CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 18 febbraio 2021, n. 4331
Tributi – Accertamento – Associazione sportiva dilettantistica – Disconoscimento del regime agevolativo – Natura commerciale dell’attività – Elementi di fatto rilevati in sede di verifica – Onere di prova contraria
Rilevato in fatto
B.S., in proprio e quale legale rappresentante dell’Associazione Sportiva Dilettantistica A.S.D. W.C., già A.S. M. Associazione Sportiva, ricorre con cinque motivi contro l’Agenzia delle entrate per la cassazione della sentenza n.4/01/12 della Commissione tributaria regionale del Friuli – Venezia Giulia (di seguito C.t.r.), pronunciata in data 21 novembre 2011, depositata in data 10 gennaio 2012 e non notificata, che ha parzialmente accolto l’appello dell’Ufficio sul ricalcolo dell’Iva e del reddito, in controversia avente ad oggetto l’impugnazione degli avvisi di accertamento per maggiori Ires, Irap ed Iva in relazione all’anno di imposta 2006;
con la sentenza impugnata, la C.t.r. riteneva che vi erano agli atti <<svariati elementi fattuali e convergenti alla dimostrazione della natura commerciale dell’attività svolta dall’associazione>>, puntualmente descritti nel prosieguo della motivazione;
secondo i giudici di appello, invece, non vi era alcuna prova dello svolgimento di un’attività non commerciale in favore degli associati, di cui non era stato neanche fornito alcun elenco;
infine, la C.t.r. riteneva che fossero fondati i rilievi dell’associazione per quanto riguardava il ricalcolo dell’Iva, dovendosi riconoscere la detrazione sui costi inerenti e documentati, e del reddito, con l’inclusione dei canoni di locazione del locale;
a seguito del ricorso, l’Agenzia delle entrate si è costituita ai soli fini dell’eventuale partecipazione all’udienza;
il ricorso è stato fissato per la Camera di Consiglio del 3 dicembre 2020, ai sensi degli artt. 375, ultimo comma, e 380 bis 1, cod. proc. civ., il primo come modificato ed il secondo introdotto dal d.l. 31.08.2016, n.168, conv. in legge 25 ottobre 2016, n.197;
l’Agenzia resistente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ.;
Considerato in diritto
con il primo motivo, il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 69, 73 e 148 d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (T.u.i.r.), nonché dell’art. 4 d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, e dell’art. 2195 cod. civ. in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod.proc.civ.;
con il secondo motivo, il ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione dell’art.10, primo comma, I. 27 luglio 2000 n. 212;
con il terzo motivo, la ricorrente denunzia l’insufficiente e contraddittoria motivazione, ex art. 360, primo comma, n.5, cod.proc.civ., su di un fatto decisivo e controverso;
il ricorrente deduce che le associazioni sportive dilettantistiche sono enti non commerciali, soggetti all’Ires ai sensi dell’art. 73 T.u.i.r.;
esse godono, però, di un particolare regime di favore, previsto dall’art.148, primo comma T.u.i.r., a norma del quale <<1. Non è considerata commerciale l’attività svolta nei confronti degli associati o partecipanti, in conformità alle finalità istituzionali, dalle associazioni, dai consorzi e dagli altri enti non commerciali di tipo associativo. Le somme versate dagli associati o partecipanti a titolo di quote o contributi associativi non concorrono a formare il reddito complessivo>>;
secondo il ricorrente, la C.t.r. non avrebbe considerato che l’applicabilità del regime agevolativo di favore, previsto per le associazioni sportive dilettantistiche, è subordinata alla sussistenza dei requisiti richiesti dalla normativa in oggetto, la cui dimostrazione spetta al contribuente che se ne voglia avvalere;
