CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 18 gennaio 2019, n. 1474
Licenziamento disciplinare – Accoglimento della domanda di ferie – Autorizzazione tacita – Prova
Rilevato
che con sentenza del 25 gennaio- 1 febbraio 2017 numero 321 la Corte d’Appello di Lecce – giudice del reclamo ex articolo 1, commi 58 e seguenti, legge 92/2012 – confermava la sentenza del Tribunale della stessa sede, che aveva ritenuto illegittimo per difetto di proporzionalità il licenziamento disciplinare intimato dal consorzio COGEI- CONSORZIO GESTIONE IMPIANTI E SERVIZI ECO AMBIENTALI (in prosieguo: Consorzio COGEI), poi fallito, nei confronti di R. C., dichiarando risolto il rapporto di lavoro ed applicando la tutela indennitaria di cui al comma cinque dell’articolo 18 legge 300/1970;
che a fondamento della decisione la Corte territoriale esponeva che l’impugnazione era stata proposta dal C. unicamente ai fini della applicazione del comma quattro dell’articolo 18, sotto il profilo della insussistenza dei fatti contestati. L’addebito consisteva nell’essersi il lavoratore autonomamente attribuito un periodo di ferie di ventidue giorni – dal 6 al 31 agosto 2012 – neanche interamente maturati, senza tenere conto di un comunicato aziendale che annullava la assegnazione delle ferie maturate per tutto il mese di agosto 2012 incorrendo, così, nella violazione di cui all’articolo 36 comma 4 CCNL. Il lavoratore sosteneva di avere inviato un primo fax di richiesta di ferie in data 11 giugno 2012 (della cui ricezione non vi era tuttavia prova) ed un secondo fax il giorno 3 agosto 2012 e di aver chiesto verbalmente la concessione delle ferie al responsabile della struttura, signor A. C.. Il C., che già aveva sporto querela nei confronti del responsabile, avrebbe dovuto accertarsi circa l’effettivo accoglimento della domanda di ferie anche perché i giorni di congedo richiesti, oltre a cadere in un periodo di particolare lavoro, erano superiori a quelli maturati. La prassi aziendale di richiedere le ferie verbalmente ai responsabili della struttura ed ai sorveglianti era diversa rispetto ad una eventuale prassi di autorizzazione tacita delle ferie, che non era stata provata.
che avverso la sentenza ha proposto ricorso R. C., articolato in due motivi, cui il fallimento del CONSORZIO COGEI non ha opposto difese;
che la proposta del relatore è stata comunicata alle parti – unitamente al decreto di fissazione dell’udienza – ai sensi dell’articolo 380 bis codice di procedura civile.
Considerato
che la parte ricorrente ha dedotto:
– con il primo motivo: violazione ed errata applicazione delle norme di diritto. Con il motivo si denunzia la erronea applicazione dell’articolo 36, comma quattro, del contratto collettivo nazionale di lavoro, che prevedeva il licenziamento nelle ipotesi di assenza ingiustificata dal servizio pari o superiore a quattro giorni calendariali. Il ricorrente ha dedotto che anche nei casi di assenza ingiustificata il giudicante era tenuto a valutare la riconducibilità della fattispecie concreta alla disposizione dell’articolo 2119 cod.civ. Nella vicenda di causa era stata provata la prassi aziendale di richiedere le ferie verbalmente ai responsabili; tale circostanza, in concomitanza con le dichiarazioni dei testi, avrebbe dovuto condurre il giudice del reclamo a ritenere provata anche la prassi di accoglimento tacito della domanda di ferie;
– con il secondo motivo: violazione dell’articolo 112 cod.proc.civ nonché violazione e falsa applicazione dell’articolo 115 cod.proc. civ., per non avere il giudice del reclamo accolto l’impugnazione sotto il profilo del legittimo affidamento (sull’autorizzazione tacita delle ferie) ingenerato dalla condotta del datore di lavoro, in quanto la contestazione era pervenuta ben tre mesi dopo la richiesta delle ferie e dopo il rientro al lavoro. Si ribadisce che anche nelle fattispecie di licenziamento disciplinare tipizzate dal contratto collettivo occorre verificare la riconducibilità della condotta sanzionata alla nozione legale di giusta causa, avuto riguardo anche al profilo soggettivo. Si assume che la condotta non appariva grave, tenuto conto anche del dovere di buona fede e correttezza oggettiva a carico del datore di lavoro, tanto più che – contrariamente a quanto affermato dalla Corte territoriale – vi era attestazione di ricezione del fax anche per la prima richiesta di ferie.
che ritiene il collegio si debba dichiarare la inammissibilità del ricorso;
che invero i due motivi, che possono essere esaminati congiuntamente in quanto in gran parte sovrapponibili, per un verso non sono conferenti alla motivazione della sentenza impugnata e per i restanti profili devolvono a questa Corte un non-consentito riesame del merito.
In particolare, le allegazioni difensive in ordine alla mancata integrazione della giusta causa di licenziamento, svolte tanto con il primo che con il secondo motivo, non tengono conto del fatto che già nel primo grado era stata ritenuta la assenza della giusta causa sotto il profilo del difetto di proporzionalità della sanzione sicché il giudizio di reclamo concerneva unicamente l’aspetto della insussistenza del fatto materiale, ai fini della applicazione della tutela reintegratone in luogo di quella meramente indennitaria. Il lavoratore, dunque, non ha alcun interesse ad impugnare la pronunzia quanto al profilo della insussistenza della giusta causa, in quanto sul punto a sé favorevole.
Il ricorso, nel resto, si duole dell’apprezzamento di fatto del giudice del merito, all’esito della valutazione delle prove, in ordine alla sussistenza dell’addebito disciplinare, per la mancanza di autorizzazione delle ferie richieste. Trattasi di accertamento censurabile in questa sede di legittimità unicamente con la deduzione di un vizio della motivazione – ex articolo 360 nr. 5 cod.proc.civ. (nella specie, peraltro, preclusa dalla pronunzia cd. doppia conforme, ex articolo 348 ter commi 4 e 5 cod.proc.civ.) – e non già con la allegazione di un vizio di violazione di legge, come prospettata dal ricorrente o di omessa pronuncia. Sotto questo profilo il ricorrente denunzia come omessa pronuncia la statuizione resa sulla domanda d’appello in difformità dalle proprie allegazioni circa il ragionevole affidamento sulla autorizzazione alle ferie.
che, pertanto, il giudizio deve essere definito con ordinanza in camera di consiglio ex articolo 375 cod.proc.civ., in conformità alla proposta del relatore;
che non vi è luogo a provvedere sulle spese, per la mancata costituzione del fallimento intimato;
che, trattandosi di giudizio instaurato successivamente al 30 gennaio 2013 sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi dell’art. 1 co. 17 L. 228/2012 (che ha aggiunto il comma 1 quater all’art. 13 DPR 115/2002) – della sussistenza dell’obbligo di versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la impugnazione integralmente rigettata. Sotto questo profilo non risulta reso il provvedimento di ammissione al richiesto patrocinio a spese dello Stato.
P.Q.M.
Dichiara la inammissibilità del ricorso. Nulla per le spese.
Ai sensi dell’art. 13 co. 1 quater del DPR 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.
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