CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 18 giugno 2021, n. 17558

Tributi – Accertamento analitico-induttivo – Società immobiliare – Compravendita immobili – Sottofatturazione

Rilevato che

1. Con sentenza n. 948/1/2014 depositata in data 12 maggio 2014 la Commissione tributaria regionale della Toscana accoglieva parzialmente l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza n. 194/5/12 della Commissione tributaria provinciale di Arezzo che aveva accolto il ricorso della società R.C. S.r.l. in liquidazione, attiva nella compravendita immobiliare, rideterminando il valore al metro quadro di 17 immobili venduti dalla società nel periodo di imposta 2006 a prezzo inferiore a quello dì mercato e per tale ragione attinta da avviso di accertamento per IRES, IRAP e IVA emesso nel quadro di accertamento analitico-induttivo ex art. 39 primo comma lett. d) del d.P.R. n.600 del 1973.

2. Avverso la decisione ha proposto ricorso principale per cassazione la contribuente per un motivo, che illustra con memoria, cui replica l’Agenzia delle Entrate con controricorso e ricorso incidentale affidato ad un motivo.

Considerato che

3. Con l’unico motivo di ricorso principale – in relazione all’art.360 comma 1 n.3 cod. proc. civ. – si censura la violazione e falsa applicazione dell’art. 39 comma 1 lett. d) del d.P.R. n.600 del 1973, per aver la CTR ritenuto che gli elementi di prova utilizzati dall’Ufficio fossero sufficienti alla conferma delle riprese, elementi consistenti oltre allo scostamento dei prezzi dichiarati dai valori O.M.I., 1) nello scostamento anche dai valori risultanti dalla relazione di stima dell’Agenzia del Territorio appositamente predisposta con riferimento ad immobili analoghi, 2) nella vendita da parte della contribuente dì immobili con caratteristiche simili a prezzi compresi tra Euro 900 ed Euro 1750 al mq, 3) nella contestuale stipula da parte di un acquirente di un contratto di mutuo ipotecario per un importo maggiore del prezzo dichiarato nel rogito, 4) in un prospetto con i prezzi estrapolati da atti di compravendita stipulati dalla contribuente con atti privati e con società commerciali recante forbici elevate tra prezzo dichiarato nella compravendita e quello stimato solo per i primi e non anche per le seconde, elementi tali da confermare l’esistenza di una pratica di sottofatturazione.

4. La censura è nel suo complesso inammissibile, come eccepito in controricorso.

Va ribadito che «In tema di accertamento dei redditi d’impresa, in seguito alla sostituzione dell’art. 39 del d.P.R. n. 600 del 1973 ad opera dell’art. 24, comma 5, della l. n. 88 del 2009, che, con effetto retroattivo, stante la sua finalità di adeguamento al diritto dell’Unione europea, ha eliminato la presunzione legale relativa (introdotta dall’art. 35, comma 3, del d.l. n. 223 del 2006, conv., con modif., dalla l. n. 248 del 2006) di corrispondenza del corrispettivo della cessione di beni immobili al valore normale degli stessi (così ripristinando il precedente quadro normativo in base al quale, in generale, l’esistenza di attività non dichiarate può essere desunta “anche sulla base di presunzioni semplici, purché queste siano gravi, precise e concordanti”), l’accertamento di un maggior reddito derivante dalla predetta cessione di beni immobili non può essere fondato soltanto sulla sussistenza di uno scostamento tra il corrispettivo dichiarato nell’atto di compravendita ed il valore normale del bene quale risulta dalle quotazioni OMI, ma richiede la sussistenza di ulteriori elementi indiziari gravi, precisi e concordanti.» (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 9474 del 12/04/2017, Rv. 643928 – 01; conforme, Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 2155 del 25/01/2019, Rv. 652213 – 01).