in particolare, i giudici di appello non avrebbero valutato la sussistenza dei requisiti previsti per il godimento del regime agevolativo, di cui l’associazione aveva dato dimostrazione documentale, con la produzione dello statuto, di documentazione contabile, certificati di affiliazione, dichiarazioni degli associati, verbali assembleari, deleghe per la partecipazione alle assemblee, elenco soci, eventi sportivi;
con il quarto motivo, la ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ. e dell’art.10, sesto comma, d.lgs. 4 dicembre 1997, n.460, in relazione all’art.360, primo comma, n.3, cod.proc.civ.;
secondo il ricorrente, l’Ufficio non avrebbe dato prova delle proprie contestazioni e la C.t.r. non avrebbe rilevato la mancata prova degli elementi elusivi contestati all’associazione, ritenendo sufficienti a tal fine meri elementi presuntivi;
con il quinto motivo, la ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione dell’art.1362 e dell’art.1414 cod. civ., in relazione all’art.360, primo comma, n.3, cod.proc.civ., nonché l’insufficiente e contraddittoria motivazione, ex art. 360, primo comma, n.5, cod.proc.civ., su di un fatto decisivo e controverso;
secondo il ricorrente, la C.t.r. sarebbe incorsa in un palese vizio di motivazione quando ha statuito che <<trattasi di verificare la spettanza di una agevolazione fiscale quale quella della non commerciabilità dell’attività svolta e non risulta che possa conseguire, fra l’altro, dalla consapevole messa in essere di un contratto, quale quello della locazione di ramo d’azienda, asserito come simulato, oltre i vari elementi esposti>>;
inoltre, la Commissione avrebbe violato la norma di cui all’art. 1362, secondo comma, cod. civ., in forza della quale, nella individuazione della volontà delle parti, si deve valutare il comportamento complessivo delle stesse, anche posteriore alla conclusione del contratto;
invero, nel caso di specie, la reale portata del contratto di affitto di ramo di azienda commerciale era, secondo le intenzioni delle parti, un contratto stipulato al solo fine di “aggirare” il divieto di sub-locazione dei locali esistente in capo alla società commerciale S.N.C., come rilevato dal giudice di primo grado, che aveva ritenuto possibile che, all’interno dei medesimi locali, potessero svolgersi attività similari in capo a soggetti diversi e diversamente fiscalmente rilevanti;
tale circostanza, secondo il ricorrente, risulterebbe pienamente provata dall’esame della copiosa documentazione sia civilistica che contabile sia con riferimento alla contabilità della SNC (in capo alla quale sono rimasti i contratti di forniture di servizi) sia agli introiti ed alle spese dell’Associazione ricorrente;
i motivi sono infondati e vanno rigettati;
a mente dell’art.148, primo, secondo e terzo comma, T.U.I.R. : << 1. Non è considerata commerciale l’attività’ svolta nei confronti degli associati o partecipanti, in conformità alle finalità istituzionali, dalle associazioni, dai consorzi e dagli altri enti non commerciali di tipo associativo. Le somme versate dagli associati o partecipanti a titolo di quote o contributi associativi non concorrono a formare il reddito complessivo.
2. Si considerano tuttavia effettuate nell’esercizio di attività commerciali, salvo il disposto del secondo periodo del comma 1 dell’articolo 143, le cessioni di beni e le prestazioni di servizi agli associati o partecipanti verso pagamento di corrispettivi specifici, compresi i contributi e le quote supplementari determinati in funzione delle maggiori o diverse prestazioni alle quali danno diritto. Detti corrispettivi concorrono alla formazione del reddito complessivo come componenti del reddito di impresa o come redditi diversi secondo che le relative operazioni abbiano carattere di abitualità o di occasionalità.
