CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 18 giugno 2019, n. 16253
Imposte indirette – IVA – Accertamento – Mancata registrazione di fatture emesse – Contenzioso tributario
Rilevato che
– l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale dell’Abruzzo, depositata il 18 gennaio 2011, di reiezione dell’appello dalla medesima proposto avverso la sentenza di primo grado che aveva accolto il ricorso della G. s.r.l. in liquidazione per l’annullamento dell’atto di contestazione con cui, in relazione all’anno di imposta 1999, si irrogavano sanzioni per mancata registrazione nel registro I.V.A. di fatture emesse;
– il giudice di appello ha confermato la decisione gravata, rilevando che i dati relativi a tali operazioni erano memorizzati su appositi supporti informatici non presenti in sede in occasione della verifica fiscale, ma che la contribuente si era mostrata disponibile alla stampa degli stessi presso altra sede, per cui le irregolarità rivestivano carattere formale;
– il ricorso è affidato ad un unico motivo;
– la G. s.r.l. in liquidazione non svolge alcuna attività difensiva;
Considerato che
– con l’unico motivo di ricorso proposto l’Agenzia delle Entrate denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 10, 23, 35 e 52, quinto comma, d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, nonché l’omessa e insufficiente motivazione su fatti controversi e decisivi per il giudizio;
– evidenzia, in proposito, che, all’atto dell’accesso, a seguito di richiesta finalizzata ad accertare la trascrizione su supporto magnetico delle operazioni attive e a visionare i dati memorizzati sul computer, la contribuente avrebbe dichiarato di essere impossibilità a farlo in quanto l’elaborazione dei dati relativi alle scritture contabili avveniva in Roma e non già nella sede legale sita in L’Aquila, ove l’accesso era stato eseguito, senza che la tenuta delle scritture contabili in tale diverso luogo fosse stata previamente comunicata all’Ufficio ovvero fosse accompagnata dall’attestazione del terzo depositario ai sensi dell’art. 35, decimo comma, d.P.R. n. 633 del 1972;
– aggiunge che la tenuta dei registri contabili con sistemi meccanografici poteva considerarsi regolare, in difetto di tempestiva trascrizione su supporti cartacei dei dati relativi all’esercizio corrente, solo qualora, in sede di controllo e ispezione, gli stessi risultino aggiornati sugli appositi supporti magnetici e vengano stampati contestualmente alla richiesta avanzata dagli organi competenti e in loro presenza;
– conseguentemente, riferisce di aver provveduto all’emissione dell’atto impugnato per la mancata annotazione nel registro delle fatture esaminato all’atto dell’accesso di quattro fatture;
– il motivo è fondato;
– il giudice di appello ha ritenuto esente da censure la condotta della contribuente la quale, lungi dal rifiutarsi di esibire la documentazione richiesta, ha indicato il luogo dove poteva essere effettuata l’elaborazione della stampa dei registri tenuti meccanograficamente e che il mancato tempestivo accesso dei verbalizzanti presso tale luogo (avvenuto solo a distanza di oltre due mesi) non poteva essere imputabile alla parte;
– orbene, giova osservare che l’art. 7, comma 4 ter, d.l. 10 giugno 1994, n. 357, conv., con modif., dalla l. 8 agosto 1994, n. 489, stabilisce che «a tutti gli effetti di legge, la tenuta di qualsiasi registro contabile con sistemi meccanografici è considerata regolare in difetto di trascrizione su supporti cartacei, nei termini di legge, dei dati relativi all’esercizio corrente allorquando anche in sede di controlli ed ispezioni gli stessi risultino aggiornati sugli appositi supporti magnetici e vengano stampati contestualmente alla richiesta avanzata dagli organi competenti ed in loro presenza»;
– successive disposizioni legislative hanno esteso la regolarità della tenuta del registro contabile, pur in assenza di trascrizione su supporto cartaceo, ma in presenza dei medesimi presupposti (aggiornamento su appositi supporti magnetici e stampa contestualmente alla richiesta avanzata dagli organi competenti ed in loro presenza), dapprima, ai dati relativi all’esercizio per il quale non siano scaduti i termini per la presentazione delle relative dichiarazioni annuali (art. 3, l. 21 novembre 2000, n. 342), quindi, ai dati relativi all’esercizio per il quale i termini di presentazione delle relative dichiarazioni annuali non siano scaduti da oltre tre mesi (art. 1, l. 27 dicembre 2007, n. 244);
– tale disposizione ha efficacia retroattiva nei limiti in cui esclude l’applicazione di sanzioni previste per il mancato adempimento di obblighi formali (di registrazione cartacea), assorbiti, nel rispetto dei presupposti e dei limiti indicati, dalla equipollenza delle registrazioni meccanografiche (cfr. Cass., ord., 29 novembre 2017, n. 28557; Cass. 6 dicembre 2011, n. 26177);
– pertanto, il principio della equipollenza delle registrazioni meccanografiche a quelle cartacee postula necessariamente la stampa contestualmente alla richiesta avanzata dagli organi competenti ed in loro presenza;
– sotto altro aspetto, giova evidenziare che l’art. 35, d.P.R. n. 633 del 1972, nella formulazione vigente all’epoca dei fatti, prevede che nella dichiarazione di inizio dell’attività che i soggetti che intraprendono l’esercizio di un’impresa, arte o professione nel territorio dello Stato o vi istituiscono una stabile organizzazione deve essere indicato, tra gli altri elementi, il luogo o i luoghi in cui sono tenuti e conservati i libri, i registri, le scritture e i documenti prescritti;
– il successivo art. 52, decimo comma, consente al contribuente di dichiarare, in sede di accesso, che le scritture contabili si trovano presso altri soggetti, previa relativa specifica attestazione da parte di questi ultimi;
– nel caso in esame, non vi è evidenza dell’esistenza di una siffatta attestazione;
– la rilevata omissione nell’esibizione delle scritture contabili richiesti assume rilevanza, incidendo sulle attività di verifica, in relazione all’impossibilità di effettuare con la dovuta immediatezza i controlli della contabilità della contribuente e al venir meno dell’effetto di «congelamento» dei dati alla data dell’accesso;
– la sentenza va, dunque, cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, il giudizio va deciso nel merito, con reiezione dell’originario ricorso proposto;
– le spese processuali del presente giudizio di legittimità seguono il criterio della soccombenza e si liquidano come in dispositivo, mentre quelle relative ai precedenti gradi di giudizio vanno integralmente compensate tra le parti.
P.Q.M.
accoglie il ricorso; cassa la sentenza e, decidendo nel merito, respinge il ricorso originario; compensa integralmente tra le parti le spese del primo e secondo grado di giudizio e condanna parte intimata alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in complessivi euro 5.000,00, oltre spese prenotate a debito.
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