5. Inoltre, è costantemente reiterato che «Il giudizio di cassazione è un giudizio a critica vincolata, nel quale le censure alla pronuncia di merito devono trovare collocazione entro un elenco tassativo di motivi, in quanto la Corte di cassazione non è mai giudice del fatto in senso sostanziale ed esercita un controllo sulla legalità e logicità della decisione che non consente di riesaminare e di valutare autonomamente il merito della causa. Ne consegue che la parte non può limitarsi a censurare la complessiva valutazione delle risultanze processuali contenuta nella sentenza impugnata, contrapponendovi la propria diversa interpretazione, al fine di ottenere la revisione degli accertamenti di fatto compiuti.» (Cass. 28 novembre 2014 n. 25332).

6. In applicazione dei principi dì diritto che precedono, servono dunque ulteriori elementi indiziari per corroborare l’eventuale discrepanza tra il prezzo dichiarato e ì valori OMI, ma questi sono stati indicati dall’Agenzia nell’avviso di accertamento riprodotto per autosufficienza in ricorso. Lo sviluppo della censura si pone in contrasto con i principi di diritto di cui a tali arresti giurisprudenziali e, sotto lo schermo della violazione di legge, mira ad ottenere una rinnovazione di ciascuno dei quattro elementi di prova presuntiva posti dall’Agenzia a base dell’accertamento analitico-induttivo, preclusa al giudice di legittimità in quanto già valutati ed oggetto di accertamento da parte del giudice d’appello, in assenza di deduzione di vizio motivazione per fatto controverso decisivo e contrario.

7. Con un unico motivo dì ricorso incidentale, l’Agenzia ex art.360 primo comma n.4 cod. proc. civ. lamenta la violazione dell’art.36 del d.lgs. n.546 del 1992 per carenza assoluta della motivazione, nonché dell’art. 1 comma 2 del d.lgs. n.546 del 1992 e dell’art.113 cod. proc. civ. per aver la CTR equitativamente diminuito del 20% l’importo oggetto di ripresa ad imposta, in ragione del collocamento degli immobili in zone periferiche, elemento di cui era già stato tenuto conto in sede amministrativa.

8. Il motivo è infondato. Va premesso che, dalla natura del processo tributario – il quale non è qualificabile come di impugnazione – annullamento, ma di impugnazione-merito, in quanto non diretto alla sola eliminazione giuridica dell’atto impugnato, bensì alla pronuncia di una decisione di merito sostitutiva sia della dichiarazione resa dal contribuente che dell’accertamento dell’Ufficio – discende che laddove il giudice tributario ritenga invalido l’avviso di accertamento per motivi non formali, ma di carattere sostanziale, non può limitarsi ad annullare l’atto impositivo, bensì deve esaminare nel merito la pretesa tributaria e, operando una motivata valutazione sostitutiva, eventualmente ricondurla alla corretta misura, entro i limiti posti dalle domande di parte (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 21759 del 20/10/2011, Rv. 619743 – 01). Nel caso di specie non risulta che il giudice tributario non offra alcuna verificabile motivazione riguardo ai criteri ed alle ragioni che lo inducono a ridurre di circa 20% i ricavi ed i prezzi accertati decisione che non può ritenersi meramente equitativa (Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 19079 del 2009). Infatti, il giudice d’appello esplicitamente e motivatamente ritiene parzialmente incongruo l’accertamento dell’Ufficio per il collocamento periferico degli immobili oggetto di contestazione il quale, se è vero che si tratta di un parametro già valutato dall’Amministrazione in sede amministrativa, può ben essere oggetto di una valutazione più estesa, nel caso di specie con riferimento alla perifericità e alla collocazione degli immobili in aree urbane di medie dimensioni, com’era facoltà della CTR fare attraverso una motivazione succinta ma che permette di evincere bene l’iter logico argomentativo, rispettando il minimo costituzionale (Cass. Sez. Un. 3 novembre 2016 n. 22232).

9. In conclusione, entrambi i ricorsi vanno rigettati, con compensazione delle spese di lite tra le parti in ragione della soccombenza reciproca.

P.Q.M.

Rigetta sia il ricorso principale sia il ricorso incidentale e compensa le spese di lite.

La Corte dà atto del fatto che, ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, in presenza di soccombenza della contribuente sussistono i presupposti per il versamento, ove dovuto, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dobuto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.