CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 18 giugno 2018, n. 16099
Tributi – Agevolazioni fiscali – Accertamento – Ente Associativo – ASD – Quota associativa
Rilevato
– che in controversia relativa ad impugnazione di due avvisi di accertamento per IRES ed IRAP relativamente all’anno di imposta 2007, emessi dall’Agenzia delle entrate nei confronti dell’ASD ricorrente a seguito del disconoscimento della natura associativa dell’ente e delle conseguenti agevolazioni fiscali, con la sentenza in epigrafe la CTR rigettava l’appello proposto dalla predetta associazione avverso la sfavorevole sentenza di primo grado;
– che i giudici di appello affermavano che «Puntualmente, confortata dalla documentazione in atti, la sentenza impugnata sottolinea che l’associazione è composta soltanto da tre associati e la struttura si palese assolutamente inidonea a conseguire gli scopi istituzionali», che «le argomentazione dell’appellante non vincono la motivazione delle decisione de qua, posto che non risulta documentato alcun apporto finanziario a titolo di quota associativa, neppure fissata nell’atto costitutivo. Documentati, invece, risultano i cospicui introiti derivanti dai contratti di sponsorizzazione», che «E’ convincente, pertanto, la motivazione della sentenza di primo grado sul punto dell’abuso della struttura associativa al fine di svolgere un’attività commerciale» e, infine, che «L’ufficio ha ricostruito sia i costi che i ricavi, con adeguato corredo probatorio emerso dall’attività commerciale, esponendo elenchi clienti/ fornitori, fatture emesse da terzi ed emesse dall’Associazione»;
sostenevano, inoltre, che «correttamente i primi giudici hanno ritenuto infondata la censura di nullità dell’avviso di accertamento per difetto di competenza della Direzione Provinciale dal potere di accertamento»;
ritenevano, quindi, regolare la sottoscrizione degli avvisi di accertamento apposta da funzionario regolarmente delegato ed infondata l’eccezione di difetto di notificazione degli stessi in quanto la mancanza della relata di notifica costituita mera irregolarità, peraltro sanata dalla tempestiva impugnazione degli stessi;
– che per la cassazione della sentenza di appello ricorre l’associazione con cinque motivi, cui l’Agenzia intimata replica con controricorso;
– che sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato art. 380 bis cod. proc. civ., risulta regolarmente costituito il contraddittorio;
– che il Collegio ha disposto la redazione dell’ordinanza con motivazione semplificata;
Considerato
– che con il primo motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ., lamentando che la CTR non aveva esaminato e deciso alcuno dei numerosi motivi di appello proposti avverso la statuizione di primo grado;
– che con il secondo motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 36 d.lgs. n. 546 del 1992, lamentando la nullità della sentenza per difetto assoluto di motivazione sub specie di motivazione apparente;
– che con il terzo motivo deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 cod. civ., 1, comma 2, d.lgs. n. 546 del 1992 e 115 cod. proc. civ., lamentando che la CTR aveva invertito l’onere probatorio, omesso di rilevare che l’amministrazione finanziaria non aveva assolto il proprio, con conseguente omesso rilievo di infondatezza della pretesa fiscale;
– che con il quarto motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 2 della legge n. 398 del 1991 per avere il giudice di merito erroneamente ritenuto le quote associative quali poste concorrenti alla formazione del reddito complessivo dell’associazione e, come tali, assoggettabili a tassazione;
– che con il quinto motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 12 d.lgs. n. 472 del 1997, lamentando che la CTR aveva sostanzialmente omesso di esaminare e di pronunciarsi sulla doglianza relativa alla mancata applicazione, alle sanzioni irrogate con gli atti impositivi impugnati, del principio della continuazione;
– che il secondo motivo, che deve esaminarsi prioritariamente risultando connotato di decisività, in applicazione del principio della “ragione più liquida” (Cass. Sez. U. n. 9936 del 2014, nonché Cass. n.12002 del 2014 e n. 16462 del 2016, n. 2872 del 2017), è fondato e va accolto;
– che, al riguardo, deve osservarsi che è principio consolidato di questa Corte quello secondo cui la motivazione è solo apparente – e la sentenza è nulla perché affetta da error in procedendo – quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass., Sez. U, Sentenza n. 22232 del 2016, Rv. 641526-01; conf. Cass., Sez. 6-5, Ordinanza n. 14927 del 2017);
– che nel caso di specie le considerazioni svolte dai giudici di appello nella motivazione della sentenza impugnata non disvelano il percorso logico-giuridico seguito per risolvere le questioni poste nel giudizio, com’è reso palese, tra l’altro, dalla completa pretermissione dell’indicazione della natura e della valenza probatoria della «documentazione in atti» che confortava la tesi, sostenuta dai primi giudici, di inidoneità della struttura associativa a conseguire gli scopi istituzionali;
– che, inoltre, la sentenza impugnata nel fare costante riferimento alla sentenza di primo grado (valga per tutte la statuizione in merito all’insussistenza del difetto di competenza dell’amministrazione finanziaria procedente), neppure realizza una forma virtuosa di rinvio per relationem a tale sentenza, nel senso prospettato da Cass. n. 22022 del 2017, secondo cui «la motivazione per relationem è valida a condizione che i contenuti mutuati siano fatti oggetto di autonoma valutazione critica e le ragioni della decisione risultino in modo chiaro, univoco ed esaustivo (Cass., S.U. 14814/08 e 642/15), specificando che il giudice d’appello è tenuto ad esplicitare le ragioni della conferma della pronuncia di primo grado con riguardo ai motivi di impugnazione proposti (Cass. sez. V, nn. 4780/16, 6326/16; Cass. S.U. n. 8053/14; conf. ex multis, Cass. sez. V, nn. 16612/15, 15664/14, 12664/12, 7477/11, 979/09, 13937/02), sicché deve considerarsi nulla — in quanto meramente apparente — una motivazione la cui laconicità non consenta di appurare, come nel caso di specie (in cui la CTR afferma che i giudici di primo grado «hanno adeguatamente motivato l’infondatezza del gravame», che «E’ convincente, pertanto, la motivazione della sentenza di primo grado sul punto dell’abuso della struttura associativa al fine di svolgere un’attività commerciale») che alla condivisione della decisione di prime cure il giudice d’appello sia pervenuto attraverso l’esame e la valutazione di infondatezza dei motivi di gravame, previa specifica ed adeguata considerazione delle allegazioni difensive, degli elementi di prova e dei motivi di appello proposti (ex multis Cass. sez. V, nn. 3320/16, 25623/15, 1573/07, 2268/06, 25138/05, 13990/03,3547/02)»;
– che la fondatezza del profilo di censura in esame rende superfluo l’esame degli altri motivi di ricorso, ad eccezione del quinto, essendo palese l’omessa pronuncia dei giudici di appello sul motivo connesso alla mancata applicazione dell’istituto della continuazione di cui all’art. 12 d.lgs. n. 472 del 1997;
– che pare opportuno precisare, infine, che non è stata impugnata con specifico motivo di ricorso la statuizione di merito relativa alla sussistenza di valida delega conferita al funzionario dell’amministrazione finanziaria che aveva sottoscritto gli atti impositivi;
– che, conclusivamente, vanno accolti il secondo e quinto motivo di ricorso, assorbiti gli altri, e la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla competente CTR che provvederà a nuova valutazione delle questioni di merito non definite, fornendo adeguata e congrua motivazione, nonché alla regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità;
P.Q.M.
accoglie il secondo e quinto motivo di ricorso, assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale del Piemonte, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
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