CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 18 febbraio 2020, n. 4084
Tributi – Accertamento – Canone di pubblicità – Adeguamento – Tariffe – Notifica – Scadenza dei temini
Ritenuto in fatto
Con ricorso depositato in data 17.5.2012 la N.S. S.r.l. impugnava il provvedimento con il quale Roma Capitale chiedeva l’adeguamento del canone di pubblicità per l’anno 2011. La contribuente lamentava l’illegittimità della delibera adottata nella seconda metà del 2011 con la quale era stato aumentato il canone di pubblicità, in violazione, a suo dire, del principio di irretroattività dei tributi.
La Commissione Tributaria Provinciale di Roma, dopo avere osservato a) che l’art. 3 legge n. 212/2000 (c.d. Statuto del Contribuente) vieta tassativamente le norme tributarie retroattive, potendosi applicare solo a partire dal periodo di imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore delle disposizioni che le prevedono, e b) che il regolamento adottato dal Comune nel luglio del 2011 poteva introdurre nuove imposte solo a partire dal 2012, previa disapplicazione della relativa delibera, accoglieva il ricorso annullando l’atto impugnato.
Avverso detta decisione proponeva appello Roma Capitale, chiedendone la riforma.
Con sentenza del 30.9.2016 la CTR Lazio dichiarava irricevibile per tardività e, comunque, infondato l’appello sulla base delle seguenti considerazioni:
1) il termine semestrale applicabile nella specie era scaduto alla data del 19 novembre 2015 (data della spedizione dell’atto di appello), in quanto la sentenza era stata pubblicata in data 14.4.2015;
2) pertanto, l’appello doveva essere dichiarato inammissibile, stante la evidente tardività della notifica;
3) in ogni caso, anche a voler ritenere l’appello tempestivo (per essere stata la prima notifica effettuata presso il domicilio eletto indicato nella sentenza di prime grado), il gravame era infondato, atteso che la contribuente non aveva chiesto l’annullamento della delibera comunale che aveva aumentato le tariffe concernenti il canone pubblicitario, ma si era limitata a chiedere l’accertamento del proprio diritto a non pagare la maggiore imposta richiesta e, quindi, la disapplicazione del regolamento ritenuto illegittimo;
4) il regolamento adottato dal Comune di Roma nel luglio del 2011, con lo scopo di reperire nuove risorse, non poteva disciplinare la previsione di nuove entrate tributarie retroattivamente, ma solo a partire dal 2012.
Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso Roma Capitale la N.S. s.r.I., sulla base di due motivi.
La la N.S. s.r.l. ha resistito con controricorso.
Ritenuto in diritto
1. Con il primo motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 325, 326, 327 e 330 c.p.c., in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c., per aver la CTR ritenuto tardivo e, dunque, inammissibile l’appello, nonostante il primo tentativo di notifica del relativo atto, tempestivamente eseguito, non fosse andato a buon fine per causa indipendente dalla volontà del notificante (essendo risultato il difensore costituito della contribuente “sconosciuto” presso il domicilio eletto) ed avesse in termini congrui fatto seguire un secondo tentativo presso la residenza dell’avvocato della controparte andato, invece, a buon fine.
1.1. Il motivo è infondato.
In tema di impugnazione, la notifica presso il procuratore costituito o domiciliatario va effettuata nel domicilio da lui eletto nel giudizio, se esercente l’ufficio in un circondario diverso da quello di assegnazione, o, altrimenti (cioè se esercente nel medesimo circondario), nel suo domicilio effettivo, previo riscontro, da parte del notificante, delle risultanze dell’albo professionale, dovendosi escludere che tale onere di verifica – attuabile anche per via informatica o telematica – arrechi un significativo pregiudizio temporale o impedisca di fruire, per l’intero, dei termini di impugnazione. Ove, peraltro, la notifica in detti luoghi abbia avuto ugualmente esito negativo per caso fortuito o forza maggiore (per la mancata od intempestiva comunicazione del mutamento del domicilio o per il ritardo della sua annotazione ovvero per la morte del procuratore o, comunque, per altro fatto non imputabile al richiedente attestato dall’ufficiale giudiziario), il procedimento notificatorio, ancora nella fase perfezionativa per il notificante, può essere riattivato e concluso, anche dopo il decorso dei relativi termini, mediante istanza al giudice ad quem, corredata dall’attestazione dell’omessa notifica, di fissazione di un termine perentorio per il completamento della notificazione ovvero, ove la tardiva notifica dell’atto di impugnazione possa comportare la nullità per il mancato rispetto dei termini di comparizione, per la rinnovazione dell’impugnazione ai sensi dell’art. 164 c.p.c. (Sez. U, Sentenza n. 3818 del 18/02/2009; conf. Sez. 1, Ordinanza n. 10212 del 28/04/2010, Sez. U, Sentenza n. 14494 del 16/06/2010 e Sez. 3, Sentenza n. 25339 del 17/12/2015, quest’ultima con riferimento ad una fattispecie in cui la S.C. ha confermato la sentenza di merito, che aveva dichiarato inammissibile l’appello in quanto l’appellante non aveva dedotto né documentato la non imputabilità a sé dell’esito negativo della prima notifica a causa della non accertabilità del mutamento di domicilio del difensore della controparte, peraltro già risultante dal timbro apposto nella memoria di replica depositata in primo grado).
