CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 18 maggio 2018, n. 12258

Tributi erariali indiretti – IVA – Accertamento – Riscossione – Frode carosello

Rilevato che

La A.O. s.r.l. impugnò un avviso d’accertamento, fondato su verbale della G.d.f., per il 2005, che recuperò a tassazione Iva sulla base di una verifica concernente operazioni soggettivamente inesistenti nei rapporti intercorsi tra la stessa società e la E. s.r.l. quale emittente le fatture, nonché vendite di veicoli a prezzi ridotti.

La Ctp accolse il ricorso ritenendo che l’onere della prova fosse a carico dell’ufficio e rilevando che la cessione dei veicoli era avvenuta ai normali prezzi di mercato.

L’Agenzia delle entrate propose appello, respinto dalla Ctr ritenendo il mancato coinvolgimento della A.O. s.r.l. nella frode “carosello”, in quanto: l’.E. s.r.l. acquistava veicoli da soggetti italiani che operavano quali intermediari della truffa, i quali risultavano acquirenti dei mezzi all’estero; la partecipazione alla frode della A.O. s.r.I.- in quanto ritenuta consapevole della condotta fraudolenta della E.- non sembrava confermata dagli elementi acquisiti, dovendosi escludere la “sistematica sottofatturazione” della E. s.r.I., in mancanza di accertamenti bancari circa il prezzo realmente pagato (in effetti corrisposto sulla base del listino Eurotax, comunemente usato dai concessionari di autovetture usate per definire il valore del mezzo); gli acquisti da E. s.r.l. rappresentavano il  33,6% di quelli complessivi del 2005; la A.O. s.r.l. aveva regolarmente contabilizzato le fatture e versato l’iva.

L’Agenzia ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.

Resiste il contribuente con controricorso; è stata altresì depositata memoria difensiva da parte della società.

Considerato che

Con il primo motivo è stata denunziata contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo, avendo la Ctr escluso la partecipazione della società controricorrente nell’operazione fraudolenta esclusivamente sulla base di documenti provenienti dall’E. s.r.I., società invece ritenuta partecipe della frode con l’emissione di fatture false, senza valutare la condotta della A.O. s.r.l. sotto il profilo della diligenza che avrebbe dovuto osservare.

La ricorrente ha censurato la sentenza impugnata anche nella parte relativa all’insussistenza del danno erariale, in quanto la A.O. s.r.l. aveva contabilizzato costi inesistenti, determinando un utile inferiore a quello reale con versamento di imposte inferiori a quelle dovute.

Con il secondo motivo è stata dedotta violazione e falsa applicazione dell’art. 19,1°c., del d.p.r. n. 633/72, nonché dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 17 della direttiva 17 maggio 1977 n.77/388, non avendo la Ctr rispettato il principio secondo cui il meccanismo tipico delle cd. frodi “carosello” (caratterizzate dal mancato versamento dell’Iva delle società “cartiere” e successive rivendite a seguito di acquisti intracomunitari, anche attraverso l’interposizione di società filtro) facevano presumere la conoscenza della frode.

Anzitutto, è infondata l’eccezione d’inammissibilità del ricorso, per non aver la ricorrente colto la ratio decidendi, in quanto il ricorso è fondato su due motivi del tutto inerenti al contenuto dell’avviso impugnato.

Il primo motivo è fondato.

Va richiamato il principio consolidato di questa Corte per cui, in tema d’Iva, l’Amministrazione finanziaria, che contesti la cd. “frode carosello”, deve provare, anche a mezzo di presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti, gli elementi di fatto attinenti al cedente (la sua natura di “cartiera”, l’inesistenza di una struttura autonoma operativa, il mancato pagamento dell’Iva) e la connivenza da parte del cessionario, indicando gli elementi oggettivi che, tenuto conto delle concrete circostanze, avrebbero dovuto indurre un normale operatore a sospettare dell’irregolarità delle operazioni, mentre spetta al contribuente, che ha portato in detrazione l’Iva, la prova contraria di aver concluso realmente l’operazione con il cedente o di essersi trovato nella situazione di oggettiva impossibilità, nonostante l’impiego della dovuta diligenza, di abbandonare lo stato d’ignoranza sul carattere fraudolento delle operazioni, non essendo a tal fine sufficiente la mera regolarità della documentazione contabile e la dimostrazione che la merce sia stata consegnata o il corrispettivo effettivamente pagato, trattandosi di circostanze non concludenti (Cass., n. 17818/16; n. 25778/14).

Nel caso concreto, va evidenziato che non è contestata la natura di “cartiera” della E. s.r.I., come espressamente motivato dalla Ctr, secondo la cui motivazione: quest’ultima società (fornitrice della società verificata) acquistava i veicoli da soggetti italiani, intermediari nella truffa, i quali erano in realtà gli acquirenti dei mezzi all’estero; la E. s.r.l. aveva contabilizzato in deduzione Iva relativa all’apparente operazione di acquisto, essendo essa stessa la reale acquirente dal fornitore estero.

Tuttavia, il giudice d’appello ha escluso che la A.O. s.r.l. fosse stata compartecipe della frode, non essendo emersi elementi di prova al riguardo.

La motivazione adottata in ordine a quest’ultimo punto è viziata, in quanto, una volta premessa e assunta la natura di “cartiera” dell’E. s.r.I., sarebbe stato onere del contribuente, in conformità del richiamato orientamento della Corte, dimostrare la propria non colpevolezza, ossia che non aveva saputo della reale natura della società cedente o che non avrebbe potuto sapere, pur usando dell’ordinaria diligenza, relativa alla propria specifica struttura operativa. In particolare, tale prova non è stata fornita, considerando che, come esposto, la mera regolarità della documentazione contabile e l’effettivo pagamento della merce alla cedente non costituiscono elementi dimostrativi idonei.

Allo stesso modo, la documentazione proveniente dalla E. s.r.l. (specie circa il regolare versamento dell’Iva) non assume alcuna valenza probatoria.

Giova altresì rilevare che dal p.v.c. è emerso che gli acquisti effettuati dalla A.O. s.r.l. erano costantemente sottofatturati, anche perché avvenuti senza il calcolo delle spese di trasporto (quest’ultimo fatto non contestato).

Il secondo motivo può dirsi assorbito dall’accoglimento del primo. Pertanto, la sentenza impugnata va cassata, con rinvio alla Ctr competente, anche per le spese.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata.

Rinvia alla Ctr della Lombardia, in diversa composizione, anche per le spese.