CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 18 luglio 2022. n. 22485
Professionista – Iscrizione alla gestione separata INPS – Presupposti – Mancato raggiungimento della soglia di reddito – Requisito dell’abitualità – Accertamento
Rilevato che
– con sentenza depositata il 24 febbraio 2021, la Corte d’appello di Campobasso ha confermato la decisione di primo grado che aveva accolto l’opposizione proposta da C.C. avverso l’avviso di addebito notificatogli dall’INPS a titolo di contributi della gestione separata per l’anno 2011;
– la Corte, in particolare, ha ritenuto che, sebbene non potesse in linea generale dubitarsi dell’obbligatorietà dell’iscrizione alla Gestione separata per gli esercenti la professione di avvocato che non fossero tenuti a iscriversi presso la Cassa Nazionale Forense, l’obbligo di iscrizione alla Gestione separata presupponeva pur sempre la produzione da parte del professionista di un reddito superiore alla soglia di € 5.000,00, ex art. 44, d.l. n. 269/2003 (conv. con l. n. 326/2003) non ricorrente nel caso di specie;
– per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’INPS, deducendo un unico, articolato, motivo di censura;
– resiste, con controricorso assistito da memoria, C.C. e propone, altresì, ricorso incidentale.
Considerato che
– con l’unico motivo di censura, l’INPS denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2, commi 26 ss., l. n. 335/1995, 18, commi 1 e 2, d.l. n. 98/2011 (conv. con l. n.111/2011), 53, d.P.R. n. 917/1986, 10, 11 e 22, l. n. 576/1980, 21 comma 10, l. n. 247/2012, e 44, d.l. n. 269/2003 (conv. con l. n. 326/2003), per avere la Corte d’appello ritenuto che il raggiungimento della soglia di curo 5.000,00, di cui alla norma ult. cit. costituisse presupposto necessario per l’obbligatorietà dell’iscrizione del libero professionista presso la Gestione separata;
– il motivo è fondato nei termini che seguono;
– ricostruendo la portata precettiva dell’art. 2, comma 26, l. n. 335/1995, per come autenticamente interpretato dall’art. 18, comma 12, d.l. n. 98/2011 (conv. con l. n. 111/2011), questa Corte, sulla scorta di Cass. S.U. n. 3240 del 2010, ha avuto modo di affermare più volte che l’obbligo di iscrizione alla Gestione separata è genericamente rivolto a chiunque percepisca un reddito derivante dall’esercizio abituale (ancorché non esclusivo) ed anche occasionale (oltre la soglia monetaria indicata nell’art. 44, comma 2, d.l. n. 269/2003, conv. con l. n. 326/2003) di un’attività professionale per la quale è prevista l’iscrizione ad un albo o ad un elenco, tale obbligo venendo meno solo se il reddito prodotto dall’attività professionale predetta è già integralmente oggetto di obbligo assicurativo gestito dalla cassa di riferimento (così, espressamente, Cass. n. 4419 del 2021 che era stata preceduta da Cass. n. 32167 del 2018, in motivazione nonché tra le numerose, Cass. nn. 519 del 2019, 317 e 1827 del 2020, 477 e 478 del 2021);
– trattasi di affermazione che discende agevolmente dalla lettura del combinato disposto degli artt. 2, comma 26, l. n. 335/1995, e dell’art. 44, d.l. n. 269/2003, entrambi cit., il primo dei quali, per quanto qui rileva, prevede l’obbligatorietà dell’iscrizione a carico dei «soggetti che esercitino, per professione abituale, ancorché non esclusiva, attività di lavoro autonomo, di cui al comma1 dell’articolo 49 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni ed integrazioni», mentre il secondo, a decorrere dal 10 gennaio 2004, estende tale obbligo anche ai «soggetti esercenti attività di lavoro autonomo occasionale […] solo qualora il reddito annuo derivante da dette attività sia superiore ad euro 5.000»;
– tanto premesso, risulta evidente l’errore in cui è incorsa la sentenza impugnata;
– nell’intento del legislatore, reso palese dalla lettera delle disposizioni citate, l’obbligatorietà dell’iscrizione presso la Gestione separata da parte di un professionista iscritto ad albo o elenco è collegata all’esercizio abituale, ancorché non esclusivo, di una professione che dia luogo ad un reddito non assoggettato a contribuzione da parte della cassa di riferimento;
– la produzione di un reddito superiore alla soglia di euro 5.000,00 costituisce invece il presupposto affinché anche un’attività di lavoro autonomo occasionale possa mettere capo all’iscrizione presso la medesima Gestione, restando invece normativamente irrilevante qualora ci si trovi in presenza di un’attività lavorativa svolta con i caratteri dell’abitualità;
