CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 18 febbraio 2022, n. 5320
Rapporto di lavoro – Fallimento – Contratto di trasferimento d’azienda – Prova scritta – Spettanze del lavoratore
Rilevato che
F.D.C. ha proposto opposizione allo stato passivo del fallimento di R.R.G. s.r.I., per un credito di lavoro maturato dal 24 luglio 2001 al 31 gennaio 2012;
l’adito tribunale di Roma, nella contumacia della curatela del fallimento, ha respinto l’opposizione perché non era stato provato il rapporto di lavoro con la fallita; in particolare ha osservato che i contratti allegati in sede di opposizione attenevano a “prestazione d’opera” e a contratti “a progetto”, tutti conclusi con la diversa società C. R., a eccezione del contratto “a progetto” effettivamente stipulato il 1° febbraio 2012, per un breve periodo, con la fallita; nel contempo la responsabilità di questa, pur affermata ai sensi dell’art. 2112 cod. civ. in ragione del trasferimento d’azienda della C. R., non era stata supportata da prove: difatti il trasferimento era sì risultato dalla visura camerale allegata in sede di verifica dei crediti, ma il documento non era stato riprodotto nella fase di opposizione; e d’altra parte la vicenda traslativa dell’azienda avrebbe dovuto esser riscontrata per documenti, ai sensi dell’art. 2556 cod. civ., non bastando al riguardo la prova per testi;
D.C. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di cinque motivi;
la curatela non ha svolto difese.
Considerato che
I. – il ricorrente propone nell’ordine i seguenti motivi di ricorso: (i) omessa pronuncia (art. 112 cod. proc. civ. per avere il tribunale mancato di pronunciare sulla parte del rapporto di lavoro della quale pur ha dato atto esservi stata prova; (il) in subordine, violazione dell’art. 132 cod. proc. civ. e 118 att. cod. proc. civ. per aver mancato di motivare il rigetto della domanda con riguardo a tale spezzone del rapporto; (iii) violazione o falsa applicazione dell’art. 2556 cod. civ. poiché le limitazioni della prova, alle quali il tribunale ha alluso, non operano nei confronti dei terzi; (iv) violazione dell’art. 115 cod. proc. civ. per non avere il tribunale valutato, nell’ottica suddetta, la prova testimoniale assunta in giudizio; (v) violazione o falsa applicazione dell’art. 99 legge fall., non essendo stata disposta l’acquisizione dei documenti prodotte in sede di verifica dei crediti pur nella consapevolezza del loro valore probatorio;
II. – il primo motivo è manifestamente infondato dal momento che il tribunale ha rigettato integralmente l’opposizione, cosicché non può sostenersi che abbia omesso di pronunciare su alcune delle pretese con essa dedotte;
III. – il secondo motivo è inammissibile, dal momento che atterrebbe a un credito derivante da un contratto a progetto “stipulato il 1.2.2012”; questa prospettazione appare nella sua genericità estranea alla materia del contendere, poiché non è censurata la premessa del decreto impugnato secondo la quale la domanda di ammissione aveva avuto a oggetto “un credito da lavoro subordinato maturato dal 24.7.2001 al 31.1.2012”;
IV. – i restanti tre motivi sono invece manifestamente fondati; contrariamente a quanto ritenuto dal tribunale di Roma, la documentazione relativa alla domanda di insinuazione al passivo non doveva esser necessariamente prodotta dalla parte nella fase di opposizione; era difatti sufficiente indicarla, seppure specificamente, nel ricorso in opposizione; né il tribunale avrebbe potuto liquidare ogni questione affermando di non poterla acquisire d’ufficio; difatti la giurisprudenza di questa Corte è ferma nel ritenere che nel giudizio di opposizione allo stato passivo, l’opponente, a pena di decadenza ex art. 99, secondo comma, n. 4), legge fall., deve soltanto indicare specificatamente i documenti di cui intende avvalersi, già prodotti nel corso della verifica dello stato passivo innanzi al giudice delegato, e in difetto della produzione di uno di essi il tribunale deve disporne l’ acquisizione dal fascicolo d’ufficio della procedura fallimentare ove sono custoditi (v. Cass. n. 12549-17, Cass. n. 5094-18, Cass. n. 15627-18, Cass. n. 25663-20);
nel contempo è principio parimenti acquisito che l’art. 2556, primo comma, cod. civ., al quale ulteriormente il tribunale ha alluso in forza del rilievo per cui sarebbe stata pur sempre necessaria la prova scritta del contratto di trasferimento d’azienda ai fini delle spettanze del lavoratore verso la fallita, prevede sì la forma scritta ad probationem per i contratti aventi per oggetto il trasferimento della proprietà o del godimento di azienda, ma come tutte le disposizioni concernenti la prova di un contratto opera solo con riguardo alle parti contraenti; sicché non è applicabile ai terzi che, come il lavoratore, intendano provare il fatto storico del trasferimento onde trarne le dovute conseguenze quanto ai crediti di lavoro;
in sostanza, da parte dei terzi la prova del trasferimento dell’azienda non è soggetta ad alcun limite (v. le risalenti ma sempre condivisibili Cass. n. 6071-87, Cass. n. 1253-84, Cass. n. 564-79, Cass. n. 930-75);
V. – ne deriva che il decreto del tribunale di Roma va cassato con rinvio allo stesso giudice, in diversa composizione, per nuovo esame; il tribunale provvederà anche sulle spese del giudizio svoltosi in questa sede di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il terzo, il quarto e il quinto motivo di ricorso, rigetta il primo e dichiara inammissibile il secondo, cassa il decreto impugnato in relazione ai motivi accolti e rinvia al tribunale di Roma anche per le spese del giudizio di cassazione.
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