CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 18 gennaio 2022, n. 1355
Tributi – IRPEF – Accertamento di attività finanziarie non dichiarate presso paesi a fiscalità privilegiata – Soggetto residente in Brasile – Mancata iscrizione all’AIRE – Soggettività passiva in Italia
Rilevato che
1. G.E.R.M. impugnava davanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Torino quattro avvisi di accertamento relativi agli anni di imposta 2007-2010 ed un atto di contestazione con l’Ufficio, accertando l’esistenza di attività finanziarie non dichiarate presso paesi a fiscalità privilegiata, recuperava a tassazione la maggiore imposta Irpef ed irrogava le sanzioni di legge.
2. La Commissione Tributaria Provinciale rigettava il ricorso.
3. La sentenza veniva impugnata dal contribuente e la Commissione Tributaria Regionale del Piemonte accoglieva parzialmente l’appello annullando gli accertamenti 2008, 2009 e 2010 e rideterminando le sanzioni in € 81.866,00. I giudici di seconde cure rilevavano: a) che il G. aveva provato, superando le contrarie risultanze formali, di essere residente in Brasile dal 2007 con la conseguente invalidità delle contestazioni relative agli anni 2008, 2009 e 2010; b) che la sanzione poteva essere contenuta nella misura poco superiore al minimo edittale.
4. Avverso la sentenza della CTR l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per Cassazione sulla base due motivi. Il contribuente si è costituito depositando controricorso.
5 Sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato art. 380 bis cod. proc. civ. risulta regolarmente costituito il contraddittorio. Il contribuente ha depositato memoria illustrativa.
Considerato che
1. Con il primo motivo l’Amministrazione Finanziaria denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2, comma 2 del dPR 917/1986 e dell’art. 2700 cc in relazione all’art. 360 nr. 3) cpc; si sostiene che la CTR ha errato nel non riconoscere la soggettività fiscale italiana sino al 2011, anno di iscrizione all’AIRE, e contestuale cancellazione della popolazione residente nel Comune di Torino .
1.1 . Con il secondo motivo viene dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 5, comma 2 del d.l. nr 167/1990 e 7, comma 4 d.lvo nr. 472/1997 in relazione all’art 360 1 comma nr 3 cpc per aver l’impugnata sentenza calcolato la sanzione sull’imposta evasa anziché sull’attività non dichiarata.
2. Il primo motivo è fondato
2.1 L’art. 2 comma 2 DLvo 917/86 stabilisce che <<Ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo di imposta sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile ».
2.2 Vengono, quindi, individuati, perché sussista la residenza fiscale nello Stato, tre presupposti, indicati in via del tutto alternativa come si desume dall’utilizzo della congiunzione «o»: il primo, formale, rappresentato dall’iscrizione nelle anagrafi delle popolazioni residenti, gli altri due, di fatto, costituiti dalla residenza o dal domicilio nello Stato ai sensi del codice civile.
2.3 Secondo la giurisprudenza di questa Corte, dalla quale non vi è motivo di discostarsi, le persone iscritte nelle anagrafi della popolazione residente si considerano, in applicazione del criterio formale dettato dal D.P.R. n. 917 del 1986, art. 2, in ogni caso residenti, e, pertanto, soggetti passivi d’imposta, in Italia; con la conseguenza che, ai fini predetti, essendo l’iscrizione indicata preclusiva di ogni ulteriore accertamento, il trasferimento della residenza all’Estero non rileva fino a quando non risulti la cancellazione dall’anagrafe di un Comune italiano (cfr. Cass. 677/15, 14434/10, 9319/06, 21970/2015 e 16634/2018).
3. Il secondo motivo è infondato.
3.1 L’art 4 1 comma del d.l. 167/90 stabilisce che << Le persone fisiche, gli enti non commerciali e le società semplici ed equiparate ai sensi dell’articolo 5 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, residenti in Italia che, nel periodo d’imposta, detengono investimenti all’estero ovvero attività estere di natura finanziaria, suscettibili di produrre redditi imponibili in Italia, devono indicarli nella dichiarazione annuale dei redditi. Sono altresì tenuti agli obblighi di dichiarazione i soggetti indicati nel precedente periodo che, pur non essendo possessori diretti degli investimenti esteri e delle attività estere di natura finanziaria, siano titolari effettivi dell’investimento secondo quanto previsto dall’articolo 1, comma 2, lettera u), e dall’allegato tecnico del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231». Ai sensi del successivo art. 5 comma 2 << La violazione dell’obbligo di dichiarazione previsto nell’articolo 4, comma 1, è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria dal 3 al 15 per cento dell’ammontare degli importi non dichiarati. La violazione di cui al periodo precedente relativa alla detenzione di investimenti all’estero ovvero di attività estere di natura finanziaria negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato di cui al decreto del Ministro delle finanze 4 maggio 1999, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 107 del 10 maggio 1999, e al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 21 novembre 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 273 del 23 novembre 2001, è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria dal 6 al 30 per cento dell’ammontare degli importi non dichiarati. Nel caso in cui la dichiarazione prevista dall”articolo 4, comma 1, sia presentata entro novanta giorni dal termine, si applica la sanzione di euro 258».
3.2 Orbene, contrariamente a quanto opinato dall’Agenzia delle Entrate, la CTR non ha calcolato la sanzione sul quantum dell’imposta ma sui «depositi non dichiarati», limitatamente agli anni 2005-2007 operando, sulla scorta di un accertamento in punto di fatto non sindacabile in questa sede se non per vizio motivazionale, la diminuzione ex art. 7 comma 4 d.lvo 472/1997.
3.3 Con il motivo di ricorso incidentale il contribuente lamenta la violazione dell’art 12 d.lvo nr 472/1997 in relazione all’art. 360 1 comma nr. 3 cpc per non avere la CTR dedotto il pagamento della sanzione di € 13.473,00 irrogata con un autonomo atto di contestazione
3.4 II motivo è infondato in quanto, ai sensi dell’art. 12, 6 comma nr 472/1997 <<il concorso e la continuazione sono interrotti dalla contestazione della violazione»,
3.5 E’ ciò che si è verificato nella fattispecie in esame, avendo l’impugnata contestazione relativa agli anni 2008-2010 interrotto la continuazione con la violazione relativa all’anno 2004 oggetto di distinta contestazione,
3.6 In accoglimento del primo motivo del ricorso l’impugnata sentenza va cassata con rinvio alla CTR in diversa composizione anche in ordine alla regolamentazione delle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
accoglie il primo motivo del ricorso, rigettato il secondo motivo e il ricorso incidentale, cassa l’impugnata sentenza, in relazione al motivo accolto, e rinvia alla Commissione Tributaria regionale del Piemonte in diversa composizione anche per la regolamentazione delle spese del presente giudizio.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente incidentale dell’ulteriore importo pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1- bis dello stesso articolo 13 se dovuto.
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- Le liberalità diverse dalle donazioni non sono sog
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con la sentenza n. 7442 depositata…
- Notifica nulla se il messo notificatore o l’
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 5818 deposi…
- Le clausole vessatorie sono valide solo se vi è ap
La Corte di Cassazione, sezione II, con l’ordinanza n. 32731 depositata il…
- Il dipendente dimissionario non ha diritto all’ind
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 6782 depositata…
- L’indennità sostitutiva della mensa, non avendo na
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 7181 depositata…