– deve, quindi, ritenersi dirimente il modo in cui è svolta l’attività libero professionale, se in forma abituale o meno;
– nell’accertamento di fatto di tale requisito ben possono rilevare le presunzioni ricavabili, ad es., dall’iscrizione all’albo, dall’accensione della partita IVA o dall’organizzazione materiale predisposta dal professionista a supporto della sua attività ma va rilevato che si tratta di presunzioni che non impongono all’interprete conclusioni indefettibili, ma semplici regole di esperienza per risalire al fatto ignoto da quello noto;
– ciò che rileva è che il requisito dell’abitualità dev’essere accertato in punto di fatto, valorizzando all’uopo i sopra menzionati indici e fra di essi la percezione da parte del libero professionista di un reddito annuo di importo inferiore a euro 5.000,00 può semmai rilevare quale indizio – da ponderare adeguatamente con gli altri che siano stati acquisiti al processo – per escludere che, in concreto, l’attività sia stata svolta con carattere di abitualità;
– tale abitualità (cfr., sul punto Cass. n. 4419 del 2021 cit.) dev’essere apprezzata nella sua dimensione di scelta ex ante del libero professionista, coerentemente con la disciplina ch’è propria delle gestioni dei lavoratori autonomi, e non invece come conseguenza expost desumibile dall’ammontare di reddito prodotto, dal momento che ciò equivarrebbe a tornare ad ancorare il requisito dell’iscrizione alla Gestione separata alla produzione di un reddito superiore alla soglia di cui all’art. 44, d.l. n. 269/2003, cit., che invece, come detto, rileva ai fini dell’assoggettamento a contribuzione di attività libero professionali svolte in forma occasionale;
– in quest’ottica, reputa il Collegio che l’affermazione contenuta in Cass. n. 3799 del 2019, secondo cui la produzione di un reddito superiore a euro 5.000,00 darebbe luogo ex se all’obbligo di iscrizione alla Gestione separata, debba essere intesa come volta ad affermare che, in quella data fattispecie, la produzione di un reddito superiore alla soglia considerata valeva a privare di rilievo ogni questione circa la natura abituale o occasionale dell’attività libero professionale da assoggettare a contribuzione, dal momento che, quand’anche se ne fosse voluta predicare la non abitualità, il superamento della soglia di cui all’art. 44, d.l. n. 269/2003, cit., ne avrebbe comunque determinato la sottoposizione all’obbligo di contribuzione in favore della Gestione separata;
– nel caso di specie tale accertamento non è stato compiuto dalla Corte d’appello di Campobasso, che si è limitata ad ancorare l’assenza dell’obbligo di iscrizione al mancato raggiungimento della soglia di 5.000,00 euro;
– l’unico motivo di ricorso incidentale, da reputarsi condizionato, con cui si censura la decisione impugnata ai sensi dell’art. 112 cod. proc. civ. in ordine alla eccezione di prescrizione originariamente formulata, è inammissibile;
– è infatti inammissibile per carenza di interesse il ricorso incidentale condizionato allorché proponga censure che non sono dirette contro una statuizione della sentenza di merito bensì a questioni su cui il giudice di appello non si è pronunciato ritenendole assorbite, atteso che in relazione a tali questioni manca la soccombenza che costituisce il presupposto dell’impugnazione, salva la facoltà di riproporre le questioni medesime al giudice del rinvio, in caso di annullamento della sentenza (Cass. n. 22095 del 2017; V. altresì, Cass. n. 19503 del 2018):
– alla luce delle suesposte argomentazioni, il ricorso principale deve essere accolto e quello incidentale va dichiarato inammissibile; la sentenza impugnata va cassata e la causa rinviata alla Corte d’appello di Campobasso, in diversa composizione, anche in ordine alle spese relative al giudizio di legittimità;
P.Q.M.
Accoglie il ricorso principale e dichiara inammissibile quello incidentale. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Campobasso, in diversa composizione, anche in ordine alle spese relative al giudizio di legittimità. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
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