Orbene, nel caso di specie, nonostante il difensore domiciliatario della N.S. s.r.l. (Avv. M.C.) avesse nel corso del giudizio di primo grado, con nota indirizzata al competente Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma in data 3.10.2013, la variazione del proprio indirizzo di studio (dalla Via U. alla Via M.) e tale variazione fosse stata prontamente registrata, Roma Capitale ha notificato, in data 5.11.2015 (e, quindi, allorquando il termine “lungo” per impugnare la sentenza di primo grado non era ancora scaduto), presso l’originario domicilio eletto (vale a dire presso lo studio in Via U.) per poi, non andato a buon fine il tentativo (essendo il destinatario risultato “sconosciuto” all’agente notificatore), reiterare tardivamente (allorquando, cioè, era già maturato il termine per impugnare, essendo lo stesso scaduto il 14.11.2015) la notifica dell’atto d’appello, in data 19.11.2015, presso la residenza (risultante dall’anagrafe tributaria) dell’avvocato di controparte.
Il notificante, in occasione del primo tentativo di notifica, avrebbe dovuto diligentemente individuare il domicilio effettivo del difensore della contribuente, previo riscontro delle risultanze aggiornate dell’albo professionale.
E’ tempestiva la notifica dell’atto di appello che, tentata in pendenza del termine per impugnare, non sia andata a buon fine per cause indipendenti dalla volontà del notificante, e sia stata da questi tempestivamente rinnovata, a nulla rilevando che la seconda notifica si sia perfezionata dopo lo spirare del termine per l’impugnazione. In applicazione di questo principio, Sez. 3, Sentenza n. 3356 del 13/02/2014 ha ritenuto incolpevole la prima omessa notifica, invano tentata presso il domicilio eletto dei procuratori costituiti, valorizzando, tra l’altro, la circostanza per cui, trattandosi di difensori esercenti in un circondario diverso da quello di assegnazione, sui medesimi gravava l’obbligo di comunicare i relativi mutamenti di domicilio, non conoscibili dalla controparte tramite la consultazione dell’albo professionale.
Nella fattispecie in esame, essendo competente per l’appello la CTR di Roma ed essendo l’avv. M.C., difensore allora della N.S. s.r.l, esercente nello stesso circondario di assegnazione, Roma Capitale avrebbe dovuto previamente verificare quale fosse il suo domicilio effettivo presso il quale effettuare la notificazione dell’atto di appello.
Invero, qualora risulti il trasferimento del difensore domiciliatario della parte destinataria della notifica, al fine di stabilire se il mancato perfezionamento sia imputabile al notificante, occorre distinguere a seconda che il difensore al quale viene effettuata detta notifica eserciti o meno la sua attività nel circondario del tribunale dove si svolge la controversia, essendo nella prima ipotesi onere del notificante accertare, anche mediante riscontro delle risultanze dell’albo professionale, quale sia l’effettivo domicilio del difensore, a prescindere dalla comunicazione, da parte di quest’ultimo, nell’ambito del giudizio, del successivo mutamento (Sez. 2, Sentenza n. 15056 del 11/06/2018; conf. Sez. 5, Ordinanza n. 8618 del 28/03/2019).
La notificazione dell’atto di appello effettuata al procuratore domiciliatario mediante consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario a ridosso della scadenza del termine utile per impugnare, senza che il notificante si sia accertato del cambio di domicilio del predetto procuratore ove quest’ultimo appartenga alla stessa circoscrizione del notificante, implica che l’eventuale difetto della notificazione sia imputabile allo stesso notificante, che non ha assolto all’onere di diligenza, sullo stesso gravante, del preventivo controllo dell’albo professionale, con conseguente inammissibilità dell’appello tardivamente proposto (Sez. 1, Sentenza n. 26189 del 19/12/2016; conf. Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 19733 del 08/08/2017).
In ogni caso, va ribadito che il difensore domiciliatario aveva ugualmente comunicato al proprio consiglio dell’ordine l’avvenuto mutamento del domicilio.
1.2. Da ultimo, occorre evidenziare che l’inammissibilità dell’impugnazione derivante dall’inosservanza dei termini all’uopo stabiliti a pena di decadenza è correlata alla tutela d’interessi di carattere generale e, come tale, è insanabile, oltre che rilevabile d’ufficio (Sez. U, Sentenza n. 6983 del 05/04/2005; con?. Sez. 5, Sentenza n. 12781 del 29/05/2006, Sez. 3, Sentenza n. 12993 del 31/05/2006 e Sez. 2, Sentenza n. 11666 del 05/06/2015), sicchè l’intervenuta costituzione dinanzi alla CTR del Lazio dell’allora appellata non avrebbe potuto giammai sanare il vizio la decadenza dall’impugnazione.
2. Con il secondo motivo la ricorrente 1) denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 1, co. 169, I. n. 296/2006 e del d.m. 30.6.2011, in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c., per aver la CTR in ogni caso ritenuto infondato l’appello, ritenendo erroneamente, a suo dire, che la contribuente avesse chiesto non già l’annullamento, ma la disapplicazione del regolamento che aveva aumentato le tariffe concernenti il canone pubblicitario.
2.1. Il motivo resta assorbito nel rigetto del primo.
3. Alla stregua di quanto precede, il ricorso non merita accoglimento.
Le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Ricorrono i presupposti di cui all’art. 13, comma 1-quater d.P.R. n. 115/02, applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), per il raddoppio del versamento del contributo unificato.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso, in favore della resistente, delle spese del presente grado di giudizio, che liquida in complessivi euro 4.000,00, oltre spese forfettarie ed accessori di legge.
Dichiara la parte ricorrente tenuta al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, a norma dell’art. 13, comma 1-quater d.P.R. n. 115/02.
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