3. Per le associazioni politiche, sindacali e di categoria, religiose, assistenziali, sportive dilettantistiche, nonché per le strutture periferiche di natura privatistica necessarie agli enti pubblici non economici per attuare la funzione di preposto a servizi di pubblico interesse, non si considerano commerciali le attività svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali, effettuate verso pagamento di corrispettivi specifici nei confronti degli iscritti, associati o partecipanti, di altre associazioni che svolgono la medesima attività e che per legge, regolamento, atto costitutivo o statuto fanno parte di un’unica organizzazione locale o nazionale, dei rispettivi associati o partecipanti e dei tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali, nonché le cessioni anche a terzi di proprie pubblicazioni cedute prevalentemente agli associati >>;
il successivo comma 8, prevede << 8. Le disposizioni di cui ai commi 3, 5, 6 e 7 si applicano a condizione che le associazioni interessate si conformino alle seguenti clausole, da inserire nei relativi atti costitutivi o statuti redatti nella forma dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata o registrata:
a) divieto di distribuire anche in modo indiretto, utili o avanzi di gestione nonché fondi, riserve o capitale durante la vita dell’associazione, salvo che la destinazione o la distribuzione non siano imposte dalla legge;
b) obbligo di devolvere il patrimonio dell’ente, in caso di suo scioglimento per qualunque causa, ad altra associazione con finalità analoghe o ai fini di pubblica utilità, sentito l’organismo di controllo di cui all’articolo 3, comma 190, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, e salvo diversa destinazione imposta dalla legge;
c) disciplina uniforme del rapporto associativo e delle modalità associative volte a garantire l’effettività del rapporto medesimo, escludendo espressamente la temporaneità della partecipazione alla vita associativa e prevedendo per gli associati o partecipanti maggiori d’età il diritto di voto per l’approvazione e le modificazioni dello statuto e dei regolamenti e per la nomina degli organi direttivi dell’associazione;
d) obbligo di redigere e di approvare annualmente un rendiconto economico e finanziario secondo le disposizioni statutarie;
e) eleggibilità libera degli organi amministrativi, principio del voto singolo di cui all’articolo 2532, comma 2, del codice civile, sovranità dell’assemblea dei soci, associati o partecipanti e i criteri di loro ammissione ed esclusione, criteri e idonee forme di pubblicità delle convocazioni assembleari, delle relative deliberazioni, dei bilanci o rendiconti; è ammesso il voto per corrispondenza per le associazioni il cui atto costitutivo, anteriore al 1° gennaio 1997, preveda tale modalità di voto ai sensi dell’articolo 2532, ultimo comma, del codice civile e sempreché le stesse abbiano rilevanza a livello nazionale e siano prive di organizzazione a livello locale;
f) intrasmissibilità della quota o contributo associativo ad eccezione dei trasferimenti a causa di morte e non rivalutabilità della stessa>>;
dunque, l’applicabilità del regime agevolativo di favore, previsto per le associazioni sportive dilettantistiche, è subordinata alla sussistenza dei requisiti richiesti dalla normativa in oggetto, la cui dimostrazione spetta al contribuente che se ne voglia avvalere;
nel caso di specie, con riferimento ai primi tre motivi di ricorso, il giudice di appello, rilevando correttamente che fosse onere dell’associazione sportiva dilettantistica dimostrare la sussistenza dei requisiti richiesti dalla norma, ha ritenuto che la contribuente non avesse assolto a tanto, a fronte di elementi univoci dai quali, invece, emergeva la natura commerciale dell’attività svolta dall’Associazione nei confronti di soggetti terzi;
in particolare, la C.t.r. ha evidenziato che l’associazione sportiva risultava aver affittato (con due contratti successivi) l’intera azienda della società W. s.n.c. di S.B. & C., che svolgeva la propria attività negli stessi locali della società, utilizzando la stessa linea telefonica, gli stessi materiali informativi (depliant che pubblicizzavano, orari, prestazioni, prezzi e modalità di pagamento, senza alcuna menzione della natura associativa del club), la medesima generica denominazione di “W. fitness club”;
