CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 18 maggio 2018, n. 12313
Accertamento – Dichiarazioni reddituali – Contenzioso tributario – Invalidità dell’atto tributario
Fatto
1. F.S. impugnava gli avvisi di accertamenti notificatele ex art. 38 c. 5 D.P.R. 600/73, per gli anni di imposta 2006 e 2008, emessi sulla scorta dell’accertata incoerenza tra redditi dichiarati e l’incremento patrimoniale derivato da un atto di trasferimento di azioni (quote di srl) del 31.012.2008 della società A. s.r.l., ritenuto sintomatico di una considerevole capacità di spesa riferibile non solo all’anno in cui l’atto venne concluso, ma che con riferimento ai quattro anni precedenti.
A fondamento dei ricorsi aventi ad oggetto i diversi atti impositivi, deduceva che l’atto di acquisto era simulato e produceva a sostegno della sua tesi, le dichiarazioni sostitutive di B.A. (cedente fittizia) e di M.I., procuratore speciale della prima e figlio della ricorrente.
La C.T.P. di Benevento, riunti i ricorsi, li respingeva sul presupposto del mancato raggiungimento della prova della simulazione.
Avverso detta sentenza, proponeva appello la Salvatore dinanzi alla C.T.R. di Napoli, deducendo l’erronea o omessa valutazione delle dichiarazioni sostitutive, l’omessa valutazione degli estratti di c/c bancari, l’erroneità dell’accertamento per l’anno di imposta 2006 sulla base di incrementi patrimoniali avvenuti nell’anno 2008.
I giudici di appello con sentenza indicata in epigrafe rigettavano il gravame proposto, confermando la prima pronuncia.
Avverso detta sentenza, la contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi.
L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.
La ricorrente ha depositato memorie difensive.
Diritto
2. Con il primo motivo del ricorso, la contribuente deduce la nullità degli accertamenti, o per gli anni 2006 e 2008, per carenza di potere e per violazione dell’art. 42 c. 1 D.P.R. 600/73 e dell’art. 7 I. n. 212/2000 in relazione agli artt. 97 e 3 Cost., sul rilievo che i funzionari sottoscrittori degli atti tributari fossero privi di potere, secondo quanto affermato dalla C. Cost. n. 37/2015 e sostenendo la rilevabilità di ufficio anche nel giudizio di legittimità della carenza di potere.
3. Con il secondo motivo, si lamenta la violazione e falsa applicazione ex art. 360 n. 3 e 5 c.p.c. degli artt. 38 c. 4, 5 e 6 D.P.R. 600/73, per l’omesso espletamento della fase del preventivo contradditorio.
4. Con il terzo motivo si lamenta la violazione e falsa applicazione ex art. 360 n. 3 c.p.c. dell’art. 21 octies c. 2 L. 241/1990, per l’omesso espletamento della fase del preventivo contradditorio che avrebbe determinato un vizio procedimentale in violazione dell’art. 53 della Cost.
5. I motivi sono infondati.
Ben vero, nella decisione impugnata le questioni proposte con il ricorso per cassazione relative alla carenza di potere dei funzionari ovvero all’omessa instaurazione della fase del preventivo contraddittorio, non risultano in alcun modo proposte né esaminate, ragion per cui deve ritenersi che esse siano state formulate per la prima volta in questa sede, la cui valutazione, trattandosi di questioni nuove, è preclusa nel giudizio di cassazione, non potendo il ricorrente lamentare la violazione di una norma di diritto non invocata davanti ai giudici di merito, per la cui applicabilità, deve fare ricorso ad elementi di fatto non dedotti nelle precedenti fasi del giudizio (Cass. n. 907/2018; Cass. n. 2033/2017; Cass. n. 25319/2017;Cass. n. 17041/2013).
6 . Del resto, per le ipotesi di nullità dell’atto tributario, di qualsiasi natura esse siano, compresa, quindi, quella di cui all’art. 42, 3° comma, del d.P.R. n. 600 del 1973, opera il principio generale di conversione dei vizi in mezzi di gravame.
Le forme di invalidità dell’atto tributario, ove anche dal legislatore indicate sotto il nomen di nullità, non sono rilevabili d’ufficio, né possono essere fatte valere per la prima volta nel giudizio di cassazione (ex allis, Cass.n. 18448-15). La conversione delle ipotesi di nullità in mezzi di gravame avverso l’atto fiscale è una conseguenza della struttura impugnatoria del processo tributario, che vede la contestazione della pretesa fiscale suscettibile di essere prospettata solo attraverso specifici motivi di impugnazione dell’atto che la esprime. Il giudizio tributario, difatti, è circoscritto alla verifica della legittimità della pretesa effettivamente avanzata con l’atto impugnato alla stregua dei presupposti di fatto e di diritto in esso indicati, e avente un oggetto rigidamente delimitato dalle contestazioni mosse dal contribuente con i motivi specificamente dedotti nel ricorso introduttivo di primo grado (cfr. per tutte Sez. 5^ n. 25756-14). Nel caso di specie è pacifico che le nullità, qui prospettate dalla parte ricorrente, non erano state dedotte quale motivo di ricorso avverso gli avvisi di accertamento, sicché ogni indagine su dette questioni è oggi preclusa (Cass. n. 22810/2015).
7. Infine, alcuno dei motivi illustrati rappresentano, nonostante il richiamo, in due di essi, dei vizi di cui all’art. 360 c.p.c., una censura alla sentenza impugnata, non avendo i giudici di appello esaminato le questioni solo ora proposte.
Ebbene, il ricorso per cassazione non introduce un terzo grado di giudizio, caratterizzandosi, invece, come un rimedio impugnatorio, a critica vincolata delimitato e condizionato dai motivi di ricorso, che assumono una funzione identificativa influenzata dalla loro formulazione tecnica con riferimento alle ipotesi tassative formalizzate dal codice di rito (S.U. 2013/21165; Cass.2016/4293; 2014/19996).
Il ricorso è infondato e pertanto deve essere rigettato Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso;
condanna la ricorrente alla refusione delle spese di lite sostenute dall’Agenzia che liquida in euro 5.600,00;
si dà atto dei presupposti per il versamento a carico del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n.115 del 2002.
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