l’inosservanza della contribuente all’onere documentativo circa la richiesta del beneficio, la formazione sulle superfici interessate di rifiuti speciali pericolosi non assimilati ai rifiuti urbani e lo smaltimento a proprie spese dei rifiuti speciali pericolosi.
1.5 Peraltro, non può dubitarsi sull’efficacia inter partes – dell’accordo in questione, il quale si è limitato a riconoscere in via convenzionale al contribuente (la sussistenza dei requisiti per) un’esenzione specificamente prevista dal regolamento comunale (nella specie, dall’art. 11, comma 6), sul presupposto dell’integrale destinazione alla produzione di rifiuti speciali pericolosi – allo smaltimento dei quali il produttore stesso è obbligato a provvedere a proprie spese in base alle norme vigenti – della superficie utilizzata per il rimessaggio di imbarcazioni. In proposito, di recente, sia pure incidentalmente, questa Corte (Cass., Sez. 5A, 30 giugno 2020, n. 13107) ha avuto modo di affermare che il riconoscimento dell’esenzione dalla T.A.R.S.U. può essere oggetto di una convenzione tra ente impositore e contribuente, sempre che il beneficio sia stato previsto dal regolamento comunale sulla base di una disposizione legislativa, non potendo ammettersi che l’ente impositore riconosca esenzioni o agevolazioni di imposta in difetto di una norma di legge che le consenta (vedasi anche l’art. 67, del D.L.vo 15 novembre 1993 n. 507).
1.6 Tuttavia, la specifica pattuizione della decorrenza retroattiva dell’accordo in questione a partire dall’anno 2008 – secondo l’accertamento dei giudici di merito – non può essere estesa alla tassa dovuta per gli anni 2005 e 2006, essendo irrilevante al riguardo che la decisione del giudice di merito di prime cure risalga all’anno 2009, in quanto il presupposto della pretesa tributaria deve essere riferito all’anno di maturazione e non all’anno dell’accertamento giudiziario.
1.7 Pertanto, il beneficio dell’esenzione non poteva essere riconosciuto in totale carenza dei requisiti stabiliti dal regolamento comunale, il quale imponeva che «(…) gli utenti per essere ammessi ai benefici di cui ai commi 3) e 4) [quello relativo alla «(…) superficie ove, per specifiche caratteristiche strutturali e per destinazione, si formano esclusivamente rifiuti speciali pericolosi allo smaltimento dei quali sono tenuti a provvedere a proprie spese i produttori stessi in base alle norme vigenti»] devono farne espressa richiesta e devono dimostrare che sulle superfici interessate si formano rifiuti speciali pericolosi non assimilati a quelli urbani, presentando idonea documentazione atta a comprovare lo smaltimento a proprie spese dei rifiuti speciali pericolosi, secondo le disposizioni normative di cui all’art. 190 di cui al D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152».
2. Pertanto, stante la fondatezza dei motivi dedotti, il ricorso può trovare accoglimento e l’impugnata decisione deve essere cassata; non occorrendo ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384, comma 1, ultima parte, cod. proc. civ., con pronuncia di rigetto del ricorso originario della contribuente.
3. L’andamento della causa nelle fasi di merito ed il consolidamento in corso di causa dell’orientamento giurisprudenziale sulla questione controversa giustificano la compensazione delle spese dei giudizi di merito.
Viceversa, le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura fissata in dispositivo.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso originario del contribuente; compensa le spese dei giudizi di merito; condanna la contribuente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità in favore dell’ente impositore, liquidandole nella somma complessiva di € 2.500,00 per compensi, oltre a spese forfettarie ed altri accessori.
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