inoltre, in sede di verifica, era risultato che, di 31 persone presenti nella palestra, 18 avevano dichiarato di non essere soci;
tali elementi, secondo la C.t.r., univocamente dimostravano la natura commerciale dell’attività esercitata, senza che la documentazione fornita dalla contribuente riuscisse a scalfire tale efficacia probatoria;
la C.t.r., infatti, ha rilevato che risultava <<un elenco nominativo di persone che fruivano delle prestazioni dell’Associazione >>, in relazione alle quali vi erano << diffuse e significative annotazioni che rivelano la natura commerciale dell’attività della ricorrente quali “recupero di…settimane “, oppure “finanziamento consum.it”, “trimestrale gold”, “mensile open”, “promo estate-finanziamento”, “promonatale2005”, “10 ingressi- informagiovani”, “10 ingressi”, “acconto 200 e saldo 200”, “9 mesi gold- promoestate”, “recupera 1 mese”, “mensile gold aggiuntivo pagato il 27/01/06”, “sconto 30% arti marziali” e via di seguito >;
ancora la C.t.r. evidenziava, in ordine al materiale istruttorio raccolto dall’Ufficio, che vi erano <<agli atti di causa depliants pubblicitari (all. n. 17) sotto il nome di “W. Fitness Club “e riportanti indicazioni di “ampio parcheggio di orari di apertura “8.20-22.00” con dettaglio delle attività (quali fitness, cardio fitness, aerobica, step, fit circuii, bonificazione, etc.) e dei servizi (quali consulenza medica, diete personalizzate, massaggi, pranoterapia etc.), o altri depliant indicanti “W. Fitness Club-La palestra amica del tuo benessere” tutti rivelatori della natura commerciale dell’attività della ricorrente>>;
non pare, quindi, fondato quanto ritenuto dal ricorrente, secondo cui la C.t.r. avrebbe falsamente interpretato la normativa di riferimento ed, altresì, omesso di valutare un punto essenziale della controversia, concernente la corrispondenza o meno delle attività svolte dall’Associazione alle finalità istituzionali dell’ente;
ciò in quanto la sentenza impugnata ha escluso l’applicabilità dell’agevolazione prevista dell’art. 148 del TUIR all’attività dell’Associazione, poiché ha ritenuto che tale ente non avesse dimostrato di aver svolto attività non commerciale, in diretta attuazione degli scopi istituzionali, nei confronti degli iscritti ed associati;
infatti, il rilievo formulato dall’Agenzia con l’avviso di accertamento concerneva proprio lo svolgimento di attività commerciale nei confronti di terzi soggetti (non associati o partecipanti), nonché il mancato rispetto dei presupposti di cui all’art. 148, comma 8, e non, invece, la corrispondenza o meno dell’attività ai fini istituzionali dell’ ente;
con il quarto motivo, il ricorrente deduce che l’Ufficio non avrebbe assolto al proprio onere di dimostrare l’elusività del comportamento tenuto dall’Associazione ed avrebbe omesso di allegare al P. V.C. le dichiarazioni raccolte durante il sopralluogo, dalle quali emergeva che ben 18 soggetti su 31 non erano associati;
deve, però, rilevarsi che l’Ufficio non ha emanato l’accertamento ai sensi dell’art. 10, comma 6, D.Lgs. n. 460/1997, bensì in virtù degli artt. 39, I comma, e 40 del D.P.R. n. 600/1973;
l’art. 39 citato, dopo aver enunciato le diverse fattispecie che costituiscono i presupposti dell’accertamento del reddito d’impresa basato sulle risultanze della contabilità (cosiddetto accertamento analitico), prevede alla lettera d), ultimo periodo, che <<l’esistenza di attività non dichiarate o l’inesistenza di passività dichiarate è desumibile anche sulla base di presunzioni semplici, purché queste siano gravi, precise e concordanti>> (accertamento analitico-induttivo);
in virtù di tali disposizioni normative, l’Ufficio ha pienamente assolto al suo onere della prova, indicando precisi e concordanti elementi a sostegno della propria tesi, tutti ampiamente evidenziati nella decisione impugnata;
in merito, poi, alla doglianza relativa alla mancata allegazione al P.V.C. delle dichiarazioni raccolte durante il sopralluogo effettuato dai verificatori, si rileva la novità della questione, che non sembra essere stata avanzata nei precedenti gradi del giudizio;
risulta, comunque, anche infondata, in quanto, ove con essa il contribuente abbia voluto denunziare un difetto di motivazione dell’avviso di accertamento, tale vizio sarebbe insussistente in quanto il contenuto delle dichiarazioni è stato pacificamente riportato nell’atto impositivo, tanto che il ricorrente ha sostenuto l’irrilevanza nel merito di tali dichiarazioni già nel ricorso introduttivo di primo grado e nell’appello, dimostrando così di avere piena contezza circa il loro esatto contenuto;
per quanto riguarda, poi, la denunziata violazione del principio interpretativo di cui all’art. 1362, comma 2, c.c., oggetto del quinto motivo di ricorso, secondo il ricorrente la C.t.r. non avrebbe, nell’interpretare le disposizioni del contratto di locazione del ramo d’azienda, valutato il comportamento complessivo delle parti, anche posteriore alla sua conclusione;
il ricorrente, però, non evidenzia quale sarebbe stato il comportamento delle parti contraenti, ignorato dal giudice di appello, che avrebbe portato ad una diversa interpretazione del contratto di affitto del ramo di azienda, nel senso che lo stesso avrebbe dissimulato un mero subaffitto (vietato nel caso di specie) dei locali in cui si svolgeva l’attività sportiva;
invero, il giudice di appello, come si è visto, ha valutato il complesso di indizi, evidenziati dall’Ufficio in sede di accertamento, ritenendoli idonei a dimostrare che l’attività economica, svolta a suo tempo dalla società commerciale, sia transitata in due fasi diverse (i due contratti di affitto del ramo di azienda) integralmente all’associazione sportiva dilettantistica, consentendo all’azienda così gestita di beneficiare della tassazione agevolata prevista per gli enti non commerciali di tipo associativo, in assenza dei requisiti previsti per l’applicazione del regime fiscale agevolativo;
in conclusione, il ricorso va complessivamente rigettato ed il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali in favore dell’Agenzia delle entrate per l’attività difensiva effettivamente espletata;
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore dell’Agenzia delle entrate delle spese processuali, che liquida in euro 2000,00 per compensi, oltre spese prenotate debito.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 24 aprile 2020, n. 8182 - Prova dell'insussistenza della natura commerciale dell'Associazione Sportiva Dilettantistica
- CORTE di CASSAZIONE - Ordinanza n. 5094 depositata il 17 febbraio 2023 - In ordine all'efficacia del disconoscimento della sottoscrizione apposta sull'avviso di ricevimento prodotto solo in copia la mancanza di specificità del disconoscimento della…
- Corte di Cassazione ordinanza n. 21338 del 6 luglio 2022 - Il disconoscimento della conformità di una copia fotostatica all'originale di una scrittura non ha gli stessi effetti del disconoscimento previsto dall'art. 215, comma 2, cod. proc. civ.,…
- Superbonus - Interventi realizzati da una associazione sportiva dilettantistica negli spogliatoi dell'immobile affidato in gestione dal Comune in base ad una Convenzione - Articolo 119, comma 9, lett. e) del decreto legge 19 maggio 2020, n. 34 (decreto…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 30 aprile 2019, n. 11492 - Affinché un’associazione sportiva dilettantistica possa beneficiare delle agevolazioni fiscali previste in materia di IVA e di IRPEG, rispettivamente, dall’art. 4 d.P.R. 26 ottobre 1972, n.…
- CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 20 agosto 2019, n. 21535 - In tema di agevolazioni tributarie, l'esenzione d'imposta prevista dal D.P.R. n. 917 del 1986, art. 111 (ora art. 148), in favore delle associazioni non lucrative dipende non dall'elemento…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- L’indennità sostitutiva di ferie non godute
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 9009 depositata…
- Il giudice tributario è tenuto a valutare la corre
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 5894 deposi…
- Il lavoratore ha diritto al risarcimento del danno
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 10267 depositat…
- L’Iva detratta e stornata non costituisce elusione
L’Iva detratta e stornata non costituisce elusione, infatti il risparmio fiscale…
- Spese di sponsorizzazione sono deducibili per pres
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 6079 deposi…